Il project management nello studio notarile – di Dott.ssa Anna Lisa Copetto

L’ISIPM (Istituto Italiano di Project Management) definisce il Project Management come “l’applicazione di conoscenze, capacità professionali e personali, metodi, tecniche e strumenti alle attività di gestione di un progetto, al fine di soddisfarne i requisiti”. Definisce inoltre il progetto come una “attività temporanea intesa a realizzare un prodotto, un servizio o un risultato unico con vincoli di tempo, costi (risorse disponibili), e qualità”.

Quindi, in sostanza, il project management è una metodologia che si basa sulla pianificazione, l’esecuzione e il controllo di tutte le attività necessarie a raggiungere specifici obiettivi sottostando a vincoli interdipendenti di costi, tempi e livelli di performance.

Molti pensano che il PM sia applicabile solo a obiettivi grandi e tipicamente aziendalistici. È vero che nasce in ambiente ingegneristico ma la logica che vi sta alla base lo rende applicabile a contesti di varia natura, compreso lo studio notarile.

La peculiarità dello studio notarile richiede evidentemente un adattamento concettuale, affinché le caratteristiche tipiche del project management possano essere adottate in modo non solo efficace ma funzionale alle reali esigenze dello studio e dei clienti che vi si rivolgono.

Potenzialmente, il PM potrebbe essere applicato ad ogni pratica; lo scopo non è quello di aggiungere complessità con inutili sovrastrutture ma di fornire uno strumento che possa rendere anzi più agevole il lavoro. Ecco perché conviene ricorrere al PM per una attività di consulenza particolarmente complessa, particolarmente innovativa rispetto allo standard dello studio, molto protratta nel tempo o che coinvolge una pluralità di interlocutori distinti. Non solo mette lo studio al riparo dal rischio di lasciarsi sfuggire qualcosa (non per incapacità ma per la difficoltà di dover coordinare competenze, professionalità e sensibilità spesso diverse), ma consente anche di capitalizzare il know how acquisito strada facendo, mettendolo a servizio di progetti futuri.

 

Come si applica il project management?

La gestione di una pratica secondo i principi del Project Management prevede le seguenti fasi:

  1. Definire obiettivi chiari, specifici, misurabili, realizzabili, rilevanti e limitati nel tempo
  2. Pianificare le attività, le risorse, le tempistiche, le responsabilità
  3. Dare esecuzione a quanto pianificato
  4. Controllare e, ove necessario, aggiustare il tiro
  5. Garantire e controllare la comunicazione tra i soggetti interni o esterni interessati
  6. Allocare e ottimizzare le risorse umane, materiali e finanziarie
  7. Identificare, valutare e scegliere il trattamento dei rischi del progetto.
  8. Valutare i risultati del progetto

 

Quali strumenti utilizzare?

Esistono numerosi strumenti e software disponibili per il project management, ciascuno con le proprie caratteristiche e vantaggi. Tra i più popolari citiamo Microsoft Project, Trello, Asana, Basecamp, Smartsheet, Airtable. Molto utili anche i Mind Mapping che forniscono una rappresentazione grafica molto intuitiva e di semplice lettura/utilizzo per pianificare, eseguire e controllare un progetto.

In conclusione

L’applicazione del PM consente allo studio una gestione più consapevole delle pratiche più complesse e rischiose. Non va vissuto come un adempimento burocratico ma come un’opportunità di fare ancora meglio ciò che già si sa fare.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

Roma 13 Ottobre – Presentazione Arianna Ai e Approfondimenti

Vi aspettiamo per conoscerci, approfondire le caratteristiche del software Arianna Ai, le politiche commerciali a Voi riservate e trasmettervi il nostro concetto di rapporto col Cliente.

Confidiamo che le potenzialità del prodotto Arianna Ai, la garanzia di appartenere ad un importante gruppo come il Polo Notarile Zucchetti ed i servizi personalizzati di Wintech, siano un valido motivo per venire a conoscerci.

Venerdì 13 ottobre 2023

Roma

Via F.P. Dé Calboli n. 45

(presso la sede WinTech)

Orario: 10:00 – 13:00

Partecipa all'evento

Capitalizzare il Know-How: una strategia necessaria per gli Studi Notarili – di Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Gli studi notarili sono spesso considerati come istituzioni tradizionali, pilastri della giustizia e della sicurezza legale nel paese. Tuttavia, nel mondo in rapida evoluzione di oggi, anche questi venerabili luoghi di lavoro devono adattarsi ai cambiamenti tecnologici e gestionali per rimanere rilevanti ed efficienti. La gestione del know-how, inteso come il complesso delle conoscenze e delle competenze maturate  nel tempo, rappresenta una parte cruciale di questa sfida. In questo articolo, esploreremo l’importanza della gestione del know-how all’interno degli studi notarili e come può contribuire ad un loro maggiore successo.

Il Know-How come risorsa strategica. Il patrimonio di conoscenze – implicite ed esplicite –  sviluppato e posseduto dalle singole persone che a vario titolo operano all’interno dello studio è, per ragioni del tutto ovvie, il principale asset strategico dello studio. Tuttavia, trascinati dagli ingranaggi operativi della quotidianità, si rischia spesso di trascurare ciò che è la vera ricchezza dello studio notarile, che non può e non deve essere disperso.

Come preservare e condividere queste competenze in un’epoca in cui la tecnologia sta cambiando anche il volto del settore degli studi notarili? Vediamo, in estrema sintesi, gli aspetti salienti sui quali fare una riflessione.

La formazione. La questione non riguarda tanto la formazione continua alla quale i Notai prestano già la dovuta attenzione, quanto piuttosto una cultura nuova dell’apprendimento che andrebbe promossa e sostenuta a favore di tutti i membri dello studio. Questo consentirebbe una significativa riduzione del rischio di errore nella lavorazione delle pratiche ma anche una maggiore serenità dovuta ad una maggiore fiducia nelle persone della propria competenza.

La condivisione del Know-How tra i Membri dello Studio. La condivisione delle competenze  può essere la principale leva di miglioramento delle performance dello studio. Questo può essere facilitato attraverso riunioni regolari del personale, discussioni informali, la creazione di una base di conoscenze interna, la predisposizione condivisa di procedure standard. L’obiettivo è garantire che le competenze e le migliori pratiche non vadano perse o rimangano confinate a singoli individui, ma siano condivise nell’intero studio.

La digitalizzazione e archiviazione dei documenti. Uno dei principali aspetti della gestione del know-how negli studi notarili riguarda la digitalizzazione dei documenti e la loro archiviazione. La conversione dei documenti cartacei in formato digitale consente una pluralità di benefici: una maggiore efficienza operativa, una riduzione dei tempi di ricerca di specifici documenti, una riduzione dei costi legati allo spazio fisico, una maggiore sicurezza dei dati, una migliore interazione con il cliente e una sua maggiore soddisfazione.

