Conosci davvero il tuo studio? Prova a compilare la matrice SWOT – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Ci sono delle fasi dell’anno (gennaio o settembre, tipicamente) in cui, dopo un periodo di meritato risposo, si ricomincia a lavorare pieni di buone intenzioni, che comprendono anche  l’intenzione di incidere un po’ di più sulla struttura dello studio, per mantenerla allineata ai propri obiettivi.

Siccome l’estate è alle porte e settembre è il nuovo gennaio, potreste mettervi fin da adesso nella agenda di agosto, un breve e utile esercizio: quello di provare ad elencare i punti di forza, i punti di debolezza dello studio e di cercare di focalizzare la vostra attenzione sulle minacce e sulle opportunità del mercato. Lo scopo è quello di derivare indicazioni utili per sviluppare le strategie future dello studio. Per stabilire cosa sarà meglio fare per rimanere prosperare sul mercato.

Tecnicamente si chiama Swot analysis ed è uno strumento di pianificazione strategica usato analizzare con consapevolezza l’ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno (analizzando minacce ed opportunità).

Formalmente è molto facile: basta prendere un foglio A4, dividerlo in quattro quadranti e ottenere quella che  potremo più pomposamente chiamare matrice SWOT

Andremo ad elencare i fattori interni (gli aspetti sui quali lo studio ha potere di controllo), sia negativi che positivi rispetto alle attese o agli obiettivi dello studio. Ad esempio, in studio ho la cintura nera degli atti societari ma anche un’area successione non coperta per effetto del pensionamento anticipato dell’addetta storica.  Proseguiremo con l’elencazione dei fattori esterni reali o potenziali, su cui lo studio invece non ha nessun controllo, anch’essi in espressi in chiave positiva (la tecnologia insieme alla normativa offrono l’opportunità dell’atto notarile a distanza ) che negativa (la  normativa che assegna un adempimento ad altri professionisti oltre al notaio)

La matrice può essere utilmente sviluppata insieme ai propri associati e collaboratori, il che aiuterà  a capire meglio quanto simili o distanti sono le visioni di ciascuno e forse a evidenziare punti di debolezza o di debolezza sovra o sotto stimati.

Una volta raccolti i dati, i occorre formulare una strategia, ancorata ad un obiettivo specifico (ad esempio, aumentare il fatturato del 10% nel 2024), rispondendo alle  seguenti domande:

  1. Come possiamo valorizzare le nostre forze?
  2. Come possiamo mitigare le nostre debolezza?
  3. Come possiamo sfruttare e le opportunità dell’ambiente esterno?
  4. Come possiamo ridurre ciascuna delle minacce?.

L’analisi SWOT andrà utilmente ripetuta periodicamente. Vedrete che sarà interessante e stimolante confrontare le matrici dei vari anni, per osservare come nel tempo cambino le circostanze interne ed esterne e  come lo studio riesca di volta in volta ad interpretare e agire il cambiamento necessario a rimanere efficacemente sul mercato.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

L’arte di raccogliere i documenti per la stipula – a cura Dott. Michele D’Agnolo

L’operativita degli studi notarili è fortemente digitalizzata. Ormai, il software supporta sostanzialmente l’intero ciclo di “produzione” dell’atto notarile.

Per primi sono nati gli strumenti di word processing, ed hanno reso più veloce e precisa la stesura e la correzione delle minute degli atti. Questi strumenti sono divenuti ormai molto sofisticati e consentono sia il riversamento delle informazioni esterne all’interno del testo degli atti che l’utilizzo di schemi preimpostati per le clausole maggiormente utilizzate. In una fase successiva, in concomitanza con l’informatizzazione della procedura di registrazione degli atti presso l’Agenzia delle Entrate e dell’aggiornamento dei Registri Immobiliari, sono nati gli strumenti elettronici utili per estrarre i dati ed elaborare gli adempimenti successivi alla stipula come il Modello Unico Notarile. La presenza di molti atti scansionati o digitali fin dall’origine e lo sviluppo della posta elettronica come strumento di dialogo con clienti e intermediari hanno portato alla messa a punto di archivi digitali completi per le varie pratiche, destinati progressivamente a ridurre la carta conservata negli studi notarili, fino alla sua completa eliminazione. Dopo l’ufficio senza carta, di recente abbiamo riscontrato interventi volti ad informatizzare il rapporto con i clienti. In particolare, sono in uso da qualche tempo delle repository che consentono allo studio notarile di mettere a disposizione dei clienti le copie digitali degli atti stipulati e altra documentazione di loro pertinenza quali copie di documenti, fatture, ricevute di espletamento delle varie formalità, ecc…

Ogni cliente che abbia un minimo di dimestichezza con le basi dell’informatica può facilmente accedere al suo piccolo archivio remoto, in qualsiasi momento, accreditandosi con la sua user name e una password di sicurezza. Questa modalità di interagire con lo studio è molto performante perché fidelizza il cliente e riduce gli ingaggi inutili, liberando tempo prezioso al personale di contatto. Naturalmente, lo studio notarile potrà sempre mantenere modalità di consegna dei documenti diverse per quei clienti, a dire il vero sempre meno numerosi, che non sono a loro agio con l’informatica.

Un aspetto innovativo, che invece non era stato ancora oggetto dell’attenzione dei tecnici informatici è quello legato alla raccolta della documentazione propedeutica e, più in generale, delle informazioni esterne necessarie allo studio per poter elaborare l’atto richiesto.

La raccolta e l’assiemaggio delle informazioni e dei dati sono una delle attività più rilevanti e più dispendiose in termini di tempo all’interno di uno studio notarile. L’istruttoria rappresenta anche l’attività più evidente, quella in cui il cliente interagisce maggiormente con lo studio e rispetto alla quale il cliente misura la sua esperienza di consumatore.

Peraltro, la funzione di gatekeeper propria dell’Ufficio notarile costringe talvolta lo studio a fare da barriera all’ingresso e a rinviare o bloccare la stipula allorquando manchino documenti o informazioni rilevanti o queste appaiano incongruenti.

Non è nemmeno il caso di ricordare che il ruolo del Notaio è proprio quello di indagare la volonta delle parti e di verificare la conformità a legge dell’atto stipulato.

Un cliente che non dischiuda tutte le informazioni in suo possesso rischia di ottenere un atto non confacente alla propria volontà com conseguente responsabilità del notaio. Si parla in questi casi di “doppio azzardo morale”.

Anche laddove uno studio notarile investa fortemente nell’educazione dei clienti, la raccolta della documentazione è quasi sempre un processo iterativo, che non avviene in un unica soluzione ma “in comode rate”. In altre parole si procede a puntate, per approssimazioni successive, con frequenti e repentini stop and go che rendono estremamente frammentato e inefficiente il processo lavorativo. Ed è proprio questa sorta di botta e risposta, di “conversazione” che lo studio notarile intrattiene con la situazione delle parti e dell’oggetto del contratto che oggi comporta costi rilevanti e rischi di errori e di incomprensioni. In particolare, il cliente privato spesso incolpevolmente ignora la funzione notarile e non è consapevole del suo ruolo di impulso nel reperimento della documentazione. Non sa che talvolta lo studio è impossibilitato a reperire le informazioni in sua guisa mentre in altri frangenti lo può fare ma solo aumentando considerevolmente tempi e costi dell’atto da stipulare. Tra l’altro buona parte dei documenti necessari non sono nemmeno nel possesso del cliente, di solito parte acquirente, ma della controparte venditrice, ancora meno coinvolta nel rapporto con lo studio notarile. E sovente ci si mette di mezzo l’agenzia immobiliare che non rinuncia alla sua prerogativa di intermediario nemmeno nel passaggio dei documenti, moltiplicando i passaggi, i tempi e i rischi come nel vecchio gioco del telefono senza fili.

