La gestione per eccezioni (Management by Exception) – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

La gestione per eccezione (MBE) è una tecnica di management che consiste, nell’ambito dello studio notarile,  nel rendere più autonomi possibile i propri collaboratori/dipendenti nello svolgimento delle mansioni assegnate e nel coinvolgimento del Notaio esclusivamente su questioni specifiche e anomale rispetto ad uno standard specifico. In parole povere: il Notaio interviene se e solo se strettamente indipensabile per competenza o autorità.

L’approccio della gestione per eccezioni può viaggiare su due binari:

  • Approccio attivo, nel qual caso il Notaio interviene per fornire al collaboratore il supporto necessario ad affrontare specifiche sfide e a prevenire il manifestarsi di problemi e criticità
  • Approccio passivo, nel qual caso il Notaio agisce per risolvere il problema una volta che si è manifestato, non avendo il collaboratore le competenze o l’autorità per gestirlo con efficacia

L’applicazione della gestione per eccezioni richiede, evidentemente, di stabilire ciò che è da considerarsi uno standard all’interno dello studio. Questo per poterlo successivamente distinguere da ciò che è da trattare in termini di eccezione, ovvero con l’ausilio del Notaio. Ad esempio, la redazione di un atto di compravendita immobiliare che ha ad oggetto una prima casa tra privati è probabilmente da considerarsi una attività standard che l’addetto assegnatario può (e a quel punto deve) gestire in completa autonomia. La redazione di un atto relativo alla cessione di una quota ereditaria tra fratelli durante la compravendita magari invece richiede l’intervento del Notaio. A tal fine, diventa utile poter disporre di procedure operative interne che guidino il collaboratore/dipendente nello svolgimento di un attività o di un processo standard.

Successivamente, diventa fondamentale valutare con costanza se e in che misura i collaboratori/dipendenti si attengono a quanto stabilito dalle procedure operative interne e individuare tempestivamente eventuali difformità  di comportamento o di risultato rispetto allo standard atteso dalla Direzione. A tal fine, appare utile condurre, in prima persona a cura del Notaio o suo delegato, una serie di audit interni periodici per valutare l’efficacia e l’efficienza dei processi operativi interni.

La gestione per eccezione si basa innanzitutto su efficaci processi di delega interna che attribuiscano ai collaboratori/dipendenti l’autorità e di assumere autonomamente delle decisioni, in modo tale che il Notaio possa occuparsi di solo temi e questioni particolari che richiedono una più elevata competenza e capacità.

È evidente che questo approccio richiede un forte investimento nella formazione e nella crescita professionale degli individui che compongono il team affinché possano maturare quelle competenze (tecniche, giuridiche, relazionali, comunicative, manageriali, ecc.) necessarie a gestire in completa autonomia le attività assegnate.

Quali sono i vantaggi della gestione per eccezione?

  • Una maggiore efficienza nei processi di erogazione delle prestazioni professionali.
  • Una maggiore chiarezza rispetto alle priorità dello studio.
  • Una maggiore motivazione dei propri collaboratori/dipendenti e un maggior commitment
  • Una maggiore responsabilizzazione dei propri collaboratori/dipendenti
  • Una gestione più strutturata delle problematiche che possono incidere sulla qualità della prestazione finale o sulla produttività dello studio

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

La competenza concorrente dei notai nell’ambito della volontaria giurisdizione: un cambiamento epocale – a cura Notaio Veronica Ferraro

La portata innovativa della riforma della volontaria giurisdizione da parte del legislatore è di notevole interesse.

Tale riforma agisce su due diversi ambiti: da un lato ridefinisce le competenze giurisdizionali tra Giudice Tutelare e Tribunale in composizione collegiale, limitando fortemente le ultime, e dall’altro lato introduce una competenza concorrente del Notaio.

  1. Abrogazione dell’art. 375 del codice civile

Con riferimento al primo ambito, con l’abrogazione dell’art. 375 del codice civile (e la conseguente modifica dell’art. 376 del codice civile in tema di reimpiego) il legislatore si pone come obiettivo principale quello di rafforzare notevolmente il ruolo del Giudice Tutelare, definendolo come il vero e proprio “dominus” della volontaria giurisdizione, attribuendogli competenze prima riservate al Tribunale in composizione collegiale.

Con l’abrogazione dell’art. 375 del codice civile, infatti, si elimina la competenza del Tribunale in composizione collegiale – che, come detto, sopravvive esclusivamente per autorizzare la continuazione dell’impresa commerciale – e si attribuisce al Giudice Tutelare la competenza ad autorizzare tutti gli atti del minore sotto tutela o dell’interdetto.