Come applicare il knowledge management all’interno dello studio notarile? Il processo si articola almeno nelle seguenti fasi:

  1. Identificazione, analisi e raccolta delle conoscenze nella loro forma esplicita (documenti, dati, procedure) o tacita (esperienze individuali, abilità personali)  che possono provenire da fonti interne (notai, collaboratori) o esterne (norme di legge).
  2. Organizzazione e Catalogazione della conoscenza, anche eventualmente attraverso l’uso di database, sistemi di gestione documentale, metadati e altre tecniche per consentire una facile ricerca e recupero delle informazioni quando necessario.
  3. Condivisione e Distribuzione, che può avvenire attraverso strumenti digitali come intranet, forum, wiki e piattaforme di collaborazione
  4. Utilizzo e applicazione della conoscenza, mediante l’adozione di apposite procedure, l’utilizzo di strumenti di lavoro approvati, il monitoraggio costante delle performance dei processi e l’intervento strutturato nella gestione delle non conformità.
  5. Aggiornamento Continuo, non solo delle conoscenze delle persone ma anche di documenti (vedi ad esempio, gli schemi d’atto) e delle procedure, nonché l’adattamento alle nuove conoscenze e alle mutevoli circostanze.

Una maggiore valorizzazione del know how dello studio e una sua gestione più consapevole e strutturata potrà consentire allo studio risultati migliori sia in termini di efficacia (nell’ottica di una maggiore soddisfazione del cliente) sia in termini di efficienza (nell’ottica di una maggiore redditività dei processi operativi).

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

Il centralino, snodo nevralgico dello studio notarile – di Dott. Michele D’Agnolo

Il front office di uno studio notarile svolge un ruolo essenziale nell’accogliere i clienti e gestire una serie di importantissime attività amministrative. Tra le funzioni più comuni svolte dal reparto di accoglienza di uno studio notarile si può annoverare la gestione delle chiamate telefoniche. Il personale del front office risponde infatti solitamente alle chiamate in arrivo, instradandole verso la persona appropriata o rispondendo direttamente alle richieste di informazioni generali. Per svolgere la loro funzione, gli addetti al desk possono utilizzare un centralino fisico o digitale-virtuale (voip) o altre soluzioni di telefonia per gestire le chiamate in modo efficace.

La funzione di risposta telefonica è estremamente importante in uno studio notarile. Poiché le telefonate rappresentano un canale di comunicazione primario con i clienti, una risposta telefonica adeguata può fare la differenza nella creazione di una buona impressione e nella percezione del cliente rispetto alla qualità delle prestazioni erogate.

La risposta telefonica è spesso il primo punto di contatto tra lo studio notarile e il cliente. Una risposta cortese, professionale ed efficiente contribuisce a creare una buona impressione iniziale, dimostrando l’attenzione e l’interesse dello studio verso i clienti e costituisce un vero e proprio biglietto da visita per lo studio.

In uno studio notarile, la risposta telefonica richiede velocità ma allo stesso tempo di erogare una comunicazione sempre cortese e paziente. Il personale del front office può e deve essere appositamente formato per ascoltare attentamente le richieste dei clienti, rispondere alle loro domande e offrire informazioni chiare e concise. È molto importante che lo staff dello studio sia in grado di gestire lo stress per assicurare una risposta diplomatica anche a fronte di clienti difficili.

Uno degli aspetti di maggiore complessità è rappresentato dalla gestione delle chiamate in entrata. Uno studio notarile riceve un caleidoscopio di chiamate, soprattutto da clienti attuali e potenziali. In questa categoria si possono annoverare le richieste di informazioni, di appuntamenti, e consulenze ma anche di copie degli atti o relative al pagamento delle parcelle.  Più raramente potrebbero essere comunicati dei reclami oppure ci potrebbero essere contatti da parte dei fornitori dello studio. In altri casi le chiamate provengono dagli enti pubblici con cui lo studio si interfaccia, come l’Archivio Notarile, la Conservatoria degli atti immobiliari, l’Agenzia delle Entrate, ecc… La risposta telefonica deve essere in grado di gestire efficacemente queste chiamate, identificare quanto prima le esigenze dei chiamanti e inoltrare le chiamate ai soggetti appropriati o, meglio ancora, se possibile fornire assistenza diretta.

È importante che le chiamate vengano risposte il prima possibile, preferibilmente entro pochi squilli. Questo crea una buona impressione e dimostra l’attenzione e l’efficienza dello studio notarile. Il personale del front office dovrebbe rispondere alle chiamate con un tono cordiale, gentile e professionale. Dovrebbero presentarsi, identificare lo studio notarile e offrire il proprio aiuto in modo cortese. Durante la chiamata, il personale del front office dovrebbe ascoltare attentamente le esigenze e le domande del chiamante. Questo dimostra interesse e crea una sensazione di attenzione personalizzata. Attraverso una serie di domande mirate, le c.d. domande a imbuto, il personale del front office dovrebbe cercare di capire velocemente le esigenze del chiamante.

Gli assistenti notarili del front office dovrebbero essere preparati in maniera ampia in modo da poter fornire informazioni di base riguardo ai servizi notarili offerti dallo studio, ai documenti richiesti per determinati servizi, alle tariffe, alle modalità di pagamento e ad altre informazioni pertinenti.

Se il chiamante richiede di parlare con un Notaio o un professionista specifico, il personale del front office dovrebbe essere in grado di trasferire la chiamata alla persona corretta o di fornire indicazioni su come contattare il professionista richiesto.

Se il professionista richiesto non è disponibile o impegnato, il personale del front office può offrire al chiamante la possibilità di lasciare un messaggio vocale o registrare le informazioni necessarie per un successivo ricontatto ad iniziativa dello studio.

In questo quadro, un aspetto molto importante è rappresentato dalla funzione di filtro delle chiamate. Questa funzione mira a gestire e indirizzare in modo efficace le chiamate in arrivo verso i Notai o i professionisti specifici dello studio. Un buon filtro delle chiamate non ha falsi positivi e falsi negativi e quindi protegge il Notaio dalle chiamate non essenziali ma fa passare quelle veramente importanti. Una efficace funzione di filtro prevede le seguenti fasi:

  1. Identificazione delle chiamate: Il personale può richiedere ai chiamanti di identificarsi e fornire il motivo della chiamata. Ciò consente di comprendere le esigenze del chiamante e indirizzarlo al Notaio o all’assistente più adatto a gestire la sua richiesta. Non sempre il cliente collabora in quanto accampa non meglio precisate esigenze di privacy, per cui può risultare insistente anche quando il suo problema potrebbe essere risolto magari prima e meglio da figure diverse da quella del Notaio.
  2. Valutazione dell’urgenza: l’assistente notarile incaricato dovrebbe effettuare una sorta di Triage, cioè valutare l’urgenza delle chiamate e delle richieste dei clienti come si fa in un pronto soccorso. Se una chiamata è considerata urgente o richiede l’attenzione immediata del Notaio, la chiamata può essere inoltrata direttamente al professionista interessato.
  3. Filtraggio delle chiamate non pertinenti: Se una chiamata non riguarda direttamente il lavoro del Notaio o richiede l’assistenza di un’altra persona nello studio, l’assistente può fornire le informazioni necessarie o indirizzare la chiamata al dipartimento o al soggetto appropriato.
  4. Presa di messaggi: Se un notaio o un assistente specifico non è disponibile per rispondere alla chiamata, il personale del front office può prendere un messaggio dal chiamante, contenente informazioni quali il nome del chiamante, il motivo della chiamata e il numero di contatto. Il messaggio può quindi essere inoltrato al Notaio o al professionista interessato per una risposta successiva.