Spesso si sottovaluta inoltre la fatica degli addetti ad immedesimarsi in una pratica. Per rientrare in una pratica dopo una qualsiasi interruzione, alcune ricerche stimano che sono necessari ogni volta anche una decina di minuti per ritrovare la necessaria concentrazione. Non è un caso che rimane il sogno di ogni Assistente notarile quello della pratica perfetta, cioé di poter iniziare e completare una pratica da cima a fondo senza essere interrotto per la mancanza di documenti o dati utili alla stipula.

Certo, anche in caso di un processo di selezione e raccolta dei documenti di origine esterna reso completamente efficace, rimarranno nella fase di stesura alcune potenziali “onerosità sopravvenute” dovute di solito alla rilevazione di disallineamenti nelle ispezioni immobiliari. In ogni caso, i sistemi digitali proposti consentono di razionalizzare e velocizzare molti passaggi facendo svolgere alla macchina il lavoro di botta e risposta.

Adottare un sistema informatizzato di contatto con la clientela consente di anticipare al cliente la richiesta di tutti e soli i documenti necessari, potendo svolgere a basso costo anche l’educazione del cliente mediante ricorso a video o brochure esplicative. Consente di ridurre le telefonate e i contatti sterili, agevola la raccolta ordinata di più versioni successive degli stessi documenti, senza bisogno di scaricarli dalle mail.

L’addetto può a colpo d’occhio avere contezza di quanti atti possono essere passati alla fase di stesura e quanti sono invece in lista attesa e per quale motivazione. L’assistente notarile può così selezionare le informazioni rilevanti e informare il cliente dello stato di avanzamento nell’elaborazione della pratica.

Un sistema del genere riduce i tempi di attraversamento del processo, in altre parole permette di perseguire un obiettivo tanto desiderato dalla clientela, cioè velocizzare la fissazione delle stipule. Inoltre, rende possibile stabilire in modo più equo i carichi di lavoro in quanto raccoglie informazioni sulla dinamica dei singoli atti.  

Il sistema si rivela molto utile anche per interagire al meglio con soggetti collettori di una pluralità di atti quali agenzie immobiliari, commercialisti o banche. Si minimizzano i rimbalzi di più versioni degli stessi documenti in quanto le varie versioni sono archiviate nello stesso luogo.

Solo in caso di un target di clientela particolarmente tradizionale o senior potremmo riscontrare delle controindicazioni ad un immediato utilizzo di queste soluzioni, nel qual caso potrà essere utile implementare il nuovo metodo con una certa gradualità e mantenere parallelamente attive anche modalità tradizionali.   

Ben venga quindi il software di gestione del rapporto col cliente anche nella fase di istruttoria documentale, che appare davvero vantaggioso per tutti gli stakeholders, i principali portatori di interessi dello studio notarile. Clienti, Assistenti e Notaio.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

Brevi note sulla fiscalità della SCISSIONE MEDIANTE SCORPORO – a cura Notaio Roberto Santarpia

In data 22 marzo 2023 con il decreto legislativo 19/2023, in funzione della ricezione della direttiva 2019/2121, è stato introdotto nel nostro codice civile l’articolo 2506.1 relativo alla scissione mediante scorporo.

In passato si è sostenuto in primis che non è scissione lo scorporo, operazione in cui la partecipazione nella nuova società costituita ad hoc è attribuita alla società scorporante invece che ai soci di essa, e questa operazione veniva negata in funzione della tesi che la società non potesse costituirsi con atto unilaterale, situazione venutasi a mutare dopo il 1993 per cui ciò permetterebbero di ribaltare la precedente negativa opinione.

Il nuovo articolo 2506.1 la delinea come l’operazione mediante la quale una società assegna parte del suo patrimonio a una o più beneficiarie di nuova costituzione e a sé stessa le relative partecipazioni. Le azioni o quote vengono date alla scissa medesima e non già ai soci della scissa (elemento caratteristico della scissione).

Potrebbe generarsi quindi il dubbio che lo scorporo possa non rientrare nell’ambito della figura giuridica della scissione -con evidenti ricadute in ambito fiscale- anche in considerazione del fatto che è del tutto sussumibile (l’operazione siffatta) ad un conferimento di un singolo cespite immobiliare o di partecipazioni azionarie o sociali in genere e quindi in generale “trasferendo” anche solo attività o passività e non necessariamente una azienda.

 

 Ma il dubbio è presto fugato rilevando che la rubrica dell’articolo 2506.1 c.c. reca “Scissione mediante scorporo” ed anche in Germania, lo scorporo – Ausgliederung – ha ricevuto espressa disciplina come sottospecie di scissione e come si legge nell’art. 51 del D.lgs. num. 19/2023 ove: “la scissione mediante scorporo non deve avere necessariamente ad oggetto un’azienda ma anche solo attività o passività con il solo limite che non potrà determinare una scissione totale”.

 

In alternativa allo scorporo nel caso in cui si volesse trasferire singolo bene a una società preesistente, potrei operare lo scorporo in una new-co e a seguire incorporazione di questa in società preesistente, ma attenzione ai possibili profili di elusione fiscale perché l’operazione potrebbe essere configurata dalla Agenzia delle Entrate come conferimento di bene in società preesistente, non essendoci altre valide motivazioni extrafiscali alla operazione effettuata con scorporo e poi fusione per incorporazione.

Ora quindi assodato che lo scorporo rientra nell’ambito dell’istituto della scissione e che questo ultimo si profila come strumento alternativo al conferimento, la disciplina fiscale dello scorporo è naturalmente molto più favorevole di quella del conferimento in società: si pensi al conferimento di singolo bene o di partecipazioni -al di fuori delle condizioni indicate nell’articolo 177 secondo comma del Tuir- ove la tassazione è equiparata a quella della vendita ai sensi dell’articolo nove del Tuir. 

Ora però il dubbio che l’Agenzia delle Entrate possa far rientrare anche lo scorporo nel medesimo ambito di tassazione del conferimento, è fugato in modo solare per il fatto che l’articolo 10 bis della legge 212 del 2000 consente, sancendo che non si tratta di abuso del diritto, la scelta tra regimi fiscali diversi tra quelli contemplati nell’ordinamento. Quindi il fatto che con la recentissima legge lo scorporo sia stato introdotto nell’ordinamento nell’ambito della scissione fa sì che tutta la normativa fiscale inerente la neutralità dell’operazione di scissione possa essere applicata allo scorporo anche se poi il risultato pratico sia sussumibile a quello del conferimento.

In altri termini se non fosse esistita questa norma (art. 2506. 1 cod. civ.) il dubbio che un’operazione identica operata attraverso la scissione ordinaria, fosse elusiva fiscalmente era estremamente fondato.

