La portata innovativa della riforma della volontaria giurisdizione da parte del legislatore è di notevole interesse.

Tale riforma agisce su due diversi ambiti: da un lato ridefinisce le competenze giurisdizionali tra Giudice Tutelare e Tribunale in composizione collegiale, limitando fortemente le ultime, e dall’altro lato introduce una competenza concorrente del Notaio.

  1. Abrogazione dell’art. 375 del codice civile

Con riferimento al primo ambito, con l’abrogazione dell’art. 375 del codice civile (e la conseguente modifica dell’art. 376 del codice civile in tema di reimpiego) il legislatore si pone come obiettivo principale quello di rafforzare notevolmente il ruolo del Giudice Tutelare, definendolo come il vero e proprio “dominus” della volontaria giurisdizione, attribuendogli competenze prima riservate al Tribunale in composizione collegiale.

Con l’abrogazione dell’art. 375 del codice civile, infatti, si elimina la competenza del Tribunale in composizione collegiale – che, come detto, sopravvive esclusivamente per autorizzare la continuazione dell’impresa commerciale – e si attribuisce al Giudice Tutelare la competenza ad autorizzare tutti gli atti del minore sotto tutela o dell’interdetto.

 

  1. Il sistema del doppio binario previsto dall’art. 21 del Lgs. n. 149/2022

Per la prima volta, introducendo una competenza concorrente, si fa strada il concetto del “sistema a doppio binario di competenze” che rimette alle parti interessate la possibilità di scegliere se presentare la richiesta di autorizzazione all’autorità giudiziaria oppure al Notaio rogante.

A decorrere dal 28 febbraio 2023 e con riferimento ai procedimenti instaurati successivamente a tale data (così come previsto dall’art. 1, comma 380, della Legge di Bilancio 2023 n. 197/2022 che ha sostituito il precedente articolo 35 del D.lgs 149/2022, anticipandone l’efficacia) le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e scritture private autenticate nei quali interviene un minore, un interdetto, un inabilitato o un soggetto beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno, ovvero aventi ad oggetto beni ereditari, possono essere rilasciate, previa richiesta scritta delle parti, personalmente o per il tramite di procuratore legale, dal Notaio rogante (art. 21, comma 1, del D.Lgs. n. 149/2022).  

Tale richiesta, come si evince dal tenore letterale della norma, deve essere presentata necessariamente in forma scritta personalmente dai legali rappresentanti del soggetto incapace o da un loro rappresentante legale.

Il Notaio a cui rivolgere la richiesta non può essere un qualsiasi Notaio ma deve essere il Notaio rogante cioè il Notaio incaricato di stipulare l’atto pubblico (o la scrittura privata autenticata) cui inerisce l’autorizzazione, comportando come conseguenza che l’autorizzazione rilasciata dal Notaio incaricato alla stipula dell’atto non potrà essere utilizzata da un altro Notaio mentre sarà utilizzabile dal coadiutore del Notaio autorizzante.

Nulla si dice in riferimento alla competenza territoriale e pertanto, dato il silenzio della norma sul punto, si ritiene che la competenza ad emettere l’autorizzazione sia di un qualsiasi Notaio della Repubblica Italiana, senza alcuna limitazione territoriale e senza che la sede del Notaio debba in qualche modo essere collegata al domicilio del minore o dell’incapace.

Pone qualche problema interpretativo la lettura del comma 3 dell’art. 21 che stabilisce che “ove per effetto della stipula dell’atto debba essere riscosso un corrispettivo nell’interesse del minore o di un soggetto sottoposto a misura di protezione, il Notaio, nell’atto di autorizzazione, determina le cautele necessarie per il reimpiego del medesimo”.

Ci si chiede, quindi, se in tema di “reimpiego” il Notaio è tenuto ad indicare in modo analitico le modalità di reimpiego oppure è tenuto solo ad adottare le cautele necessarie imponendo al legale rappresentante l’obbligo di versare il corrispettivo su un conto corrente intestato all’incapace.

Secondo una tesi estensiva il Notaio può, non solo autorizzare la riscossione del capitale ma, trovando applicazione analogica le prescrizioni dell’art 372 del codice civile, anche stabilirne i termini del reimpiego basandosi su determinati canoni prudenziali.  

Secondo una diversa e più restrittiva tesi, invece, esula dalle attribuzioni del Notaio disporre il reimpiego delle somme incassate, dovendo il medesimo solo evitare di lasciare quelle somme nella disponibilità delle parti, magari disponendo eventualmente il deposito su un conto gravato da “vincolo” di indisponibilità.

Il Notaio, nell’esercizio di questa “nuova” funzione di Giudice Tutelare, ha poteri latamente istruttori che si articolano nella possibilità di sentire senza formalità parenti ed affini, e, in caso di beni ereditari, anche i legatari o di farsi assistere da consulenti anche nell’ottica di fornire un’adeguata motivazione al provvedimento.