Oltre alle chiamate in entrata, il front office potrebbe dover effettuare chiamate in uscita. Di solito questa funzione è riservata ai Notai e/o ai collaboratori di più alto livello. Di regola queste chiamate riguardano le riconferme di appuntamenti, richieste di documenti o altre questioni pertinenti ai clienti.

Una buona gestione del traffico telefonico richiede un’adeguata organizzazione e pianificazione, anche con appositi script, cioè discorsi preconfezionati che consentono al personale di seguire una traccia precisa e concisa.

Uno studio notarile tratta spesso questioni legali sensibili e informazioni personali dei clienti. La risposta telefonica deve essere condotta con attenzione alla riservatezza e al rispetto della privacy, assicurandosi che le informazioni dei clienti siano trattate in modo confidenziale.

Il personale del front office dovrebbe fare del proprio meglio per risolvere eventuali problemi o difficoltà incontrate dal chiamante, cercando di proporre soluzioni alternative, offrire consigli o mettere in contatto il chiamante con un professionista in grado di fornire assistenza appropriata.

Nel caso in cui il chiamante debba attendere in linea o in attesa di una risposta, il personale del front office dovrebbe gestire l’attesa in modo professionale, ad esempio fornendo informazioni sulla durata prevista dell’attesa, oppure offrendo di richiamare in caso di interruzioni prolungate.

In conclusione, un’accoglienza telefonica efficace è essenziale per creare un’immagine professionale dello studio notarile, stabilire un rapporto di fiducia con i clienti e garantire che le loro richieste vengano gestite in modo adeguato e tempestivo, proteggendo nel contempo i Notai e le altre figure chiave dello studio dalle chiamate meno urgenti ed importanti.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

E’ erede Il Trustee nel trust testamentario? Anche no. – di Notaio Roberto Santarpia

Questo articolo si propone di dare, per quanto possibile, lumi e quindi fare un pò di chiarezza su un argomento “periglioso” quale è il trust testamentario sotto il particolare profilo della qualifica che deve (o meno) rivestire il trustee per poter ottenere l’investitura quale “proprietario” dei beni in trust lì dove, per mezzo del testamento, l’istituzione del trust e la dotazione al trustee coincidono.

Non posso fare a meno di evidenziare che nell’accingermi a scrivere quanto infra, alla mia mente è tornato il ricordo di un autore di libro scientifico (Alberto Semi sul narcisismo) il quale introduceva il testo dicendo più o meno di sperare di non essere lui stesso tanto narcisista da pretendere di essere chiaro, semplice ed esaustivo e faccio mio appieno tale pensiero.  

Il punto nodale è se il trustee debba rivestire la qualifica di erede o legatario per poter apprendere i beni in trust (come dice gran parte della dottrina asserendo che nel nostro ordinamento non si possa configurare un soggetto che prende per testamento senza rivestire la qualità di erede o legatario) ovvero se la proprietà possa passare allo stesso in conseguenza del mero istituto del trust e quindi attributario dei beni in forza del testamento che prevede detta disposizione atipica, se atipica la vogliamo ancora considerare. Difatti il trust -istituto che deriva dagli ordinamenti del common law- è stato recepito nell’ordinamento italiano con l’adesione alla Convenzione dell’Aja, del 1° luglio 1985, ratificata con la legge 16 ottobre 1989 n. 364 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1992.   

Senza soffermarci sulla funzione del trust che sicuramente è a tutti i giuristi nota, è il caso di sottolineare che ai sensi dell’art. 2 della detta Convenzione “per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona (settlor) con atto tra vivi o mortis causa……..”, quindi è indubitabile che un trust si possa costituire a mezzo sia di un negozio inter vivos che di un negozio testamentario. Ora credo che nessuno dubiti che il trust costituito con atto inter vivos abbia in sé la causa (in senso giuridico) necessaria e sufficiente a far transitare la “proprietà” in capo al trustee, tanto se ora si volesse considerare detta causa “astratta” per l’avvenuto recepimento nel nostro ordinamento dell’istituto del trust, seppur non codificato dal legislatore italiano, quanto se si voglia -come ora appare preferibile- aderire alla causa concreta intesa quale scopo pratico del negozio, la sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare, quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione al di là del modello astratto utilizzato.

Se ciò è vero, come è vero, non si vede perché la medesima causa quale delineata dall’art. 2 della Convezione dell’Aja (che prevede il trasferimento dei beni o rapporti giuridici a favore del trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico….. e che i beni costituiscono un patrimonio separato nell’ambito della sfera giuridica del trustee che subisce un limite funzionale alla sua “proprietà” dato dalla particolare destinazione allo scopo che i beni hanno) non possa sorreggere il trasferimento dal settlor al trustee a prescindere dallo strumento usato e cioè atto inter vivos o testamento: nel primo caso causa sufficiente (nessuno dubita che il trustee non sia dunque un donatario) e nel secondo caso invece causa non sufficiente dovendo lui rivestire la qualità di erede.

Peraltro nessuno dubita neanche che l’interesse perseguito con il trust non sia meritevole di tutela e che non urti contro l’ordine pubblico, norme imperative e i principi del nostro ordinamento che già conosce l’istituto della fiducia: a conforto di ciò, l’art. 18 della legge n. 364 del 1989 dice che il trust deve osservare i limiti rappresentati dall’osservanza dei principi di ordine pubblico (interno) e all’art. 16 della detta legge si prescrive il rispetto delle norme di applicazione necessaria, tra le quali, quelle dei testamenti, quelle inerenti alla devoluzione ereditaria e quelle inerenti alla la successione necessaria. Ma detta ultima salvaguardia non deve indurre a farci concludere che nel nostro ordinamento non possa quindi configurarsi una disposizione testamentaria che investa qualcuno della proprietà di beni se non a titolo di erede o di legato perchè i principi del nostro ordinamento che i detti articoli 16 e 18 tutelano sono relativi alla forma testamentaria, e al generale rispetto di tutta la normativa successoria formale quanto alla forma dei testamenti e ai requisiti di loro validità, sostanziale quanto al divieto della sostituzione fidecommissaria, usufrutto successivo, divieto di apporre pesi sulla legittima, tutela della riserva a favore dei legittimari ecc. ma non certo impingere sulla qualifica che il trustee deve rivestire per apprendere i beni in quanto lo stesso art. 2 dichiara che il trust si può costituire per testamento senza voler introdurre ulteriori qualifiche al trustee e senza snaturare quindi l’istituto da lui delineato (seppure recepito in applicazione del rimando alla legge straniera scelta).  