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.

CONTRATTO DI MANTENIMENTO – a cura Notaio Vincenzo Spadola

Con il contratto di mantenimento una parte trasferisce un bene mobile o immobile o un capitale ad altra parte che si obbliga alla corresponsione, vitalizia, di cura e mantenimento.

       La cessione di beni in cambio di assistenza è formula antica, risalente fin dal medioevo, e si è tramandata fino ai nostri giorni anche negli ordinamenti europei a noi più vicini.

       In Francia il bail a nourriture è definito dalla Cour de Cassation come il contratto con cui una persona si impegna a provvedere a tutti i bisogni di un’altra finché questa sia in vita, dietro corrispettivo di una somma di denaro a scadenze stabilite o di un capitale mobiliare oppure immobiliare; in Svizzera il codice federale svizzero delle obbligazioni, articolo 521 e seguenti, disciplina il contrat d’entretien viager con cui una parte si obbliga a trasferire all’altra un patrimonio o beni determinati a fronte dell’impegno del mantenimento e dell’assistenza vitalizia.

       Il Codice Civile Italiano vigente, come quello del 1865, prevede la rendita vitalizia ma non il contratto di mantenimento, la figura però ricorre nelle sentenze dei giudici fin dalla seconda metà del 1800.

 

       Il mantenimento o vitalizio assistenziale è contratto atipico (Cassazione, Sezioni Unite, 18 agosto 1990 n. 8432), a prestazioni corrispettive e aleatorio.

       Elementi caratterizzanti sono:

a) l’obbligazione di assistenza che ha per oggetto prestazioni infungibili (a carattere materiale e/o personale e morale) eseguibili unicamente da un soggetto individuato per le sue qualità personali; pertanto il “credito” del mantenimento e dell’assistenza non può essere ceduto e il “debito” non è trasmissibile inter vivos né mortis causa (Cassazione 23/11/2017 n. 27014; 1/04/2004 n. 6395; 8/09/1998 n 8854); seppure a certe condizioni si ammette il patto diverso in termini di sostituzione dell’obbligato;

b) la doppia alea che presuppone l’incertezza circa la vita del beneficiario e l’incertezza legata alla mutevolezza delle prestazioni che non ne consentono una predeterminazione in misura certa;

c) la proporzionalità delle prestazioni: tra le due prestazioni vi deve essere un rischio gravante su entrambe le parti connesso alla durata della vita del beneficiario dell’assistenza.

       In particolare, al momento della conclusione del contratto devono sussistere un’obiettiva incertezza iniziale circa la durata di vita del beneficiario e la correlativa eguale incertezza in relazione al rapporto tra il valore complessivo delle prestazioni dovute e il valore del cespite ceduto in corrispettivo.

       In mancanza di tale incertezza, per la giurisprudenza il contratto di mantenimento è nullo per difetto di causa (Trib. Lucca, 15/05/2018 n. 795; Trib. Roma, 30/03/2018, n. 3713; Cassazione, 23/11/2016 n. 23895; 5/03/2015 n. 4533; 25/03/2013 n. 7479; 19/07/2011 n. 15848; 24/06/2009 n. 14796; Cassazione, Sezioni Unite 11/07/1994 n. 6532); e ciò anche nel caso in cui con un atto successivo al primo si cerchi di assicurare ex post la detta incertezza sul rapporto tra il valore delle prestazioni dovute e il valore del cespite ceduto (Cassazione 22/04/2016 n. 8209).

       L’alea si considera assente se al momento della stipula del contratto il beneficiario era gravemente malato ed era, quindi, probabile il suo decesso poco dopo tempo oppure era talmente anziano da avere probabilità di sopravvivenza molto limitate oltre un arco di tempo determinabile (Cassazione 28/09/2016 n. 19214; 14/06/2009 n. 14796; Tribunale Treviso, 16/07/2014).

       Se la mancanza di alea o di proporzione tra le prestazioni risulti evidente già al momento dell’accordo, il contratto si inquadrerebbe nella diversa fattispecie della donazione modale sempre che sussista l’intento liberale e sia stato stipulato per atto pubblico alla presenza di due testimoni (Cassazione 29/07/2016 n. 15904; 22/04/2016 n. 8209).

       Tuttavia, nulla impedirebbe all’autonomia privata di stipulare un contratto di mantenimento anche in quei casi in cui tale incertezza, seppure non del tutto assente, sia molto attenuata, mediante l’inserimento di pattuizioni che, da un lato, tengano conto della specifica condizione in cui si trova il beneficiario e, dall’altro, assicurino che l’eventuale in astratto sproporzione fra valore complessivo delle prestazioni assistenziali e valore del cespite ceduto sia accettata e condivisa (e non quindi risultato di abuso o approfittamento) e giustificata da ragioni e interessi che nel caso concreto siano comunque meritevoli di tutela.

       Le parti potrebbero ben stipulare un contratto di mantenimento non aleatorio, prevedendo che il debitore delle prestazioni di mantenimento eroghi, agli eredi del beneficiario, nel caso di morte di questi prima di un certo termine, una somma di denaro a titolo di indennizzo oppure, al contrario, che il beneficiario riduca, in base a parametri concordati con la controparte, alcune prestazioni qualora quest’ultimo viva oltre un certo numero di anni o il mutamento delle sue condizioni possa condurre all’aumento dell’onerosità delle prestazioni di assistenza.

      Parimenti le parti hanno la facoltà di stipulare un contratto di mantenimento condizionato o a termine o anche un contratto di mantenimento a favore di terzi (per esempio a protezione di soggetto incapace) o la cui durata sia commisurata alla vita di persona diversa del beneficiario stipulante che, secondo taluni, può essere anche un ente del terzo settore.

       Si ritiene possa stipularsi un mantenimento a titolo gratuito nonché un mantenimento di fonte testamentaria.

 

       Il contenuto del mantenimento deve essere adeguato alla condizione sociale del beneficiario e prescinde dallo stato di bisogno; usualmente vi si comprende:

 – assistenza personale, quale compagnia, visite periodiche, accompagnamento e trasporto nei luoghi indicati dalla parte beneficiaria o presso località determinate, ospitalità di parenti e amici (il caso deciso da Cass. civ., 11/11/1988 n. 6083);

 – prestazioni di carattere alimentare corrispondenti alle attuali abitudini di vita della stessa, con approvvigionamento quotidiano presso il relativo domicilio;

 – fornitura di ogni genere di vestiario necessario alla parte mantenuta, sempre in conformità alle attuali abitudini di vita della medesima, anche provvedendo ad accompagnare personalmente la parte mantenuta presso i negozi da quest’ultima indicati;

 – conservazione dell’abitazione utilizzata dalla parte mantenuta in condizioni di pulizia ed igiene costanti, anche a mezzo di propri incaricati;

 – assistenza medica necessaria, con espressa assunzione delle spese per le cure a domicilio o per il ricovero presso ospedali e case di cura;

 – in generale vitto, alloggio, assistenza morale e materiale, cure mediche, ogni altra prestazione atta a soddisfare i bisogni di vita del mantenuto.