L’autorizzazione rilasciata dal Notaio è un atto formalmente giurisdizionale, perché proviene da un organo inquadrato nell’amministrazione della giustizia, ma sostanzialmente amministrativo, perché preordinato alla tutela di interessi privati, alla cui soddisfazione è collegato un interesse pubblico. Essa, per il principio della libertà di forme, non deve essere contenuta in atto pubblico e di conseguenza non deve osservare le norme della legge notarile.

Ci sono opinioni discordanti in tema di annotazione a repertorio e messa a raccolta.

Secondo un primo orientamento, che basa la sua riflessione sulle norme in materia di certificato successorio, non vi è ragione per escludere che il provvedimento autorizzativo emesso dal Notaio sia soggetto all’obbligo di annotazione a repertorio e messa a raccolta, precisando tra l’altro, che l’onorario repertoriale deve essere quello stabilito dall’art. 6, comma 1, lett. d) n. 14 del Decreto Ministeriale n. 265/2012.

Altri autori, invece, basandosi sul concetto che il provvedimento autorizzativo non è un atto notarile e non deve rispettare le regole notarili, sostengono che non debba essere iscritto a repertorio ed è esente da registrazione, dal pagamento del contributo unificato e dall’imposta di bollo. Su tale aspetto occorre che venga fatta chiarezza.

Alla Cancelleria del Tribunale che sarebbe stato competente al rilascio della corrispondente autorizzazione giudiziale ed al pubblico ministero presso il medesimo tribunale, dovrà essere trasmesso il provvedimento autorizzativo in modo tale da consentire l’assolvimento delle formalità pubblicitarie, consentire la modifica o la revoca da parte del Giudice Tutelare, come meglio infra specificato, e consentire il reclamo delle parti o del pubblico ministero.

Oltre al provvedimento autorizzativo rilasciato dal Notaio, deve essere depositato anche ogni documento acquisito al fine di creare il cd “fascicolo processuale”, in modo tale da dare la possibilità, in caso di reclamo, al Pubblico Ministero ed al Giudice di avere evidenza dei documenti e comprendere la ratio della decisione.

La modalità di comunicazione non è stata indicata ma si ritiene che debba essere uno strumento (probabilmente la posta elettronica certificata) che consenta l’attribuzione di data certa da cui possano decorrere i termini per proporre il reclamo.

Le autorizzazioni acquistano efficacia decorsi venti giorni dalle notificazioni e comunicazioni previste dalla norma, senza che sia stato proposto reclamo entro dieci giorni dalla comunicazione del decreto o comunque dalla sua notifica (art. 21 comma 6 D.Lgs. n. 149/2022), comportando quindi da un lato, l’impossibilità per il Notaio di attribuire provvisoria esecuzione al provvedimento autorizzativo e dall’altro il fatto che il reclamo abbia un effetto sospensivo dell’esecutorietà del provvedimento.

In altri termini, quindi, l’autorizzazione rilasciata dal Notaio, essendo una fattispecie a formazione progressiva, acquista efficacia solo a condizione che non sia impugnata e che siano decorsi venti giorni dalle comunicazioni che il Notaio è tenuto a fare o che, qualora sia stata impugnata, ci sia stato un rigetto del reclamo.

Il Giudice Tutelare può in ogni tempo modificare o revocare tali autorizzazioni, fermo restando che restano salvi i diritti acquistati in buona fede dai terzi in forza di convenzioni anteriori alla modificazione o alla revoca delle autorizzazioni da parte del Giudice Tutelare.

Nel caso in cui il Notaio ritenga mancanti i presupposti per l’autorizzazione e quindi non la rilasci, egli deve comunque emanare un provvedimento negativo che deve essere comunicato alla Cancelleria ed al Pubblico Ministero in modo tale da consentire la possibilità per le parti interessate o per il Pubblico Ministero di fare reclamo. È tuttavia fortemente probabile che le parti, in caso di diniego di autorizzazione, si orientino per proporre una nuova istanza ad un altro Notaio o direttamente all’Autorità Giudiziaria, creando un meccanismo che potrebbe a tratti diventare pericoloso e che andrebbe in qualche modo disciplinato.  

  1. Conclusioni

Lo stravolgimento delle competenze in materia di autorizzazioni in tema di volontaria giurisdizione incide notevolmente sul ruolo e sulle funzioni del Notaio al quale sono state attribuite competenze che necessitano di una sensibilità che esula in parte dalle sue abituali competenze e che riguardano soggetti considerati “deboli” e pertanto meritevoli di una particolare tutela.

In quest’ottica e nell’ottica di garantire una corretta esecuzione di questo nuovo ruolo, occorrerà che venga fatta chiarezza sugli aspetti pratici legati a questo tipo di attività notarile di cui il legislatore non si ancora è occupato.

Veronica Ferraro, Notaio in Torino.

 

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