A conforto del detto asserto se volessimo seguire il principio che nel nostro ordinamento chi viene investito per testamento debba per forza essere erede o legatario, ritenendo che il trust non abbia avuto la forza di modificare in parte qua le nostre regole legali in tema, deve poi conseguentemente essere consono con il principio da lui perseguito (si applica solo e sempre tutta la disciplina del ns. ordinamento in tema di successioni/testamenti) e spiegare quindi perché l’erede / trustee non abbia una proprietà piena ma conformata allo scopo del trust, vi sia una separazione patrimoniale all’interno della sua sfera giuridica non prevista dal nostro ordinamento ma da quello straniero scelto dalle parti per la disciplina del trust e le separazioni patrimoniali debbono (nel ns. ordinamento) essere previste in modo specifico perché eccezione al principio del 2740 c.c. (responsabilità generica) con la conseguenza che detti beni non fan parte del regime matrimoniale e perfino non fan parte della successione del trustee. In altri termini: come spiegare questo se non con la convinzione che il trust possa avere vigenza anche contrastando con questi principi e quindi se tale forza ha avuto non può anche giustificare una attribuzione testamentaria a prescindere dalla qualità di erede o legatario? Soluzione peraltro consona con la sua effettiva natura e causa.

Seguendo la tesi del “non erede” si riesce invece, molto meglio a concepire e conciliare alcuni aspetti del trust testamentario: il trasferimento al trustee dei beni e diritti  vincolati in trust, essendo meramente strumentale alla attuazione del trust, non è conciliabile con una sua qualificazione in termini di istituzione di erede o di legato, non volendo il testatore con la disposizione testamentaria al trustee beneficiare lo stesso; di conseguenza, quindi, la qualità di erede o legatario si deve riconoscere (piuttosto) in capo ai beneficiari del trust, essendo evidente come, con l’istituzione del trust testamentario, il testatore intenda disporre in favore (non già del trustee, il quale è, infatti, titolare dei beni in via provvisoria e meramente strumentale, bensì) dei beneficiari del trust, i quali, invero, rispetto alla volontà del testatore, sono i reali destinatari della disposizione testamentaria contente la istituzione del trust la cui CAUSA peraltro indubitabilmente sorregge il trasferimento dal trustee al beneficiario e nessuna altra causa.

Altra considerazione stridente se si accettasse la tesi del trustee erede: l’azione di riduzione dovrebbe essere diretta nei suoi confronti e non nei confronti dei beneficiari finali del trust in quanto il trasferimento a loro favore trova fonte non nel testamento ma nei successivi negozi attributivi dal trustee a loro favore, che rivestono natura di atto inter vivos. In realtà tutta la fattispecie complessa può solo spiegarsi e trova fondamento nel fatto che il beneficiario seppur avente causa dal trustee, non smette la relazione di continuità con il de cujus rappresentando il destinatario ultimo della volontà dello stesso che spiega e dà ragione del ricorso all’istituto del trust che altro non vuol dire che fiducia. Di conseguenza il legittimario leso dovrebbe agire nei confronti del beneficiario finale e non già nei confronti del trustee se non nel caso che la programmata sistemazione degli interessi sottesi dal trust non si sia ancora attuata ma ciò solo per esigenze  prioritarie di tutela della legittima. Peraltro a prescindere dal trust, già in precedenza si era individuato il legittimato passivo dell’azione di restituzione (che seguiva l’azione di riduzione nei confronti del fiduciario) nella persona del soggetto a cui un bene doveva essere trasferito in esecuzione di un patto fiduciario lì dove, come si sa, il bene viene trasferito in proprietà “piena” e non conformata al fiduciario il quale, in adempimento di un mero obbligo, ritrasferisce al beneficiario il bene.

Come poi spiegare il mancato (ed inesistente) arricchimento del trustee con la istituzione di erede o legatario? La qual cosa poi trascina di per sé quale conseguenza anche la inesperibilità dell’azione di riduzione nei suoi confronti.  

Se quindi possiamo concludere che il beneficiario consegue una liberalità indiretta dal de cujus appare configurabile nei suoi confronti l’applicabilità dell’art. 809 del codice civile.

Sembra quindi molto più consono ai principi del nostro ordinamento configurare il trustee che riceve per testamento non erede o legatario ma fiduciario e considerare erede il beneficiario (sempre che non sia trust di mero scopo) in relazione alla attuazione di tutti i principi di diritto sopra evidenziati.

Da ultimo le sentenze di Cassazione (relative  in maggioranza a trust inter vivos ma la faccenda non muta,  e specialmente la sentenza cass civile num. 5073 del 2023 che ritiene che l’azione di riduzione debba essere esercitata nei confronti dei beneficiari e non del trustee a meno che non abbia ancora trasferito i beni agli stessi) aderiscono alla tesi che il destinatario delle attribuzioni tramite trust siano in realtà non il trustee ma i beneficiari del trust, così come la stessa Agenzia delle Entrate ritiene che l’imposta sulle successioni e donazioni vada applicata con le franchigie previste in relazione al grado di parentela tra il settlor e i beneficiari finali percependo l’imposta solo al momento in cui il trustee trasferisce a costoro i beni adeguandosi perfettamente alla ricostruzione del detto istituto in termini unitari di fiducia (e causa fiduciaria del trasferimento a loro) e quindi riconoscendo al trustee la qualità di mero fiduciario  e non di erede o soggetto arricchito dalla disposizione/dotazione in seguito alla istituzione del trust.

Vedasi a tal proposito la risposta a interpello num. 106/21 dell Agenzia delle Entrate che dice “Solo l’attribuzione al beneficiario, che deve essere diverso dal disponente, può considerarsi – nel trust – il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza.” Richiamando anche la sentenza n. 10256 del 29 maggio 2020 della Corte di Cassazione, con la detta risposta a interpello n. 106 del 15 febbraio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’assenza di un trasferimento intersoggettivo preclude l’applicazione dell’imposta di donazione per carenza del presupposto oggettivo, mancando un trasferimento di ricchezza.

Vedasi anche Risposta n. 351/2021 da parte della Agenzia delle Entrate avente ad oggetto il trattamento fiscale applicabile alle somme attribuite dal trustee al beneficiario finale di un trust statunitense: “In linea di principio, quindi, l’attribuzione di beni e/o diritti vincolati in trust ai beneficiari del trust da parte del trustee determina l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, al verificarsi dei presupposti previsti dalle disposizioni di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990.” E  la risposta ad interpello n. 371 del 2019 con la quale l’Agenzia delle entrate avrebbe chiarito che al conferimento di beni in “trust” deve essere applicata l’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale avendo riguardo, ai fini della determinazione delle aliquote, al rapporto di parentela intercorrente tra il disponente e il beneficiario.  

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.

Lode alla checklist – di Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Oggi voglio elogiare una piccola grande idea che ci consente di tenere sotto controllo efficacemente e a basso costo i rischi legati all’attività professionale: la checklist.