       Le parti possono altresì prevedere che la prestazione di assistenza possa essere adempiuta da terza persona scelta di comune accordo (Cass. civ. 12/02/1998 n. 1503; 14/06/2012 n. 9764) o possa essere sostituita da altra prestazione al ricorrere di certe condizioni.

       Il contratto, se ha per oggetto il trasferimento di un diritto reale su immobili, dev’essere stipulato nella forma notarile ma non è richiesta la presenza dei testimoni (salvo quanto sopra detto per un’eventuale riqualificazione in termini di donazione).

       Il contenuto è quello proprio delle cessioni immobiliari, comprese le dichiarazioni in tema di conformità catastale, urbanistica e sicurezza degli impianti, certificazione energetica, rinunzia all’ipoteca legale, garanzie legali, trattamento fiscale, modalità di pagamento del corrispettivo (precisando che non vi sono modalità di pagamento in senso proprio da indicare, trattandosi di un corrispettivo diverso dal denaro) e di intermediazione.

       Stante la personalità delle prestazioni di assistenza, non si applicano le norme sulla prelazione legale.

      Ciascuna parte può intervenire anche a mezzo di procuratore speciale

      E’ possibile anche un preliminare di contratto di mantenimento seppure, stante la personalità delle prestazioni dell’obbligato all’assistenza, si esclude la possibilità, nel caso di inadempimento, di richiedere l’esecuzione in forma specifica.

       Se l’acquirente del bene è coniugato in comunione legale dei beni, si propende per la ricomprensione nella comunione legale ancorché uno solo dei coniugi abbia assunto l’obbligo di mantenimento.

       Nel contratto, al fine di disciplinare pattiziamente l’ipotesi dell’inadempimento, si può ricorrere a clausole che espressamente regolino la risoluzione per inadempimento o la diffida ad adempiere oppure si possono inserire  clausole risolutive espresse o una condizione risolutiva di mancato adempimento o ancora clausola penale, così come si ritiene possibile regolare la sostituzione delle prestazioni dovute nell’evenienza che l’obbligato premuoia oppure non sia in grado di assistere personalmente l’avente diritto.

 

       Quanto al trattamento fiscale occorre richiamare gli articoli 43 e 46 del Testo Unico dell’Imposta di Registro.

      L’articolo 43 dispone che “la base imponibile, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, è 

costituita: (…)

c) per i contratti che importano l’assunzione di una obbligazione di fare in corrispettivo della cessione di un bene o dell’assunzione di altra obbligazione di fare, dal valore del bene ceduto o della prestazione che dà luogo all’applicazione della maggiore imposta, salvo il disposto del comma 2 dell’art. 40”.

       L’articolo 46 stabilisce che “per la costituzione di rendite la base imponibile è costituita dalla somma pagata o dal valore dei beni ceduti dal beneficiario ovvero, se maggiore, dal valore della rendita; per la costituzione di pensioni la base imponibile è costituita dal valore della pensione”, e che “Il valore della rendita o pensione è costituito: (…) c) dall’ammontare che si ottiene moltiplicando l’annualità per il coefficiente indicato nel prospetto allegato al presente testo unico, applicabile in relazione all’età della persona alla cui morte deve cessare, se si tratta di rendita o pensione vitalizia.”.

       Pertanto sembra doversi ritenere che il contratto in esame debba essere tassato sulla base del valore maggiore, sia esso quello dei beni trasferiti – 3% se capitale in denaro; 9% o 15% se immobile, a seconda della sua natura e salva la possibilità di beneficiare di agevolazioni fiscali – ovvero quello del valore della rendita o pensione, determinato sulla base del disposto del citato art. 46.

        Con la risoluzione n. 113/E del 25 agosto 2017, l’Agenzia delle entrate, con riguardo ai contratti che stabiliscono in genere, quale corrispettivo del trasferimento di un immobile, l’obbligo vita natural durante di una parte, a prestare assistenza morale e materiale nei confronti di un’altra, ha specificato che anche con riferimento a tali contratti può trovare applicazione la disciplina del prezzo valore sempre che la cessione riguardi un immobile abitativo e la relativa pertinenza: pertanto la base imponibile per l’applicazione delle imposte di registro, ipotecarie e catastale, a seguito di specifica opzione, può essere determinata sulla base del valore catastale dell’immobile.

Vincenzo Spadola,  Notaio in Parma.

 

Fonti (in ordine di pubblicazione), oltre alle sentenze citate nel testo:

Piero Peirano, Clausole in tema di contratto di mantenimento, Notariato, n. 6, 1995, 611 ss.

Antonio Ruotolo, Contratto di mantenimento e comunione legale, Studio C.N.N. n. 1733,1997

Mauro Leo, Contratto di mantenimento a favore del terzo “post mortem”, Studio C.N.N. n. 4089, 2003

Andrea Fusaro, Autonomia privata e mantenimento: i contratti di vitalizio atipico, Famiglia e diritto, n. 3, 2008, p. 305

Roberta Greco, Funzione di adeguamento e contratto di mantenimento, Notariato, n. 2, 2009, p. 196

Federico Saverio Mattucci, Il beneficiario di amministrazione di sostegno quale contraente di vitalizio assistenziale, Famiglia e Diritto, n. 6, 2016, p. 594

Marco Pane e Alessandro Foderà, Strategie contrattuali a tutela dei patrimoni personali: il contratto di mantenimento, Il fisco, n. 44, 2017, p. 4240

Alba Cinque, Il contratto di mantenimento fra aleatorietà e risolubilità, I Contratti, n. 3, 2019, p. 305

Andrea Baio, Una tipologia del contratto di mantenimento ovvero l’accordo di dare casa in cambio di assistenza, I Contratti, n. 5, 2019, p. 547

Simone Francesco Marzo, Note in tema di imposta di registro sul contratto atipico di assistenza con trasferimento di quota sociale, Notariato, n. 6, 2021, p. 660

 

È verificata la condizione di reciprocità con la Svizzera? – a cura Notaio Veronica Ferraro

Un aspetto sempre molto complicato da analizzare nella quotidiana vita notarile è quello relativo alla ricezione di un atto in cui intervengono comparenti stranieri. In particolare, in questo articolo si tratterà di una problematica, ancora aperta e di notevole rilievo, nel campo dei trasferimenti immobiliari da parte di cittadini svizzeri ed in particolare di cittadini di Ginevra.

Preliminarmente occorre chiarire che tutte le volte in cui si deve ricevere un atto in cui intervengo cittadini “extra comunitari” in assenza di permesso di soggiorno è necessario verificare la condizione di reciprocità, definita – nel diritto internazionale bilaterale – come quel particolare rapporto di corrispondenza biunivoca che crea una relazione tra due Paesi tale per cui se un Paese riconosce agli stranieri i medesimi diritti che accorda ai propri cittadini, questi ultimi godranno dei medesimi diritti nell’altro Paese.

La condizione di reciprocità attiene esclusivamente, come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione, ai diritti non fondamentali della persona (quali per esempio il diritto di proprietà immobiliare), perché i diritti fondamentali come il diritto alla vita, all’incolumità ed alla salute, non possono essere limitati in ragione della cittadinanza del loro portatore e sono conseguentemente riconosciuti a tutti i soggetti in modo indifferenziato ed egualitario.

