1 Inquadramento
1.1 Il diritto di abitazione consiste nell’utilizzo di una casa quale alloggio per il titolare del diritto di abitazione e della sua famiglia, limitatamente ai loro bisogni (art. 1022 c.c.).
Con il termine “casa” è da intendersi, non solo l’abitazione, bensì qualsiasi immobile e sue pertinenze idoneo a soddisfare le normali esigenze di vita domestica e di alloggio familiare, a prescindere dalla destinazione d’uso dell’immobile stesso.
Come enunciato dall’art. 1021 ultimo comma c.c., i bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia, a cui si riferisce il legislatore, devono essere rapportati alla condizione sociale del titolare del diritto stesso, adeguata anche al progresso tecnico ed ai moderni orientamenti sociali. Con il mutamento dei bisogni varia anche il contenuto del diritto di abitazione.
L’evoluzione del diritto di famiglia nel nostro ordinamento ridefinisce i confini della “famiglia” del titolare del diritto di abitazione (di cui all’art 1023 c.c.) includendo in essa oltre ai genitori, fratelli, affini, coniuge e figli nati in costanza e non di matrimonio, anche i figli nati dopo che si è costituito il diritto di abitazione e le persone che convivono con il titolare del diritto stesso per prestare a lui o alla sua famiglia i loro servizi.
1.2 Il titolare, o i titolari del diritto di abitazione (habitator) possono essere solo persone fisiche che utilizzano in via diretta il bene. Non è possibile far abitare l’immobile solo dai familiari del titolare del diritto mentre quest’ultimo abita stabilmente altrove.
L’immobile oggetto del diritto di abitazione può essere utilizzato solo come alloggio e pertanto è esclusa la possibilità di trarne frutti: quanto ai frutti naturali quanto a quelli civili. Il divieto deriva, nel primo caso, dalla natura intrinseca del bene e nel secondo caso, dalla inammissibilità di un godimento indiretto del bene stesso.
1.3 Il diritto di abitazione può essere esercitato dall’habitator solo personalmente e direttamente, di conseguenza, il diritto di abitazione non può essere ceduto o dato in locazione, come si evince dall’art. 1024 c.c. L’habitator, pertanto, non è legittimato a costituire diritti di pegno o di ipoteca sul diritto di abitazione, a concedere diritti reali di godimento ovvero costituire a favore di terzi diritti personali di godimento diversi dalla locazione. Analogamente i beni oggetto del diritto di abitazione non possono essere sottoposti a sequestro o pignoramento, nemmeno dal proprietario creditore del titolare del diritto di abitazione.
1.4 Ai sensi del combinato disposto degli artt. 1026 e 979 c.c. la durata del diritto di abitazione non può eccedere la vita dell’habitator, bensì è possibile prevedere pattiziamente un termine inferiore alla durata della vita del titolare del diritto stesso, e i familiari dell’habitator possono beneficiare dell’alloggio fino all’esistenza del diritto di abitazione.
2 Qualificazione giuridica ed effetti
2.1 Il diritto di abitazione, che ha le sue origini nell’usus domus del diritto romano classico, ha natura reale: è un diritto reale su cosa altrui (ius in re aliena) avente ad oggetto un bene immobile. Si distingue dalla locazione per la realità del godimento del bene stesso e dal diritto d’uso in quanto non è portatore di frutti civili o naturali.
La natura reale del diritto di abitazione conferisce allo stesso il carattere dell’assolutezza (può essere fatto valere erga omnes), dell’immediatezza del potere dell’habitator sulla cosa, della tipicità (ossia il diritto è previsto dalla legge), e della patrimonialità (perché il contenuto del diritto è prevalentemente economico).
2.2 Il diritto di abitazione si può costituire mediante testamento, o contratto con la forma scritta (mediante il quale il proprietario costituisce il diritto di abitazione a favore di un altro soggetto ovvero trasferisce la nuda proprietà riservandosi il diritto di abitazione stesso) e deve essere trascritto nei registri immobiliari affinchè sia opponibile erga omnes ai terzi, a norma dell’art. 2653, n. 4 c.c. Il diritto di abitazione si estingue per morte dell’habitator, per scadenza del termine o per sua rinuncia. La morte o la dismissione del diritto da parte dell’habitator permette il consolidamento della piena proprietà.