La checklist nasce per fare fronte a quelle situazioni nelle quali un errore umano può essere fatale, prevenendo il rischio attraverso un elenco di controlli da effettuare prima di validare un prodotto o un processo. Nel settore dell’aeronautica, nell’industria nucleare, nella chimica.  In ambito medico, Atul Gawande, medico statunitense di origini indiane, ha curato per l’Organizzazione Mondiale della Sanità protocollo che costringe medici, anestesisti, infermieri e altro personale di sala a effettuare una serie preordinata di controlli che, si è dimostrato capace di ridurre di oltre un terzo le morti e le complicazioni postoperatorie.

Ma le check list possono essere estese anche ad ambiti professionali meno pericolosi dal punto di vista dell’impatto sulle vite umane.

Anche il Notaio e i suoi collaboratori, per quanto preparati, diligenti e accorti, possono commettere degli errori nello svolgimento del proprio lavoro, pur avendo perfettamente chiaro ogni singolo passaggio da compiere. Può trattarsi di piccole banalità facilmente risolvibili ma che oltre a diventare un costo aggiuntivo per lo studio, possono far fare brutta figura nei confronti dei clienti.

La check list ci aiuta ad ovviare alla naturale fallibilità umana. In particolare, ai limiti della memoria e dell’attenzione, soprattutto in momenti di sovraccarico che possono caratterizzare alcuni periodi dell’anno.

Esistono basilarmente due tipi di checklist:

  • La check di processo, che mette in fila un elenco di azioni che devono essere considerate o eseguite per garantire il corretto svolgimento di una procedura (ad esempio, per la stesura di un atto immobiliare)
  • La check di prodotto, che indica invece le caratteristiche che un prodotto o servizio deve possedere per poter essere validato e rilasciato al cliente (ad esempio, i contenuti di un atto stipulato)

Preparare delle buone checklist, anche per chi non salva vite umane, è davvero un’arte. Le liste di controllo per essere efficaci devono infatti essere disegnate in modo ergonomico, semplici e rapide da compilare, avere il giusto grado di dettaglio e consentire di stabilire le responsabilità delle persone coinvolte.

 

Mettere nero su bianco l’elenco delle cose da controllare permetterà allo studio  di fare verifiche più proporzionate ai rischi reali in cui è possibile incorrere professionalmente e meno orientate ai rischi apparenti. Spesso infatti rischiamo di essere miopi di fronte a problemi giganteschi e inutilmente pignoli nelle pinzillacchere.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

Lo studio notarile e la privacy – di Dott. Michele D’Agnolo

Negli studi notarili italiani si trattano quotidianamente moltissimi dati personali. Il GDPR e il D.Lgs 196/03 prevedono una serie di obblighi a carico dello studio che tratta dati personali. Questi obblighi, per essere applicati in modo coerente e costante, richiedono un approccio organizzativo disciplinato. Il legislatore, infatti, impone agli studi notarili un modello basato sulla rilevazione, la valutazione e la gestione dei rischi relativi ai dati per cui è necessario strutturarsi per poter eseguire e registrare queste attività ogniqualvolta necessario. Sovente invece gli studi tendono a considerare questo adempimento un fanalino di coda rispetto ad altre priorità sia in termini di erogazione delle prestazioni che di compliance, dedicando maggiori energie ed attenzione al rispetto delle pur altrettanto importanti normative relative all’antiriciclaggio o alla sicurezza sul lavoro.

Cerchiamo allora di riepilogare quali sono le tipologie di dati che vengono trattate in uno studio notarile, quali sono gli obblighi principali che lo studio deve rispettare e quale approccio pratico conviene adottare per portare lo studio ad una piena adesione agli standard previsti.

Da ricordare che le garanzie del GDPR sono in linea di principio riservate ai dati delle persone fisiche e che non sempre invece i dati delle persone giuridiche godono delle stesse tutele.

In uno studio notarile vengono comunemente trattate queste tipologie di dati.

 

  1. Dati identificativi: Questa categoria include informazioni personali di base come nome, cognome, data di nascita, luogo di nascita, residenza e codice fiscale. Questi dati sono necessari per l’identificazione degli interessati coinvolti nelle transazioni notarili.

 

  1. Dati di contatto: Gli studi notarili possono trattare dati di contatto come indirizzo postale, numero di telefono e indirizzo email degli interessati, che vengono utilizzati per comunicare con i clienti, le parti coinvolte e altre persone interessate.

 

  1. Dati finanziari: Nelle transazioni notarili, potrebbero essere trattati dati finanziari come informazioni bancarie, numeri di conto corrente, informazioni di pagamento e dettagli sulle transazioni finanziarie.

 

  1. Dati giuridici: Gli studi notarili trattano dati giuridici relativi alle transazioni, agli atti notarili, ai contratti, alle disposizioni testamentarie, alle successioni ereditarie e ad altre questioni legali. Questi dati possono includere informazioni sulle parti coinvolte, sui beni oggetto di transazione, sulle clausole contrattuali e su altri aspetti legali.

 

  1. Dati particolari: In alcuni casi, potrebbero essere trattati dati sensibili o particolari categorie di dati come quelli relativi alla salute, all’orientamento sessuale, alle convinzioni religiose o filosofiche, all’appartenenza sindacale, alle origini etniche, alla vita sessuale, alle condanne penali e ad altri aspetti sensibili. Tuttavia, la trattativa di tali dati sensibili da parte degli studi notarili è solitamente limitata e soggetta a specifiche condizioni e basi giuridiche. Si pensi ad esempio ai dati che un cliente potrebbe inserire in un testamento o a quelli relativi agli assistenti notarili necessari all’assolvimento degli adempimenti giuslavoristici.

 

È importante sottolineare che gli studi notarili trattano dati personali sia nel contesto delle loro funzioni notarili specifiche che nell’adempimento dei loro compiti legali e normativi, quali ad esempio il loro ruolo di datore di lavoro nei confronti degli assistenti notarili o il loro ruolo di contribuente nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, ecc…

A causa della pessima qualità tecnica della normativa di riferimento, non è sempre facile definire se nell’ambito di un singolo trattamento lo studio opera come titolare o responsabile del trattamento stesso, anche se le conseguenze in termini di responsabilità sono molto diverse nei due casi considerati.

La tipologia e la quantità di dati trattati possono variare in base alle specifiche transazioni, alle richieste dei clienti e alle leggi applicabili. Gli studi notarili devono in ogni caso garantire che i dati personali trattati siano adeguatamente protetti e utilizzati in conformità con le norme sulla privacy e la normativa applicabile.

 

Di seguito elenchiamo alcuni dei principali adempimenti privacy per uno studio notarile italiano:

 

Registro delle attività di trattamento: Uno studio notarile deve mantenere un registro delle attività di trattamento dei dati personali che vengono svolte. Questo registro deve contenere informazioni dettagliate sulle finalità del trattamento, sulle categorie di dati trattati, sui destinatari dei dati e su altre informazioni rilevanti.