La condizione di reciprocità può essere: i) la c.d. “reciprocità diplomatica” che si basa su accordi intergovernativi, ii) la c.d. “reciprocità legislativa” che si basa su norme di legge e iii) la c.d. “reciprocità di fatto o sostanziale”, che si dà per verificata quando, a prescindere dal dato normativo, nel Paese straniero al cittadino è riconosciuto un diritto analogo o simile a quello proprio del suo ordinamento. 

É quest’ultimo il criterio dirimente in questo ambito fatto proprio dal nostro ordinamento all’articolo 16 delle disposizioni preliminari al codice civile che così recita: “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali. Questa disposizione vale anche per le persone giuridiche straniere’’.

Un caso particolare: la Svizzera

  1. Il problema delle autorizzazioni

Un paese che, data la sua natura di Confederazione (ovvero un’unione politica fra più stati, con interessi convergenti sul piano internazionale), pone particolari problemi in tema di verifica della reciprocità è la Svizzera nella quale esiste da tempo un apposito ed articolato sistema normativo che regolamenta e limita l’acquisto di immobili da parte di cittadini stranieri. Si tratta, della legge federale sull’acquisto di fondi da parte di persone straniere (LAFE) del 16 dicembre 1983, dell’ordinanza esecutiva della stessa del 1 ottobre 1984 (OAFE) e della successiva Lex Koller del 1997.

Il sistema di reciprocità in tema di acquisto di immobili vige tra l’Italia e la Svizzera grazie all’accordo sottoscritto in data 21 giugno 1999 tra la Confederazione Svizzera e l’allora Comunità Europea sul reciproco riconoscimento in materia di valutazione della conformità.

Per le persone fisiche svizzere non residenti in Italia, la condizione di reciprocità si considera verificata per l’acquisto, anche mediante permuta, di:

  • abitazioni secondarie, di vacanza ed unità d’abitazione in apparthotel, con superficie abitabile netta non superiore ai 200 mq;
  • fondi, di pertinenza di abitazioni secondarie e di vacanza (singole unità immobiliari come ville e fabbricati) la cui superficie non ecceda i 1.000 mq;
  • immobili ad uso esclusivamente commerciale;
  • immobili da parte degli eredi legittimi negli acquisti mortis causae dei parenti dell’alienante in linea ascendente e discendente (nonni, genitori e figli) e del suo coniuge;
  • abitazione principale nel luogo del domicilio legale ed effettivo.

Per le persone giuridiche svizzere la condizione di reciprocità si considera verificata limitatamente all’acquisto di immobili da adibire a sede o stabilimento dell’impresa (principale o secondaria) o a fini produttivi esclusivamente attinenti all’attività economica svolta mentre non è verificata se l’acquisto dell’immobile è finalizzato ad un investimento di capitali (eccezion fatta per gli immobili ad uso commerciale) o se si contravviene all’obbligo di mantenere la destinazione d’uso del bene immobile acquistato.

 

È estremamente controverso l’accertamento della condizione di reciprocità con quei Paesi, come la Svizzera, in cui la possibilità di compiere una determinata attività giuridica da parte dello straniero non è preclusa, bensì subordinata ad autorizzazione.

In linea generale, per evitare quello che viene definito “l’inforestierimento del suolo svizzero”, dal complesso normativo si ricava un regime autorizzatorio per tutti gli stranieri che intendano acquistare diritti reali su beni immobili in territorio elvetico, ponendo come uniche esenzioni alla richiesta di autorizzazione quelle indicate all’art. 2 LAFE e precisamente:

  1. a) quando riguarda un acquisto di immobile da utilizzare come stabilimento permanente per lo svolgimento di attività commerciale, artigianale, industriale o professionale;
  2. b) quando riguarda un acquisto di immobile da adibire ad abitazione principale, domicilio legale ed effettivo;
  3. c) quando sussiste “un’eccezione giusta” che l’art. 7 LAFE concretizza nel caso di trasferimento: i) a eredi legittimi, a parenti in linea ascendente e discendente dell’alienante ed il suo coniuge o il suo partner registrato; ii) ad acquirente già comproprietario del fondo; iii) a comproprietari per le permute dei loro piani nel medesimo immobile; iv) a cittadini degli Stati membri dell’Unione europea o dell’Associazione europea di libero scambio o ai cittadini del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord in base all’articolo 22 numero 3 dell’Accordo 25 febbraio 2019 che, come frontalieri, acquistano un’abitazione secondaria nella regione del loro luogo di lavoro o ancora altri casi particolari elencati dalla norma.

 

Allo stato dell’arte, nonostante la questione sia dibattuta e ci siano opinioni discordanti in materia, la posizione che oggi pare prevalere sostiene la tesi secondo cui non risulta verificata la condizione di reciprocità laddove la legge straniera preveda la necessità di un’autorizzazione ministeriale o governativa, che abbia finalità di controllo sugli acquisti di beni immobili o di partecipazioni sociali da parte di stranieri.

 

  1. Le leggi cantonali

Un ulteriore problema, oltre a quello delle autorizzazioni, si pone con riferimento alle leggi Cantonali.

L’analisi della questione in oggetto nasce dall’esigenza di affrontare un caso concreto che si è presentato in studio e che si riferiva al caso di una cittadina svizzera, residente a Ginevra, che intendeva acquistare un immobile in Italia da adibire ad abitazione secondaria.

Per poter rispondere a questo quesito – di non facile ed univoca soluzione – si è svolta una approfondita e preliminare analisi basata sulla consultazione della scheda del Ministero degli Esteri relativa alla condizione di reciprocità tra Italia e Svizzera e su studi e pareri autorevoli in materia.

In particolare, dalla lettura della legge federale svizzera e da quanto trovato sul sito della Farnesina, in questo caso, essendo una persona fisica non residente che acquista una abitazione secondaria con superficie abitativa netta non superiore a duecento metri quadri, sembrerebbe verificata la condizione di reciprocità.

Tuttavia, la legge del Cantone di Ginevra sembrerebbe non consentire genericamente l’acquisto di case secondarie da parte di stranieri, a prescindere dalla superficie.

Partendo dal dettato costituzionale federale svizzero e, compiendo un’interpretazione del combinato disposto degli articoli 54 (che afferma che la materia affari esteri sia di competenza della Confederazione), 49 (che dispone che il diritto federale prevalga su quello cantonale che sia in contrasto col medesimo) e 37 (che dà evidenza del fatto che il Cantone sia a tutti gli effetti uno Stato sovrano della costituzione), possiamo sostenere che la legge cantonale che non si pone in contrasto con la legislazione federale, non possa essere limitata o derogata dalla legge federale medesima.

Quindi, utilizzando il metodo della c.d. “reciprocità legislativa”, si può concludere che pare non essere verificata la condizione di reciprocità nel caso di una cittadina svizzera, residente a Ginevra, che intende acquistare un immobile in Italia da adibire ad abitazione secondaria perché la legge cantonale del cantone di Ginevra sembrerebbe non consentire genericamente l’acquisto di case secondarie da parte di stranieri, a prescindere dalla superficie.

Conclusioni

La questione, nella sua interezza, è stata sottoposta al Consiglio Nazionale del Notariato ed al Ministero della Giustizia per poter ottenere un parere univoco sul punto.