2.3 Stante il divieto di trasferimento o locazione del diritto di abitazione sancito dall’art. 1024 c.c. si discute se la volontà delle parti possa derogare a tale divieto prevedendo, nell’atto costitutivo del diritto di abitazione, una eventuale clausola di cedibilità.
La dottrina che ricostruisce il fondamento storico del diritto di abitazione (De Martino, Palermo) ritiene che il divieto di cessione sia norma imperativa e non derogabile, in quanto posta a tutela di interessi di ordine pubblico e di coerenza sistematica del codice civile. Se il legislatore avesse voluto permettere una deroga pattizia a tale divieto, avrebbe previsto espressamente la cedibilità del diritto di abitazione, salvo patto contrario, come già sancito dall’art. 980 c.c. per il diritto di usufrutto. Secondo tale ricostruzione qualora il negozio costitutivo del diritto di abitazione preveda espressamente la cedibilità del diritto a terzi, la relativa clausola sarebbe nulla ovvero potrebbe enunciare, in sede di interpretazione, che le parti abbiano voluto in realtà costituire un diverso diritto di natura reale (usufrutto) od obbligatoria (comodato, locazione).
Tale interpretazione del divieto di cessione non impedisce al titolare del diritto di abitazione, congiuntamente al proprietario del bene, il trasferimento della piena proprietà del bene stesso. L’effetto del trasferimento della piena proprietà può avvenire o con la rinuncia da parte del titolare del diritto ovvero con un trasferimento congiunto da parte del titolare del diritto di abitazione e del nudo proprietario del bene, della piena proprietà e non meramente del diritto di abitazione.
La dottrina (Bianca, Scaliti) e la giurisprudenza (Cass Civ 2006/4599 e 2015/8507) che ritengono derogabile il divieto posto dalla norma di cui all’art. 1024 c.c., pone a fondamento della propria tesi l’evoluzione del diritto di abitazione: da istituto avente una funzione strettamente alimentaria per soddisfare i bisogni primari del titolare e della sua famiglia, a sottocategoria del diritto di usufrutto, avente ad oggetto un diritto patrimoniale disponibile.
Tale ricostruzione dottrinaria e giurisprudenziale ritiene che il divieto non tuteli l’ordine pubblico, bensì l’interesse del nudo proprietario affinchè non venga mutata la titolarità del diritto di abitazione. Il contenuto del diritto di abitazione è connesso ai bisogni del titolare del diritto e della sua famiglia, mutando il titolare del diritto muterebbero anche i bisogni dello stesso e il diritto del nudo proprietario verrebbe compromesso da nuovi e differenti bisogni. Nulla vieta al nudo proprietario, dopo aver analizzato le conseguenze del mutamento del titolare del diritto di abitazione, di acconsentire alla cessione.
E’ necessario precisare che coloro che aderiscono alla tesi della derogabilità del divieto di cessione del diritto di abitazione in sede di costituzione del diritto stesso, ritengono che non sia possibile prevedere tale derogabilità in un momento successivo alla costituzione, ovvero che la derogabilità si realizzi per fatti concludenti mediante la cessione da parte dell’habitator del proprio diritto a terzi.
2.4 Pur aderendo alla tesi che ammette la deroga pattizia al divieto di cessione del diritto di abitazione, sovente lo stesso si è già costituito per successione o per contratto senza che vi sia stata apposta deroga al divieto stesso. Si rende, pertanto, necessario poter assecondare la volontà delle parti di trasferire (a titolo gratuito o oneroso) la piena proprietà del bene gravato dal diritto di abitazione ad un terzo soggetto utilizzando lo strumento giuridico più adatto alla tutela dell’acquirente.
Se la volontà è quella di far acquistare al terzo la piena proprietà del bene gravato dal diritto di abitazione è possibile procedere ad un contratto di cessione contestuale da parte del nudo proprietario e del titolare del diritto di abitazione della piena proprietà. Oggetto del negozio di cessione non è il mero diritto di abitazione, bensì la piena proprietà da parte di due soggetti: l’uno titolare del diritto di abitazione e l’altro del diritto di nuda proprietà e pertanto non si violerebbe il divieto di cessione del diritto di abitazione di cui all’art 1024 c.c.
