Dilemmi su usufrutto congiuntivo con reciproco diritto di accrescimento in relazione alla possibile conseguenza in tema di circolazione del bene. – di Notaio Roberto Santarpia

L’usufrutto congiuntivo, ammesso senza particolari problemi non contrastando con alcun principio giuridico, si ha nel caso in cui venga indicata una pluralità di riservatari/usufruttuari che devono esercitare contemporaneamente il diritto di usufrutto e la durata di tale diritto non va oltre quella della vita del più longevo degli usufruttuari: alla morte di ogni co-usufruttuario, la quota degli altri si incrementerà, intervenendo la clausola di accrescimento, mentre la morte dell’ultimo comporterà l’estinzione del diritto di usufrutto.

L’usufrutto congiuntivo è ritenuto costituibile tanto per atti mortis causa, quanto per atti inter vivos, sia titolo gratuito che oneroso.

Con riferimento all’accrescimento reciproco potrebbe sorgere il dubbio circa la possibile modalità del suo sorgere. In altre parole ci si potrebbe chiedere se possa sussistere la reciprocità dell’accrescimento solo se venisse pattuita contestualmente alla costituzione dell’usufrutto a favore di due soggetti (con atto inter vivos) che disponga sia la sua costituzione che la clausola di accrescimento, oppure sia possibile pattuire detta clausola di reciproco accrescimento anche in un successivo momento rispetto al sorgere dell’usufrutto, ricorrendo comunque il presupposto della titolarità per pari quota dell’usufrutto stesso, indifferentemente nato quest’ultimo contestualmente o in momenti temporali diversi.

A mio parere il patto di reciproco diritto di accrescimento può sempre essere stipulato anche successivamente alla costituzione del diritto di usufrutto in quanto vige l’autonomia privata che trova ostacolo solo ove si infrangano altre norme cogenti e qui non pare ve ne siano, ma affinchè detto patto abbia efficacia occorre assolutamente coinvolgere nel patto anche il nudo proprietario che deve accettare lo stesso in quanto pregiudica il suo diritto in relazione alla mancata consolidazione con la nuda proprietà della quota di un mezzo di usufrutto che invece si accresce all’altro usufruttuario e ciò in relazione ed applicazione del principio  “res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest”; infatti quanto ai contratti, l’unica ipotesi di efficacia diretta nei confronti di un terzo si ha nel contratto a favore del terzo (art. 1411) che consente al detto terzo di rifiutare il beneficio.

Quanto alla forma occorrerà la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico seppure non occorra la forma solenne prevista per l’atto di donazione in quanto anche in assenza di corrispettivo, il patto di accrescimento trova riscontro in un RECIPROCO vantaggio, vi è una sorta di sinallagma e nessuna gratuità quindi. Si consideri poi altresì che la diversa fattispecie della rinuncia abdicativa al diritto di usufrutto -seppur con animo di arricchire- non richiede la forma solenne in quanto il nudo proprietario diviene pieno proprietario con un negozio indiretto.

La forma suddetta (se oggetto siano beni immobili) occorrerà ai fini della trascrizione dell’atto nei pubblici registri immobiliari considerato che i terzi hanno interesse a conoscere la modificazione della durata di un diritto reale quale l’usufrutto che sì, non potrà durare più di una vita umana (quella del più longevo), ma l’interesse dei terzi risiede nel fatto di sapere se una quota di ½ di usufrutto si consoliderà con la nuda proprietà o meno,  in relazione alla stipula di negozi giuridici con il nudo proprietario poiché varierebbe il corrispettivo e la tassazione: si pensi se gli usufruttuari siano due soggetti uno di 90 anni e l’altro di 60 anni, senza o con reciproco diritto di accrescimento.

Ora prenderei in considerazione uno spinoso aspetto di questa tematica e cioè se l’accrescimento operi comunque nel caso che uno dei due co-usufruttuari trasferisca con negozio giuridico al/ai nudi proprietari la propria quota di usufrutto (e viceversa).