Allo stato attuale le domande che ancora sono rimaste senza una risposta certa e definitiva sono le seguenti:

  1. si intende verificata la condizione di reciprocità laddove la legge straniera preveda la necessità di un’autorizzazione ministeriale o governativa, che abbia finalità di controllo sugli acquisti di beni immobili o di partecipazioni sociali da parte di stranieri?
  2. nel caso della Svizzera, la legge cantonale che introduce limiti più stringenti rispetto alla legge federale, può comportare la mancata verifica della condizione di reciprocità?

Auspichiamo nel prossimo futuro di avere qualche risposta in più in riferimento ad una questione particolarmente delicata e di notevole interesse notarile, soprattutto se si considera che, ai sensi dell’art. 26 LAFE, i negozi giuridici aventi ad oggetto l’acquisto non autorizzato di immobili sono inefficaci, finché non intervenga l’atto autorizzativo e diventano addirittura nulli se siano comunque attuati, nonostante manchi la predetta autorizzazione o se intervenga il provvedimento di diniego di autorizzazione.

Veronica Ferraro, Notaio in Torino.

 

Come prepararsi ai controlli ANTIRICICLAGGIO negli studi notarili- a cura Dott. Michele D’Agnolo

Dopo un lungo periodo di sospensione dei controlli a motivo della pandemia, la Guardia di Finanza ha nuovamente ricominciato le verifiche antiriciclaggio negli studi professionali, dedicando particolare attenzione a quelli notarili.

L’Unità di Informazione Finanziaria della Banca d’Italia infatti non ha sufficiente proprio personale ispettivo per cui ha siglato una convenzione con le Fiamme Gialle che vi provvedono con loro personale specializzato.

L’accanimento terapeutico sugli studi notarili non ha nulla di personale, ma è dovuto al fatto che gli atti di maggiore entità comunque richiedono la forma solenne e pertanto per definizione il Notaio rimane il crocevia delle transazioni economiche di maggiore entità e complessità.

Dal punto di vista sostanziale, vi sono generalmente due tipi di controllo, quelli su segnalazione specifica e quelli generali. I controlli su segnalazione specifica derivano da indagini o procedimenti penali in corso per riciclaggio, autoriciclaggio o finanziamento del terrorismo. In buona sostanza i verificatori, in presenza di un reato ascrivibile ad un ex cliente o controparte dello studio notarile si chiedono come mai i soggetti agli obblighi antiriciclaggio coinvolti nella filiera delle operazioni che hanno dato origine all’illecito non si siano accorti di nulla.

I controlli generali, invece, sono dei controlli effettuati a campione estraendo i nominativi degli studi professionali da verificare dalle banche dati di cui dispongono le autorità competenti. Anche se non è noto, è ragionevole ritenere che anche queste estrazioni rispondano comunque a delle valutazioni di rischio fatte a livello statistico in base a degli indicatori. Talvolta si è avuto l’impressione che vengano scelti gli studi di maggiore dimensione o fatturato, forse anche tenendo conto del fatto che dispongono di maggiori risorse da destinare alla compliance.

Il numero complessivo dei controlli che vengono effettuati ogni anno non è altissimo, si parla di qualche centinaio di accessi in totale, ma è anche vero che il numero complessivo degli studi notarili è relativamente esiguo. Un commercialista o un avvocato, che sono più di centomila ciascuno hanno una probabilità molto inferiore di essere controllati rispetto ad uno studio notarile che ha qualche migliaio di colleghi.

Per quanta buona volontà ci si possa mettere, l’adempimento antiriciclaggio finisce spesso nel dimenticatoio. Da un lato non viene affatto naturale accogliere un nuovo cliente con l’approccio “poliziesco” che giocoforza lo svolgimento del ruolo di contrasto comporta. Dall’altro, anche a livello organizzativo interno la modulistica da compilare e le informazioni da richiedere vengono viste come un bastone tra le ruote degli addetti che devono preparare l’atto notarile e che hanno come principale preoccupazione l’addivenire alla stipula. Il Notaio, per la natura dell’attività che svolge, fatica a controllare puntualmente e deve necessariamente delegare alcune attività, seppure soltanto di carattere ancillare, preparatorio e successivo, ai propri assistenti.

Ciononostante, il Notariato rimane la categoria che maggiormente collabora con le autorità e che più segnala operazioni sospette.

Non esistono dati ufficiali, ma le voci raccolte raccontano di provvedimenti sanzionatori molto rilevanti per entità ed ammontare, spiccati nei primi mesi del 2023.

Per quanto concerne la natura delle violazioni,  l’attenzione dei verificatori sembrerebbe non essere tanto e solo diretta all’adempimento relativo alla singola pratica ma alla valutazione del sistema complessivo messo in atto dallo studio notarile per presidiare i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

E così, anche aspetti apparentemente secondari della normativa ritornano prepotenetemente alla ribalta e diventano altrettanto importanti rispetto agli adempimenti centrali, che rimangono quelli relativi al “Know Your Client”, alla conoscenza del cliente, dei suoi fondi e delle sue intenzioni, o in termini tecnici all’Adeguata Verifica nelle sue componenti di riscontro anagrafico e di valutazione del rischio del singolo cliente/incarico.

Rimane invece tradizionalmente meno rilevante nello studio notarile il tema del controllo costante, a motivo della tipica natura una tantum delle prestazioni effettuate e della generalmente breve durata della fase istruttoria e del completamento della pratica successivo alla stipula.

E così gli studi notarili stanno prendendo coscienza, nel peggiore dei modi, dell’esigenza di svolgere, documentare ed aggiornare almeno ogni tre anni una valutazione di rischio perimetrale, che riguardi tutto lo studio. Ancora, diventa importantissimo poter esibire una politica e procedura antiriciclaggio scritte che definiscano l’approccio di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e stabiliscano chi fa che cosa e come all’interno dello studio in merito agli adempimenti in questione. 

Non da ultimo, si rende necessaria anche la predisposizione, l’esecuzione e la documentazione di un adeguato piano informativo e formativo annuale rivolto agli assistenti notarili.

Da ultimo, occorre anche dimostrare di svolgere gli adempimenti antiriciclaggio nel pieno rispetto del regolamento europeo sulla tutela dei dati personali (GDPR). Viene a mente in particolare la puntuale e corretta conservazione decennale della documentazione raccolta.

L’approccio della normativa antiriciclaggio, così come quello di molti altri corpi normativi europei, è basato sulla valutazione dei rischi. Questo approccio “Risk Based” non è particolarmente adatto alla cultura dei paesi latini in quanto induce una rilevante soggettività nelle risposte che i singoli studi possono dare e nella valutazione che i singoli verificatori possono svolgere. Presume l’assoluta buona fede e la reciproca collaborazione del controllante e del controllato. Al di là delle sanzioni, al Notaio, per cultura e funzione, dà particolarmente fastidio il fatto di poter essere trovato inadempiente a prescindere dagli sforzi fatti. Da custode della legalità, ogni Notaio odia non potersi sentire sicuro di aver fatto tutto quanto previsto. Fortunatamente esistono ormai modelli organizzativi e prassi consolidate che fanno capo alle discipline della gestione della qualità e dei rischi (Risk e Quality Management) e a settori economici soggetti a normativa antiriciclaggio dove le organizzazioni sono più complesse ed articolate come il mondo bancario e quello assicurativo.