 

Basi legali: lo studio notarile deve trattare i dati personali solo quando dispone di una idonea base legale per il trattamento, tra le quali potrebbe esserci il consenso degli interessati, cioè dei soggetti ai quali si riferiscono i dati.  Il consenso deve essere libero, specifico, informato e revocabile in qualsiasi momento.

 

DPIA. In alcuni casi, a seconda delle tipologie di dati trattati, lo studio potrebbe dover svolgere una DPIA. Una Data Protection Impact Assessment (DPIA), o Valutazione dell’impatto sulla protezione dei dati, è uno strumento previsto dal Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Unione europea. Consiste in una valutazione sistematica e approfondita dei rischi che possono derivare da un determinato trattamento dei dati personali. Una DPIA è richiesta quando un trattamento di dati può comportare un rischio elevato per i diritti e le libertà delle persone fisiche.

 

Nomine: se lo studio si avvale di soggetti esterni quali ad esempio consulente del lavoro, esperti informatici, rilegatori ed altri fornitori che trattano dati di cui lo studio è titolare li deve nominare responsabili del trattamento e stabilire con loro adeguate clausole contrattuali per vincolarli al rispetto della normativa. Inoltre, è opportuno delimitare quali categorie di dati verranno trattati da ciascuno di essi e con quali finalità specifiche.

 

Misure di Sicurezza dei dati: Uno studio notarile deve adottare misure tecniche e organizzative adeguate per proteggere i dati personali dai rischi di accesso non autorizzato, di divulgazione, di alterazione o di distruzione accidentale. Ciò può includere l’uso di crittografia, la gestione degli accessi, il backup dei dati e altre misure di sicurezza adeguate quali l’emissione di politiche e procedure scritte.

 

Trasferimento internazionale dei dati: Se uno studio notarile intende trasferire dati personali al di fuori dello Spazio Economico Europeo (SEE), ad esempio perché utilizza programmi o archivi in cloud che lo prevedono, è necessario assicurarsi che il trasferimento sia effettuato conformemente alle disposizioni previste dalla normativa sulla privacy, come l’adozione di clausole contrattuali tipo o il ricorso a meccanismi di certificazione o di binding corporate rules.

 

Gestione delle violazioni dei dati personali: In caso di violazione della sicurezza che potrebbe comportare un rischio per i diritti e le libertà degli interessati, uno studio notarile è tenuto a notificare l’incidente all’autorità di controllo competente entro 72 ore dalla scoperta dell’incidente. In alcuni casi, potrebbe essere necessario anche notificare l’interessato interessato dall’incidente. È utile dotarsi di una apposita procedura per gestire queste situazioni nell’eventualità che si verificassero.

 

Nomina del responsabile della protezione dei dati (RPD): Uno studio notarile, al raggiungimento di determinate dimensioni e complessità, potrebbe dover designare anche un responsabile della protezione dei dati (RPD), cioè un soggetto adeguatamente formato e specializzato che si occupi della gestione e del monitoraggio delle attività di protezione dei dati personali. Il RPD, ove nominato, è il punto di contatto per le richieste degli interessati e per le autorità di controllo.

 

Informative sulla privacy: Uno studio notarile deve fornire agli interessati informazioni chiare e trasparenti sul trattamento dei loro dati personali. Queste informazioni devono includere le finalità del trattamento, le basi giuridiche, i diritti degli interessati e altre informazioni richieste dalla normativa sulla privacy.

 

Formazione degli addetti: Tutto il personale degli studi notarili deve essere periodicamente formato in materia di privacy.

 

Questi sono solo alcuni degli adempimenti principali in materia di privacy che uno studio notarile italiano deve prendere in considerazione. È importante tenere conto della normativa nazionale e delle linee guida emesse dall’autorità di controllo locale (in Italia, il Garante per la protezione dei dati personali) per garantire la piena conformità alle disposizioni sulla privacy.

 

Per mettersi in regola in termini pratici con le disposizioni sulla privacy come studio notarile italiano, si possono seguire i seguenti passaggi:

 

Analisi dei dati personali trattati: lo studio effettua e aggiorna periodicamente un’analisi dettagliata dei dati personali che vengono trattati nello studio notarile. Identifica le categorie di dati trattati, le finalità del trattamento, le basi giuridiche, i destinatari dei dati e altre informazioni rilevanti. Ogniqualvolta si utilizza un nuovo programma informatico anche sul web occorre ricordarsi di analizzare il trattamento.

 

Creazione e aggiornamento del registro delle attività di trattamento: sulla base dei trattamenti identificati lo studio crea e tiene aggiornato un registro delle attività di trattamento dei dati personali che vengono svolte. Contestualmente, lo studio procede alla Valutazione della necessità e se del caso all’ esecuzione di una o più DPIA.

Verifica delle misure di sicurezza: lo studio censisce e valuta l’effetto delle misure tecniche e organizzative che sono state adottate per proteggere i dati personali trattati, assicurandosi di avere in atto misure di sicurezza adeguate per prevenire l’accesso non autorizzato, la divulgazione, l’alterazione o la distruzione accidentale dei dati. Al caso le rafforza adeguatamente in modo da minimizzare il rischio residuo.

Valutazione del trasferimento internazionale dei dati: Se lo studio necessita di trasferire dati personali al di fuori dello Spazio Economico Europeo (SEE), valuta i meccanismi e gli strumenti previsti dalla normativa sulla privacy per assicurare un trasferimento conforme, come l’adozione di clausole contrattuali tipo o l’utilizzo di meccanismi di certificazione o di binding corporate rules.

Aggiornamento delle informative sulla privacy: dopo aver effettuato le analisi dei trattamenti e stabilito le azioni di mitigazione del rischio più adeguate, lo studio aggiorna le informative sulla privacy in modo da includere le finalità del trattamento, le basi giuridiche, i diritti degli interessati e altre informazioni richieste dalla normativa sulla privacy.

Pianificazione per la gestione delle violazioni dei dati personali: lo studio prepara e tiene aggiornato un piano di gestione delle violazioni dei dati personali per affrontare eventuali violazioni della sicurezza. Il piano dovrebbe includere procedure per la notifica delle violazioni all’autorità di controllo e agli interessati interessati, nonché azioni correttive e preventive per mitigare i rischi.

 

È importante notare che questi sono solo alcuni dei passaggi generali per mettersi in regola con la normativa sulla privacy. La complessità delle disposizioni può variare in base alla dimensione dello studio notarile, alla natura dei dati trattati e ad altri fattori specifici. È consigliabile consultare esperti specializzati in materia di privacy per garantire la piena conformità alle disposizioni applicabili.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

Conosci davvero il tuo studio? Prova a compilare la matrice SWOT – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Ci sono delle fasi dell’anno (gennaio o settembre, tipicamente) in cui, dopo un periodo di meritato risposo, si ricomincia a lavorare pieni di buone intenzioni, che comprendono anche  l’intenzione di incidere un po’ di più sulla struttura dello studio, per mantenerla allineata ai propri obiettivi.