 

  1. Il sistema del doppio binario previsto dall’art. 21 del Lgs. n. 149/2022

Per la prima volta, introducendo una competenza concorrente, si fa strada il concetto del “sistema a doppio binario di competenze” che rimette alle parti interessate la possibilità di scegliere se presentare la richiesta di autorizzazione all’autorità giudiziaria oppure al Notaio rogante.

A decorrere dal 28 febbraio 2023 e con riferimento ai procedimenti instaurati successivamente a tale data (così come previsto dall’art. 1, comma 380, della Legge di Bilancio 2023 n. 197/2022 che ha sostituito il precedente articolo 35 del D.lgs 149/2022, anticipandone l’efficacia) le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal Notaio rogante (art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 149/2022).  

Tale richiesta, come si evince dal tenore letterale della norma, deve essere presentata necessariamente in forma scritta personalmente dai legali rappresentanti del soggetto incapace o da un loro rappresentante legale.

Il Notaio a cui rivolgere la richiesta non può essere un qualsiasi Notaio ma deve essere il Notaio rogante cioè il Notaio incaricato di stipulare l’atto pubblico (o la scrittura privata autenticata) cui inerisce l’autorizzazione, comportando come conseguenza che l’autorizzazione rilasciata dal Notaio incaricato alla stipula dell’atto non potrà essere utilizzata da un altro Notaio mentre sarà utilizzabile dal coadiutore del Notaio autorizzante.

Nulla si dice in riferimento alla competenza territoriale e pertanto, dato il silenzio della norma sul punto, si ritiene che la competenza ad emettere l’autorizzazione sia di un qualsiasi Notaio della Repubblica Italiana, senza alcuna limitazione territoriale e senza che la sede del Notaio debba in qualche modo essere collegata al domicilio del minore o dell’incapace.

Pone qualche problema interpretativo la lettura del comma 3 dell’art. 21 che stabilisce che “ove per effetto della stipula dell’atto debba essere riscosso un corrispettivo nell’interesse del minore o di un soggetto sottoposto a misura di protezione, il Notaio, nell’atto di autorizzazione, determina le cautele necessarie per il reimpiego del medesimo”.

Ci si chiede, quindi, se in tema di “reimpiego” il Notaio è tenuto ad indicare in modo analitico le modalità di reimpiego oppure è tenuto solo ad adottare le cautele necessarie imponendo al legale rappresentante l’obbligo di versare il corrispettivo su un conto corrente intestato all’incapace.

Secondo una tesi estensiva il Notaio può, non solo autorizzare la riscossione del capitale ma, trovando applicazione analogica le prescrizioni dell’art 372 del codice civile, anche stabilirne i termini del reimpiego basandosi su determinati canoni prudenziali.  

Secondo una diversa e più restrittiva tesi, invece, esula dalle attribuzioni del Notaio disporre il reimpiego delle somme incassate, dovendo il medesimo solo evitare di lasciare quelle somme nella disponibilità delle parti, magari disponendo eventualmente il deposito su un conto gravato da “vincolo” di indisponibilità.

Il Notaio, nell’esercizio di questa “nuova” funzione di Giudice Tutelare, ha poteri latamente istruttori che si articolano nella possibilità di sentire senza formalità parenti ed affini, e, in caso di beni ereditari, anche i legatari o di farsi assistere da consulenti anche nell’ottica di fornire un’adeguata motivazione al provvedimento.

L’autorizzazione rilasciata dal Notaio è un atto formalmente giurisdizionale, perché proviene da un organo inquadrato nell’amministrazione della giustizia, ma sostanzialmente amministrativo, perché preordinato alla tutela di interessi privati, alla cui soddisfazione è collegato un interesse pubblico. Essa, per il principio della libertà di forme, non deve essere contenuta in atto pubblico e di conseguenza non deve osservare le norme della legge notarile.

Ci sono opinioni discordanti in tema di annotazione a repertorio e messa a raccolta.

Secondo un primo orientamento, che basa la sua riflessione sulle norme in materia di certificato successorio, non vi è ragione per escludere che il provvedimento autorizzativo emesso dal Notaio sia soggetto all’obbligo di annotazione a repertorio e messa a raccolta, precisando tra l’altro, che l’onorario repertoriale deve essere quello stabilito dall’art. 6, comma 1, lett. d) n. 14 del Decreto Ministeriale n. 265/2012.