Un controllo da parte delle autorità competenti che inizi dimostrando da parte dello studio notarile un approccio sistematico alla materia dell’antiriciclaggio già ben predispone il verificatore e di solito contribuisce a limitare profondità e durata dei controlli.

 

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

Lo studio notarile virtuale – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Lo sviluppo della tecnologia consente oggi allo studio notarile modalità di comunicazione e interazione  impensabili fino a qualche tempo fa. Sia riguardo alle relazioni interne  che riguardo alle relazioni tra studio e clienti. La pandemia ha fatto la sua parte nell’insegnarci che anche i rapporti a distanza possono essere gestiti in modo efficace e garantire uno standard di qualità altrettanto valido. Ora non resta che fare tesoro di ciò che abbiamo acquisito in termini di nuove competenze  e sfruttare al meglio le risorse disponibili, rendendo la distanza fisica sia sempre meno importante.

C’è da chiedersi se abbia ancora senso oggi investire in costose infrastrutture fisiche che impongono oneri che possono essere molto ingenti: per l’acquisito/affitto dei locali e la loro manutenzione periodica, per l’acquisito/affitto dell’hardware e del software e la loro manutenzione o sostituzione, per l’acquisito del materiale necessario all’operatività dello studio, per ottemperare ai requisiti di legge. Una postazione fissa per il lavoro d’ufficio per uno studio notarile può arrivare a costare fino a 5.000 euro all’anno. A tutto questo si devono poi aggiungere tutti quei costi legati alla gestione di un team di lavoro e delle sue dinamiche interne.

Adottare una logica del lavoro a distanza – anche parzialmente –  può incidere enormemente sulla sua capacità competitive dello studio. Si pensi ad esempio alla maggior attrattività nei confronti di quei talenti professionali (sempre più rari e sempre più cari) che necessitano di una maggiore flessibilità per poter bilanciare lavoro e vita familiare. In particolare nei grandi centri urbani.

Allo stesso modo, anche l’introduzione di elementi di innovazione nella gestione del cliente può migliorare la competitività dello studio. Si pensi ad esempio, al maggior servizio reso al cliente che desidera poter interagire con lo studio con modalità che incidano il meno possibile sul suo tempo.

Se si condivide il principio per cui “il lavoro è qualcosa che si compie, non un luogo in cui ci si reca”, lo studio virtuale (in parte o in toto) è allora una grande opportunità di sviluppo e non una concessione che si fa ai propri collaboratori.

Affinché si possa trarre i benefici sperati, è senz’altro necessario uno sforzo importante in termini di investimento sulle infrastrutture informatiche, sulla progettazione delle nuove forme di interazione, di comunicazione e di trasmissione di dati e documenti, sulla formazione e addestramento pratico delle persone che andranno a far parte del progetto, sulle modalità di pianificazione, esecuzione e controllo dei lavori.

È evidente che occorre procedere attraverso una strategia complessiva che interessa trasversalmente lo studio e che deve avere come esito finale il ridisegno di un nuovo modello organizzativo e di business. Non si tratta quindi di acquistare la migliore tecnologia sul mercato ma di essere disposti ad fare un salto culturale importante. Ma necessario.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

La recente interpretazione dell’AdE sul regime della liberalità collegate ai trasferimenti immobiliari- a cura Notaio Alessandra Magnocavallo

La risposta dell’amministrazione finanziaria ad un interpello (il n. 6 del luglio 2022) offre lo spunto per alcune riflessioni sulla fiscalità delle liberalità dirette collegate ai trasferimenti immobiliari dal punto di vista dell’imposta di successione.

 

Il caso portato all’attenzione della AE riguardava l’applicabilità dell’esenzione di cui all’art. 1 comma 4bis D.Lgs 346/1990 alla seguente fattispecie complessa:

  • donazione diretta di denaro effettuata per atto pubblico contenente l’espressa dichiarazione che la somma stessa fosse donata esclusivamente allo scopo di consentire al donatario l’acquisto immobiliare, con l’apposizione – quindi – di una condizione risolutiva all’atto stesso nel caso di mancato acquisto dell’immobile;
  • atto di acquisto immobiliare in cui viene dichiarata espressamente la provenienza diretta del denaro costituente il pagamento del prezzo.

Il dubbio sorge dalla lettura della norma citata, laddove si legge che «Ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto».

 

Stupisce dunque la risposta dell’amministrazione, per la quale l’esenzione riguarderebbe solo le donazioni indirette collegate ad atti di trasferimento immobiliare e non anche le donazioni e le altre liberalità dirette, che pur la norma testualmente contempla.

Merita, a questo punto, ricordare che nella stessa Circolare 207/E del 2000 l’Amministrazione, nel citare le fattispecie esemplificative rientranti nella norma, citava già la dazione diretta di denaro ed il pagamento del prezzo effettuato dal genitore per l’acquisto della casa del figlio.

 

La giurisprudenza più recente (Cassazione n. 11831 del 12.4.2022 e n. 13133 del 2016) ha ammesso che l’esenzione si possa applicare già al momento della stipula dell’atto preordinato, pur richiedendo che la prova del collegamento tra la liberalità e l’acquisto immobiliare sia fornita mediante l’espressa dichiarazione contenuta nella compravendita.

 

Quindi, se da un lato sembra essere salva la rilevanza delle donazioni dirette e l’applicabilità del regime ex art. 1 comma 4 bis già al momento dell’atto preordinato, dall’altro non c’è univocità di orientamento né in giurisprudenza né nella prassi circa la prova del “collegamento” richiesto dalla norma. Sussistono, infatti, difficoltà pratiche nell’apprezzamento del requisito richiesto dalla norma.

 

Alessandra Magnocavallo, Notaio in Brescia.

La formazione dello staff dello studio notarile – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

È del tutto evidente che gli studi che dispongono delle migliori risorse umane sono quelli che godono di un maggiore successo, sia economico che reputazionale. Uno staff più competente è in grado di dare allo studio notarile un vantaggio competitivo estremamente rilevante e stabile nel tempo.

Ecco perché è importantissimo che le persone siano costantemente aggiornate rispetto ai temi di cui si occupano, ma anche che diventino ogni giorno più flessibili apprendendo nuove professionalità, in un’ottica di anche di un eventuale ampliamento della propria mansione.

Ci si riferisce non solo alle competenze tecniche e giuridiche, certamente imprescindibili, ma anche a quelle che oggi si definiscono competenze trasversali, come ad esempio la capacità di gestire un cliente difficile, di comunicare in modo efficace, di gestire in modo proficuo il tempo a disposizione, di lavorare in gruppo, di gestire e risolvere problemi, ecc. Cose che crediamo di saper fare ma che potremmo gestire in modo molto più consapevole  ed efficace se ci venissero spiegate. Un aspetto molto spesso trascurato, ad esempio,  riguarda la capacità dello staff di utilizzare al meglio gli strumenti tecnologici e informatici dello studio: troppe volte constatiamo un significativo sotto utilizzo di tecnologie più o meno sofisticate messe a disposizione, con un’evidente dispersione di risorse economiche e di tempo.