Siccome l’estate è alle porte e settembre è il nuovo gennaio, potreste mettervi fin da adesso nella agenda di agosto, un breve e utile esercizio: quello di provare ad elencare i punti di forza, i punti di debolezza dello studio e di cercare di focalizzare la vostra attenzione sulle minacce e sulle opportunità del mercato. Lo scopo è quello di derivare indicazioni utili per sviluppare le strategie future dello studio. Per stabilire cosa sarà meglio fare per rimanere prosperare sul mercato.

Tecnicamente si chiama Swot analysis ed è uno strumento di pianificazione strategica usato analizzare con consapevolezza l’ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno (analizzando minacce ed opportunità).

Formalmente è molto facile: basta prendere un foglio A4, dividerlo in quattro quadranti e ottenere quella che  potremo più pomposamente chiamare matrice SWOT

Andremo ad elencare i fattori interni (gli aspetti sui quali lo studio ha potere di controllo), sia negativi che positivi rispetto alle attese o agli obiettivi dello studio. Ad esempio, in studio ho la cintura nera degli atti societari ma anche un’area successione non coperta per effetto del pensionamento anticipato dell’addetta storica.  Proseguiremo con l’elencazione dei fattori esterni reali o potenziali, su cui lo studio invece non ha nessun controllo, anch’essi in espressi in chiave positiva (la tecnologia insieme alla normativa offrono l’opportunità dell’atto notarile a distanza ) che negativa (la  normativa che assegna un adempimento ad altri professionisti oltre al notaio)

La matrice può essere utilmente sviluppata insieme ai propri associati e collaboratori, il che aiuterà  a capire meglio quanto simili o distanti sono le visioni di ciascuno e forse a evidenziare punti di debolezza o di debolezza sovra o sotto stimati.

Una volta raccolti i dati, i occorre formulare una strategia, ancorata ad un obiettivo specifico (ad esempio, aumentare il fatturato del 10% nel 2024), rispondendo alle  seguenti domande:

  1. Come possiamo valorizzare le nostre forze?
  2. Come possiamo mitigare le nostre debolezza?
  3. Come possiamo sfruttare e le opportunità dell’ambiente esterno?
  4. Come possiamo ridurre ciascuna delle minacce?.

L’analisi SWOT andrà utilmente ripetuta periodicamente. Vedrete che sarà interessante e stimolante confrontare le matrici dei vari anni, per osservare come nel tempo cambino le circostanze interne ed esterne e  come lo studio riesca di volta in volta ad interpretare e agire il cambiamento necessario a rimanere efficacemente sul mercato.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

L’arte di raccogliere i documenti per la stipula – a cura Dott. Michele D’Agnolo

L’operativita degli studi notarili è fortemente digitalizzata. Ormai, il software supporta sostanzialmente l’intero ciclo di “produzione” dell’atto notarile.

Per primi sono nati gli strumenti di word processing, ed hanno reso più veloce e precisa la stesura e la correzione delle minute degli atti. Questi strumenti sono divenuti ormai molto sofisticati e consentono sia il riversamento delle informazioni esterne all’interno del testo degli atti che l’utilizzo di schemi preimpostati per le clausole maggiormente utilizzate. In una fase successiva, in concomitanza con l’informatizzazione della procedura di registrazione degli atti presso l’Agenzia delle Entrate e dell’aggiornamento dei Registri Immobiliari, sono nati gli strumenti elettronici utili per estrarre i dati ed elaborare gli adempimenti successivi alla stipula come il Modello Unico Notarile. La presenza di molti atti scansionati o digitali fin dall’origine e lo sviluppo della posta elettronica come strumento di dialogo con clienti e intermediari hanno portato alla messa a punto di archivi digitali completi per le varie pratiche, destinati progressivamente a ridurre la carta conservata negli studi notarili, fino alla sua completa eliminazione. Dopo l’ufficio senza carta, di recente abbiamo riscontrato interventi volti ad informatizzare il rapporto con i clienti. In particolare, sono in uso da qualche tempo delle repository che consentono allo studio notarile di mettere a disposizione dei clienti le copie digitali degli atti stipulati e altra documentazione di loro pertinenza quali copie di documenti, fatture, ricevute di espletamento delle varie formalità, ecc…

Ogni cliente che abbia un minimo di dimestichezza con le basi dell’informatica può facilmente accedere al suo piccolo archivio remoto, in qualsiasi momento, accreditandosi con la sua user name e una password di sicurezza. Questa modalità di interagire con lo studio è molto performante perché fidelizza il cliente e riduce gli ingaggi inutili, liberando tempo prezioso al personale di contatto. Naturalmente, lo studio notarile potrà sempre mantenere modalità di consegna dei documenti diverse per quei clienti, a dire il vero sempre meno numerosi, che non sono a loro agio con l’informatica.

Un aspetto innovativo, che invece non era stato ancora oggetto dell’attenzione dei tecnici informatici è quello legato alla raccolta della documentazione propedeutica e, più in generale, delle informazioni esterne necessarie allo studio per poter elaborare l’atto richiesto.

La raccolta e l’assiemaggio delle informazioni e dei dati sono una delle attività più rilevanti e più dispendiose in termini di tempo all’interno di uno studio notarile. L’istruttoria rappresenta anche l’attività più evidente, quella in cui il cliente interagisce maggiormente con lo studio e rispetto alla quale il cliente misura la sua esperienza di consumatore.

Peraltro, la funzione di gatekeeper propria dell’Ufficio notarile costringe talvolta lo studio a fare da barriera all’ingresso e a rinviare o bloccare la stipula allorquando manchino documenti o informazioni rilevanti o queste appaiano incongruenti.

Non è nemmeno il caso di ricordare che il ruolo del Notaio è proprio quello di indagare la volonta delle parti e di verificare la conformità a legge dell’atto stipulato.

Un cliente che non dischiuda tutte le informazioni in suo possesso rischia di ottenere un atto non confacente alla propria volontà com conseguente responsabilità del notaio. Si parla in questi casi di “doppio azzardo morale”.

Anche laddove uno studio notarile investa fortemente nell’educazione dei clienti, la raccolta della documentazione è quasi sempre un processo iterativo, che non avviene in un unica soluzione ma “in comode rate”. In altre parole si procede a puntate, per approssimazioni successive, con frequenti e repentini stop and go che rendono estremamente frammentato e inefficiente il processo lavorativo. Ed è proprio questa sorta di botta e risposta, di “conversazione” che lo studio notarile intrattiene con la situazione delle parti e dell’oggetto del contratto che oggi comporta costi rilevanti e rischi di errori e di incomprensioni. In particolare, il cliente privato spesso incolpevolmente ignora la funzione notarile e non è consapevole del suo ruolo di impulso nel reperimento della documentazione. Non sa che talvolta lo studio è impossibilitato a reperire le informazioni in sua guisa mentre in altri frangenti lo può fare ma solo aumentando considerevolmente tempi e costi dell’atto da stipulare. Tra l’altro buona parte dei documenti necessari non sono nemmeno nel possesso del cliente, di solito parte acquirente, ma della controparte venditrice, ancora meno coinvolta nel rapporto con lo studio notarile. E sovente ci si mette di mezzo l’agenzia immobiliare che non rinuncia alla sua prerogativa di intermediario nemmeno nel passaggio dei documenti, moltiplicando i passaggi, i tempi e i rischi come nel vecchio gioco del telefono senza fili.