Altri autori, invece, basandosi sul concetto che il provvedimento autorizzativo non è un atto notarile e non deve rispettare le regole notarili, sostengono che non debba essere iscritto a repertorio ed è esente da registrazione, dal pagamento del contributo unificato e dall’imposta di bollo. Su tale aspetto occorre che venga fatta chiarezza.

Alla Cancelleria del Tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale ed al pubblico ministero presso il medesimo tribunale, dovrà essere trasmesso il provvedimento autorizzativo in modo tale da consentire l’assolvimento delle formalità pubblicitarie, consentire la modifica o la revoca da parte del Giudice Tutelare, come meglio infra specificato, e consentire il reclamo delle parti o del pubblico ministero.

Oltre al provvedimento autorizzativo rilasciato dal Notaio, deve essere depositato anche ogni documento acquisito al fine di creare il cd “fascicolo processuale”, in modo tale da dare la possibilità, in caso di reclamo, al Pubblico Ministero ed al Giudice di avere evidenza dei documenti e comprendere la ratio della decisione.

La modalità di comunicazione non è stata indicata ma si ritiene che debba essere uno strumento (probabilmente la posta elettronica certificata) che consenta l’attribuzione di data certa da cui possano decorrere i termini per proporre il reclamo.

Le autorizzazioni acquistano efficacia decorsi venti giorni dalle notificazioni e comunicazioni previste dalla norma, senza che sia stato proposto reclamo entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto o comunque dalla sua notifica (art. 21 comma 6 D.Lgs. n. 149/2022), comportando quindi da un lato, l’impossibilità per il Notaio di attribuire provvisoria esecuzione al provvedimento autorizzativo e dall’altro il fatto che il reclamo abbia un effetto sospensivo dell’esecutorietà del provvedimento.

In altri termini, quindi, l’autorizzazione rilasciata dal Notaio, essendo una fattispecie a formazione progressiva, acquista efficacia solo a condizione che non sia impugnata e che siano decorsi venti giorni dalle comunicazioni che il Notaio è tenuto a fare o che, qualora sia stata impugnata, ci sia stato un rigetto del reclamo.

Il Giudice Tutelare può in ogni tempo modificare o revocare tali autorizzazioni, fermo restando che restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca delle autorizzazioni da parte del Giudice Tutelare.

Nel caso in cui il Notaio ritenga mancanti i presupposti per l’autorizzazione e quindi non la rilasci, egli deve comunque emanare un provvedimento negativo che deve essere comunicato alla Cancelleria ed al Pubblico Ministero in modo tale da consentire la possibilità per le parti interessate o per il Pubblico Ministero di fare reclamo. È tuttavia fortemente probabile che le parti, in caso di diniego di autorizzazione, si orientino per proporre una nuova istanza ad un altro Notaio o direttamente all’Autorità Giudiziaria, creando un meccanismo che potrebbe a tratti diventare pericoloso e che andrebbe in qualche modo disciplinato.  

  1. Conclusioni

Lo stravolgimento delle competenze in materia di autorizzazioni in tema di volontaria giurisdizione incide notevolmente sul ruolo e sulle funzioni del Notaio al quale sono state attribuite competenze che necessitano di una sensibilità che esula in parte dalle sue abituali competenze e che riguardano soggetti considerati “deboli” e pertanto meritevoli di una particolare tutela.

In quest’ottica e nell’ottica di garantire una corretta esecuzione di questo nuovo ruolo, occorrerà che venga fatta chiarezza sugli aspetti pratici legati a questo tipo di attività notarile di cui il legislatore non si ancora è occupato.

Veronica Ferraro, Notaio in Torino.

 

Dottoresse e dottori di studio – a cura Dott. Michele D’Agnolo

In molti studi Notarili si riscontra la presenza di figure intermedie tra i membri dello staff e i Notai.

Si tratta per lo più di laureati in giurisprudenza, più raramente in materie economiche o scienza dell’amministrazione, che fungono da “ufficiali di collegamento” tra i professionisti e i dipendenti dello studio.

Di solito, oltre a rimanere incaricati in prima persona della stesura delle minute degli atti più complessi e dell’esecuzione delle ricerche informatiche e bibliografico documentali ad essi propedeutiche, i giuristi di studio hanno quasi sempre una funzione di “tribunale di prima istanza” di problem solving tecnico-giuridico, costituendo così un potente filtro per il Notaio. Un’efficace dottoressa o dottore di studio libera molto tempo ed energie al Notaio, assorbendo e gestendo non solo i dubbi di natura tecnica e contribuendo alla formazione e all’aggiornamento continuo degli assistenti notarili ma andando spesso a sciogliere anche eventuali tensioni e malumori dello staff che nell’incedere del lavoro possono maturare nei confronti del cliente o delle altre figure quali banche, commercialisti, tecnici, agenti immobiliari, funzionari pubblici coinvolte a vario titolo nella definizione di un atto notarile.