Uno studio del CNN (risposta a quesito n. 127-2019/C) ritiene che “non possa operare immediatamente l’accrescimento a favore degli altri contitolari del diritto di usufrutto; quando uno dei contitolari del diritto di usufrutto acquista anche la nuda proprietà, il suo diritto di usufrutto si estingue ai sensi dell’articolo 1014 codice civile, ma le facoltà di uso e di godimento ad esso connesse non sono perse dall’originario titolare ma, al contrario, permangono nel suo patrimonio, ancorché non più a titolo di usufrutto, ma a titolo di piena proprietà. Ecco, allora, che non potrà esservi alcun effetto di accrescimento immediato a favore degli altri cousufruttuari in quanto manca il presupposto della perdita del diritto, o meglio della perdita delle facoltà insite nel diritto, da parte di uno dei contitolari. Solo nel caso di premorienza dell’usufruttuario acquirente della nuda proprietà rispetto agli altri contitolari del diritto di usufrutto, potrà, allora, operare l’accrescimento nel diritto di usufrutto a favore degli altri.” Conclude poi il redattore allo stesso modo nell’opposto caso e cioè nel caso in cui il nudo proprietario acquista il diritto di uno dei cousufruttuari. Il relatore argomenta ciò con il seguente ragionamento: “Né gli altri contitolari del diritto di usufrutto pare possano lamentarsi della non immediata operatività dell’accrescimento. Se, infatti, il contitolare cedesse il suo diritto di usufrutto a soggetti diversi dal nudo proprietario, il diritto di accrescimento a favore degli altri cousufruttuari non opererebbe certo al momento del trasferimento dell’usufrutto al terzo, ma solo in caso di premorienza dell’originario cousufruttuario e solo al momento di tale premorienza e non pare vi siano ragioni per giustificare differenti effetti per il solo fatto che la cessione avviene a favore del proprietario anziché di altro soggetto”. Però a mio avviso sembra dimenticare un elemento fondamentale che fa cadere il suo asserto: nel caso di trasferimento dell’usufrutto al nudo proprietario si estingue l’usufrutto ex art. 1014 c.c. mentre nel caso di trasferimento di quota di usufrutto ad altro soggetto il diritto di usufrutto continua a sussistere.

Seguendo poi l’impostazione della suddetta risposta a quesito allora la conseguenza (di non pratica sostenibilità) sarebbe che, in caso di costituzione di garanzia reale -quale una ipoteca volontaria- su quota di un mezzo di piena proprietà, divenuta tale per il nudo proprietario in forza della vendita allo stesso da parte di uno solo dei cousufruttuari con diritto reciproco di accrescimento, detta costituzione di ipoteca (su quota di piena proprietà) dovrebbe comunque essere concessa con il consenso anche del co-usufruttuario del cedente (colui cioè che non ha ceduto e che a favore del quale si verificherebbe l’accrescimento in caso di sopravvivenza all’altro co-usufruttuario cedente) poiché a costui tornerebbe il diritto di usufrutto INTERO, al momento del decesso del co­usufruttuario cedente e non potrebbe -nè sarebbe possibile- che gli tornasse gravato da una ipoteca concessa senza il suo consenso; né d’altronde a giustificare la permanenza della ipoteca basterebbe l’ appiglio consistente nel fatto che l’ipoteca sia stata iscritta prima che “rivivesse” l’usufrutto, in quanto questo è “rinato” per via di un contratto stipulato e trascritto precedentemente alla iscrizione della ipoteca, contratto da cui risultava il reciproco diritto di accrescimento (altrimenti inopponibile al nudo proprietario) e se derivante da legato addirittura accrescimento esistente per via di legge (art. 678 c.c.); mi sembra però che questa non sia la prassi seguita usualmente in sede di costituzione di una ipoteca che viene concessa -in genere- senza il consenso del co-usufruttuario non cedente, salvo quanto infra indicato con riferimento alla identificazione della struttura contrattuale della cessione in oggetto.