Più prudente sarebbe far trasferire la nuda proprietà con contestuale rinuncia del titolare del diritto di abitazione, al fine di far acquisire al terzo acquirente la piena proprietà del bene. L’onerosità dell’operazione potrebbe riguardare solo la cessione della nuda proprietà, prevedendo una donazione indiretta per la rinuncia al diritto di abitazione, ovvero entrambi i due negozi, quello di cessione e quello di rinuncia. Si ritiene che anche la rinuncia al diritto di abitazione, quale negozio consistente nella dismissione di un diritto, possa avere causa onerosa o gratuita, stante la sua natura abdicativa o traslativa della riserva stessa.
Nel caso in cui colui che intenda divenire pieno proprietario del bene non è un terzo acquirente bensì l’attuale nudo proprietario gravato dal diritto di abitazione, il negozio giuridico della rinuncia al diritto di abitazione assolve interamente l’interesse dell’acquirente. Mediante la rinuncia al diritto di abitazione, a titolo gratuito o oneroso, il nudo proprietario, come conseguenza del principio della vis espansiva del diritto di proprietà, diviene pieno proprietario. In tal caso il corrispettivo avviene per la rinuncia al diritto di abitazione e non per il trasferimento dello stesso, non incorrendo nella violazione del divieto di cessione del diritto di abitazione di cui all’art 1024 c.c..
3 Profili pratici: pubblicità e fiscalità
Nel caso di trasferimento contestuale da parte del nudo proprietario e del titolare del diritto di abitazione a titolo oneroso della piena proprietà:
– l’atto viene trascritto nei registri immobiliari come compravendita indicando nella nota di trascrizione quali soggetti contro il nudo proprietario e il titolare del diritto di abitazione,
– dal punto di vista fiscale si applicano l’imposta di registro proporzionale (2% se per l’acquirente è prima casa, 9% se per l’acquirente non è prima casa o 15% per immobili agricoli) imposta ipotecaria e catastale in misura fissa di euro 50 ciascuna.
Nel caso di trasferimento da parte del nudo proprietario e rinuncia, contestuale, del titolare del diritto di abitazione dietro corrispettivo:
-l’atto viene trascritto nei registri immobiliari come compravendita indicando nella nota di trascrizione quali soggetti contro il nudo proprietario e il titolare del diritto di abitazione,
-dal punto di vista fiscale si applicano l’imposta di registro proporzionale (2% se per l’acquirente è prima casa, 9% se per l’acquirente non è prima casa o 15% per immobili agricoli) imposta ipotecaria e catastale in misura fissa di euro 50 ciascuna.
Nel caso di rinuncia con corrispettivo a favore del nudo proprietario al fine di far acquisire a quest’ultimo la piena proprietà:
– l’atto viene trascritto nei registri immobiliari come compravendita indicando nella nota di trascrizione quale soggetto contro il titolare del diritto di abitazione,
– dal punto di vista fiscale si applicano l’imposta di registro proporzionale (2% se per l’acquirente è prima casa, 9% se per l’acquirente non è prima casa o 15% per immobili agricoli) imposta ipotecaria e catastale in misura fissa di euro 50 ciascuna.
Bibliografia:
Bianca, La proprietà, in Diritto civile, VI, Milano, 1999
Bigliazzi Geri, Usufrutto, uso e abitazione, in EG, XXXII, Roma, 1994; Id., Usufrutto, uso e abitazione, in Tratt. Cicu, Messineo, XI, 1, Milano, 1979
De Martino, Dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione, in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 978-1026, Bologna-Roma, 1978
Palermo A., Palermo G., Usufrutto, Uso, Abitazione, in Giur. sist. Bigiavi, Torino,1978
Scaliti, Dell’uso e dell’abitazione, in Commentario Cendon, 2008
Cass. civ., Sez. II, 02/03/2006, n. 4599
Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 27/04/2015, n. 8507
Chiara Mistretta, Notaio in Brescia.