Tutto questo si può fare convincendo o spingendo le persone ad aggiornarsi da sole. L’autoapprendimento rischia tuttavia di essere molto più lento e meno efficiente dei risultati che si possono ottenere focalizzando interventi addestrativi opportuni.  Quindi si può fare meglio, aiutandole nel cambiamento con supporti di formazione e di addestramento pianificati in funzione delle reali necessità dello studio e delle attitudini della persona.

La formazione è necessaria ed indispensabile non solo per ottenere performance migliori ma anche per motivare il personale  e favorire una serie di cambiamenti positivi nei comportamenti che poi si riflettono sul risultato complessivo dello studio.

Sappiamo naturalmente che la formazione ha un duplice costo: quello del corso/formatore e quello del tempo speso dalle persone per frequentarlo. Così talvolta capita che i titolari dello studio rinuncino alla formazione del proprio staff ritenendo di non potersi permettersi l’uno e l’altro, realizzando così una profezia che si autoavvera, quella dello studio che non evolve.

Per avviare un piano di formazione del personale efficace e proficuo è necessario procedere in 3 step: analisi del reale fabbisogno formativo,  Progettazione e attuazione della formazione e valutazione dei risultati.

In conclusione, la formazione, se ben gestita, aiuta lo studio a competere efficacemente, purché sia vista e trattata come un elemento di un quadro più ampio di cambiamento che molto spesso richiede il coinvolgimento attivo dei titolari dello studio per un periodo di tempo più prolungato.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

Le reti di studi notarili – a cura Dott. Michele D’Agnolo

L’art. 12 della L. 22 maggio 2017, n. 81 ha introdotto nell’ordinamento italiano la possibilità di costituire aggregazioni professionali utilizzando nuove forme giuridiche.

In particolare, vengono estesi agli studi professionali alcuni istituti giuridici già noti al mondo delle imprese. Si tratta delle reti tra professionisti, dei consorzi stabili tra professionisti e delle associazioni temporanee tra professionisti.

In particolare, per concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti pubblici e privati, e’ riconosciuta ai professionisti, a prescindere dalla forma giuridica con cui esercitano la professione, la possibilità di costituire reti di professionisti o di partecipare a reti miste con imprese, con accesso alle relative provvidenze in materia. È inoltre consentito di costituire consorzi stabili professionali e associazioni temporanee professionali. Quest’ultima forma era già ammessa nella prassi, ma è stata finora utilizzata solo per partecipare a determinati appalti pubblici o per adire ad alcune agevolazioni. Escludendo dalla trattazione le ATP, che hanno per natura un utilizzo abbastanza limitato, conviene concentrarci sulle reti e sui consorzi. Al momento l’attività prevista dal legislatore in via esclusiva per queste strutture intermedie sembrerebbe riguardare il co-branding e il co-marketing, cioè la condivisione della comunicazione esterna volta al perseguimento di nuovi mandati professionali. Ma a ben vedere, se la finalità dello strumento è il perseguimento di incarichi più ampi e complessi, allora si deve poter presupporre anche una reciproca collaborazione e un coordinamento nella fase di pianificazione e di esecuzione degli stessi, con una suddivisione dei compiti. Se poi si inquadra il contratto di rete o di consorzio tra professionisti quale contratto atipico non vietato dall’ordinamento ex art. 1322 cc.

non sembra di rilevare particolari ostacoli giuridici nemmeno alla costituzione di realtà orientate anche ad esempio al coordinamento negli approvvigionamenti o nella gestione di vere e proprie “fasi” dei rispettivi studi. Si pensi ad un centro condiviso per la esecuzione degli adempimenti successivi alla stipula.

Come si può immediatamente intravvedere, si tratta di strumenti relativamente semplici e proprio per questo di grande rilievo perché riescono a conciliare il grande bisogno di indipendenza del singolo professionista con la necessità di un sempre maggiore coordinamento imposta dal mercato, superando sia le logiche riduttive della mera condivisione di costi che quelle troppo stringenti dell’associazione, oggi peraltro penalizzata dalla presenza dell’IRAP. 

Così come le reti tra imprese stanno riscuotendo un crescente successo tra le piccole e medie imprese italiane, ritengo ci sia da attendersi altrettanto interesse e diffusione per gli strumenti di aggregazione “debole” tra studi professionali che oggi vengono proposti, e che questi si possano estendere – mutatis mutandis – anche all’ambito notarile. Tra l’altro, reti e consorzi si possono anche impiegare in via propedeutica rispetto ad aggregazioni più approfondite, in quanto consentono di convivere e di mettersi reciprocamente alla prova prima di convolare eventualmente a “giuste nozze”.

Per quanto riguarda le reti tra professionisti, al momento la norma sembra consentire fondamentalmente due tipologie di accordo. Le reti esclusivamente tra professionisti, e le reti miste con imprese. Mentre gli specifici principi legali e deontologici della professione notarile escludono a mio avviso a priori la possibilità di reti miste tra studi notarili e imprese e di reti interprofessionali tra studi notarili e altri professionisti, non sembra  – almeno prima facie – di rilevare ostacoli alla creazione di reti o consorzi esclusivamente tra studi notarili, quantomeno tra quelli presenti nello stesso Distretto Notarile. Al momento non sembra di rilevare pronunciamenti ufficiali in merito da parte del CNN.

Un Notaio può intervenire alla rete in forma di professionista individuale ma anche direttamente con la propria associazione professionale.

Una volta debitamente sviscerati i risvolti deontologici, i contratti di rete tra Notai potrebbero forse essere utili anche per consentire aggregazioni deboli, di presidio territoriale, tra soggetti ai quali non sono consentite forme di avvicinamento maggiori, si pensi ai Notai operanti in aree diverse, ai quali oggi è preclusa l’associazione professionale.

Il contratto di rete tra professionisti nulla modifica rispetto alle responsabilità professionali e personali del singolo aderente.

È possibile costituire delle reti contratto, con valenza meramente interna tra gli studi notarili aderenti e delle reti soggetto, con attività esterna, diretta nei confronti ad esempio della clientela.

Anche qui cautela suggerisce per il momento di limitarsi alle reti contratto, attraverso le quali ad esempio alcuni Notai potrebbero decidere di comunicare all’esterno le competenze e l’organizzazione dei rispettivi studi in modo coordinato, con un sito web e una comunicazione social comuni.  

Ulteriori utilizzi del contratto di rete tra Studi Notarili possono emergere dalla facoltà che la rete ha di assumere dipendenti in co-datorialità. Si pensi alla possibilità di avere un addetto antiriciclaggio dedicato che svolge il suo lavoro a turno a vantaggio di una pluralità di studi.

La norma che ammette la partecipazione dei professionisti alle reti professionali e miste non brilla per chiarezza, in quanto secondo alcuni sembrerebbe richiedere  – ad substantiam – l’iscrizione dell’atto costitutivo al Registro delle Imprese. Iscrizione, peraltro, non possibile a causa del principio di tassatività. Sul punto è però intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico che con propria nota ha chiarito che l’impossibilità della pubblicità non implica l’impossibilità dell’utilizzo dello strumento.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network