Spesso si sottovaluta inoltre la fatica degli addetti ad immedesimarsi in una pratica. Per rientrare in una pratica dopo una qualsiasi interruzione, alcune ricerche stimano che sono necessari ogni volta anche una decina di minuti per ritrovare la necessaria concentrazione. Non è un caso che rimane il sogno di ogni Assistente notarile quello della pratica perfetta, cioé di poter iniziare e completare una pratica da cima a fondo senza essere interrotto per la mancanza di documenti o dati utili alla stipula.

Certo, anche in caso di un processo di selezione e raccolta dei documenti di origine esterna reso completamente efficace, rimarranno nella fase di stesura alcune potenziali “onerosità sopravvenute” dovute di solito alla rilevazione di disallineamenti nelle ispezioni immobiliari. In ogni caso, i sistemi digitali proposti consentono di razionalizzare e velocizzare molti passaggi facendo svolgere alla macchina il lavoro di botta e risposta.

Adottare un sistema informatizzato di contatto con la clientela consente di anticipare al cliente la richiesta di tutti e soli i documenti necessari, potendo svolgere a basso costo anche l’educazione del cliente mediante ricorso a video o brochure esplicative. Consente di ridurre le telefonate e i contatti sterili, agevola la raccolta ordinata di più versioni successive degli stessi documenti, senza bisogno di scaricarli dalle mail.

L’addetto può a colpo d’occhio avere contezza di quanti atti possono essere passati alla fase di stesura e quanti sono invece in lista attesa e per quale motivazione. L’assistente notarile può così selezionare le informazioni rilevanti e informare il cliente dello stato di avanzamento nell’elaborazione della pratica.

Un sistema del genere riduce i tempi di attraversamento del processo, in altre parole permette di perseguire un obiettivo tanto desiderato dalla clientela, cioè velocizzare la fissazione delle stipule. Inoltre, rende possibile stabilire in modo più equo i carichi di lavoro in quanto raccoglie informazioni sulla dinamica dei singoli atti.  

Il sistema si rivela molto utile anche per interagire al meglio con soggetti collettori di una pluralità di atti quali agenzie immobiliari, commercialisti o banche. Si minimizzano i rimbalzi di più versioni degli stessi documenti in quanto le varie versioni sono archiviate nello stesso luogo.

Solo in caso di un target di clientela particolarmente tradizionale o senior potremmo riscontrare delle controindicazioni ad un immediato utilizzo di queste soluzioni, nel qual caso potrà essere utile implementare il nuovo metodo con una certa gradualità e mantenere parallelamente attive anche modalità tradizionali.   

Ben venga quindi il software di gestione del rapporto col cliente anche nella fase di istruttoria documentale, che appare davvero vantaggioso per tutti gli stakeholders, i principali portatori di interessi dello studio notarile. Clienti, Assistenti e Notaio.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

Brevi note sulla fiscalità della SCISSIONE MEDIANTE SCORPORO – a cura Notaio Roberto Santarpia

In data 22 marzo 2023 con il decreto legislativo 19/2023, in funzione della ricezione della direttiva 2019/2121, è stato introdotto nel nostro codice civile l’articolo 2506.1 relativo alla scissione mediante scorporo.

In passato si è sostenuto in primis che non è scissione lo scorporo, operazione in cui la partecipazione nella nuova società costituita ad hoc è attribuita alla società scorporante invece che ai soci di essa, e questa operazione veniva negata in funzione della tesi che la società non potesse costituirsi con atto unilaterale, situazione venutasi a mutare dopo il 1993 per cui ciò permetterebbero di ribaltare la precedente negativa opinione.

Il nuovo articolo 2506.1 la delinea come l’operazione mediante la quale una società assegna parte del suo patrimonio a una o più beneficiarie di nuova costituzione e a sé stessa le relative partecipazioni. Le azioni o quote vengono date alla scissa medesima e non già ai soci della scissa (elemento caratteristico della scissione).

Potrebbe generarsi quindi il dubbio che lo scorporo possa non rientrare nell’ambito della figura giuridica della scissione -con evidenti ricadute in ambito fiscale- anche in considerazione del fatto che è del tutto sussumibile (l’operazione siffatta) ad un conferimento di un singolo cespite immobiliare o di partecipazioni azionarie o sociali in genere e quindi in generale “trasferendo” anche solo attività o passività e non necessariamente una azienda.

 

 Ma il dubbio è presto fugato rilevando che la rubrica dell’articolo 2506.1 c.c. reca “Scissione mediante scorporo” ed anche in Germania, lo scorporo – Ausgliederung – ha ricevuto espressa disciplina come sottospecie di scissione e come si legge nell’art. 51 del D.lgs. num. 19/2023 ove: “la scissione mediante scorporo non deve avere necessariamente ad oggetto un’azienda ma anche solo attività o passività con il solo limite che non potrà determinare una scissione totale”.

 

In alternativa allo scorporo nel caso in cui si volesse trasferire singolo bene a una società preesistente, potrei operare lo scorporo in una new-co e a seguire incorporazione di questa in società preesistente, ma attenzione ai possibili profili di elusione fiscale perché l’operazione potrebbe essere configurata dalla Agenzia delle Entrate come conferimento di bene in società preesistente, non essendoci altre valide motivazioni extrafiscali alla operazione effettuata con scorporo e poi fusione per incorporazione.

Ora quindi assodato che lo scorporo rientra nell’ambito dell’istituto della scissione e che questo ultimo si profila come strumento alternativo al conferimento, la disciplina fiscale dello scorporo è naturalmente molto più favorevole di quella del conferimento in società: si pensi al conferimento di singolo bene o di partecipazioni -al di fuori delle condizioni indicate nell’articolo 177 secondo comma del Tuir- ove la tassazione è equiparata a quella della vendita ai sensi dell’articolo nove del Tuir. 

Ora però il dubbio che l’Agenzia delle Entrate possa far rientrare anche lo scorporo nel medesimo ambito di tassazione del conferimento, è fugato in modo solare per il fatto che l’articolo 10 bis della legge 212 del 2000 consente, sancendo che non si tratta di abuso del diritto, la scelta tra regimi fiscali diversi tra quelli contemplati nell’ordinamento. Quindi il fatto che con la recentissima legge lo scorporo sia stato introdotto nell’ordinamento nell’ambito della scissione fa sì che tutta la normativa fiscale inerente la neutralità dell’operazione di scissione possa essere applicata allo scorporo anche se poi il risultato pratico sia sussumibile a quello del conferimento.

In altri termini se non fosse esistita questa norma (art. 2506. 1 cod. civ.) il dubbio che un’operazione identica operata attraverso la scissione ordinaria, fosse elusiva fiscalmente era estremamente fondato.

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.