In alcuni casi, ma non sempre, queste figure ricoprono anche ufficialmente compiti manageriali fungendo da vero e proprio centro di coordinamento e monitoraggio per la struttura organizzativa, tenendo sotto controllo le principali scadenze nei confronti dei clienti e dei pubblici uffici e verificando i carichi di lavoro. Utilizzando un linguaggio tipico dell’economia aziendale, si direbbe con un ruolo da responsabili di produzione. Tradizionalmente però l’office manager è ancor oggi quasi sempre un’assistente notarile di particolare esperienza.

La figura del dottore di studio non si presta ad essere inquadrata facilmente neanche dal punto di vista giuslavoristico, tant’è vero che a volte lavora a partita iva e un tempo, finché la normativa lo permetteva, anche in collaborazione coordinata e continuativa.

Il motivo che spinge il dottore o la dottoressa di turno a frequentare lo studio può essere variegato. A volte si tratta di praticanti notai ancora in attesa di concorso oppure di aspiranti in perenne attesa degli annosi risultati di Concorso.

Altre volte si tratta invece di aspiranti Notai che non hanno superato, per i più vari motivi, il Concorso Notarile e che magari non possono o non intendono più parteciparvi.

Non di rado sono profili già abilitati alla professione forense o a quella di commercialista.

Le dottoresse e i dottori di studio svolgono quindi una funzione fondamentale all’interno dello studio notarile, anche se la loro importanza sta progressivamente diminuendo a motivo della sempre più frequente presenza di assistenti laureati e alla sempre maggiore presenza di giovani Notai quali associati junior o collaboratori negli studi già avviati.

Per i Notai titolari di studio risulta non sempre agevole gestire questi soggetti che presentano dei profili molto peculiari.

Innanzitutto non è agevole organizzare il rapporto di lavoro perché i giuristi di studio che sono praticanti hanno sovente bisogno di tempo per studiare. Soprattutto nell’imminenza dei concorsi i candidati chiedono di stare assenti anche per lunghi periodi di tempo o comunque anche se sono presenti “non ci sono con la testa” perché pensano al concorso.

Neppure è agevole gestire il periodo di limbo post-concorso perché laddove l’esito sia positivo, è tutt’altro che scontato che la neo-collega sia disponibile a rimanere all’interno dello studio in veste di collaboratore o associato junior.

Infatti è psicologicamente molto difficile per un giovane che sia stato assistente notarile di uno studio cambiare ruolo rimanendo nella stessa struttura. Si rischia infatti che il nuovo ruolo venga preso sotto gamba dal resto dello staff, che può vivere l’evoluzione carrierale del praticante notaio come una sorta di “tradimento” da parte dell’ambizioso/a collega.

Ancora meno agevole gestire eventuali malaugurati insuccessi al Concorso, anche solo momentanei, in quanto hanno solitamente un effetto negativo in termini di motivazione e spingono il candidato a trascurare ancora maggiormente l’attività pratica per incrementare l’investimento formativo necessario a superare lo scoglio concorsuale.

Anche l’inserimento di giovani Notai in studi dove vi sono già stabilmente uno o più giuristi di studio può indurre dinamiche di tipo competitivo.

Dottoresse e dottori di studio hanno generamente un comportamento più simile a quello di altri professionisti che non a quello della generalità dei dipendenti e quindi risultano molto sensibili al feedback che ricevono dal proprio “dominus”. Sia per frequenza che per qualità. Quindi se il Notaio desidera fidelizzare e motivare al massimo queste figure deve dimostrare di dedicare loro un tempo ed un attenzione particolare, più intensa di quella che dedica agli altri collaboratori. I dottori di studio hanno particolarmente bisogno di avere una “corsia preferenziale” per poter dialogare con il Notaio e misurano la loro importanza e il loro successo sulla base dell’attenzione che il Notaio dedica loro. Questi giuristi possono inoltre beneficiare enormemente del feedback di rinforzo, cioè di quelle lodi, meglio se pubbliche, di cui soprattutto i Notai della vecchia generazione sembrano particolarmente parchi. Tanto severi con sé stessi che con i collaboratori. Da somministrare invece al giurista di studio con estrema diplomazia ogni rimprovero, giacché potrebbe essere vissuto come un’offesa personale o come un accanimento terapeutico su una persona che magari già si autoflagella a sufficienza per l’errore commesso.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network