Da quanto detto si aderisce infatti alla tesi dell’estinzione in modo definitivo del diritto di usufrutto (pro quota ceduto) a tenore dell’articolo 1014 c.c. tesi non contraddetta dall’esistenza di una condizione risolutiva inerente al contratto di cessione tra usufruttuario e nudo proprietario come meglio infra indicato. L’usufrutto infatti non può rinascere dopo la morte del co-usufruttuario che abbia trasferito il detto usufrutto al nudo proprietario per poi “rivivere” ed andare all’altro co-usufruttario, rimasto titolare del diritto di usufrutto con accrescimento: qui siamo in presenza di una fattispecie ontologicamente diversa dalla rinuncia all’usufrutto o dal decorso del termine (situazioni che consentono l’accrescimento al co-usufruttuario), poiché questi eventi non fanno venire meno il diritto di usufrutto che persistesenza soluzione di continuità- in quanto non si consolida con la nuda proprietà per via del patto di accrescimento che qui opera immediatamente a favore dell’altro co-usufruttuario. Si ribadisce: nel caso invece del trasferimento del diritto di usufrutto a favore del nudo proprietario si verifica la consolidazione in capo ad un’ unica persona del detto diritto di usufrutto con la nuda proprietà, per esplicito consenso espresso dalle parti, che fa sì che l’usufrutto si estingua e non transiti quindi all’altro co-usufruttuario: questo consenso delle parti al trasferimento (al nudo proprietario) è ciò che giustifica il divenire pieno proprietario e la contemporanea estinzione dell’usufrutto per confusione cosa che non avviene invece in caso di rinuncia abdicativa che farebbe espandere il diritto di nuda proprietà, vis espansiva interdetta dal patto di accrescimento che qui opera immediatamente non facendo estinguere l’usufrutto.

D’altra parte l’art. 1014 c.c. sancisce l’estinzione dell’usufrutto e non vi è altra norma che ne preveda la riviviscenza quando il co usufruttuario cedente perisce: qui si è estinto e quando ciò accade è per sempre. Tutto ciò va però necessariamente correlato al principio espresso dall’art. 1372, 2° comma cod. civ. che esprime il principio che il contratto ha efficacia solo tra le parti e non nei confronti dei terzi. Per cui prendendo posizione anche alla correlata struttura (che incide sul problema in oggetto) qui siamo in presenza di un contratto bilaterale tra co-usufruttuario/cedente e nudo proprietario/acquirente la cui efficacia tra le parti è immediata (tesi pacifica) ma necessariamente sottoposta alla condizione risolutiva (in ossequio al principio sopra enunciato dall’ordinamento giuridico espresso dall’art. 1372 2° comma cod. civ. che nessun contratto può andare in danno di posizione giuridiche di terzi) consistente nell‘ evento della premorienza del co-usufruttuario cedente rispetto al co-usufruttuario non cedente che si verifica solo in caso di mancata adesione al patto da parte del co-usufruttuario non cedente, titolare di precedente diritto di accrescimento.  Detta risoluzione è evitata quindi nel solo caso in cui il negozio di trasferimento ottenesse, come detto, il consenso del co-usufruttuario non cedente -in mancanza del quale allora sì che alla morte del co-usufruttuario cedente la sua quota di usufrutto si accrescerebbe comunque all’altro co-usufruttuario non cedente- in quanto quest’ultimo ha un diritto prioritario per il tempo in cui è stato stipulato (e trascritto) il suo patto di accrescimento rispetto all’acquisto effettuato dal terzo nudo proprietario acquirente l’usufrutto, situazione che da fondamento alla risoluzione del contratto di cessione lesivo della posizione del co-usufruttuario e che fa rivivere l’usufrutto ma non già dopo la sua estinzione ma in quanto la condizione risolutiva retroagisce al momento della stipula del contratto di cessione.

Quanto alla forma qui occorrerà pur sempre, naturalmente, la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico per la necessaria pubblicità nei registri immobiliari.

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.

Coppie internazionali: una data, un metodo ed alcune trappole – di Notaio Ugo Bechini

Si riprendono qui alcuni temi trattati in un evento formativo tenutosi presso il Consiglio Notarile di Genova il 7 maggio 2024. Relatori la professoressa Chiara Enrica Tuo, i professori e notai Domenico Damascelli ed Andrea Fusaro, nonché l’autore di questo piccolo contributo, che ne conserva l’esclusiva responsabilità.

La data è quella del 29 gennaio 2019. Quanti si sono sposati sino a quel giorno sono sotto l’impero della Legge 218 del 1995, il cosiddetto SIDIP, Sistema Italiano di Diritto Internazionale Privato. Da lì in poi, è il Regolamento Eurounitario 1103 del 24 giugno 2016 a dettare le regole. Non è questa la sede per una disamina sistematica delle norme, che non presentano peraltro soverchie difficoltà interpretative; avverto più urgente un’osservazione di metodo.

Il giurista è oggi nella necessità di coordinare input normativi eterogenei, provenienti da ordinamenti spesso lontani (in tutti i sensi) dal nostro, componendo un tappeto normativo non di rado delicato. La pubblicità è il caso più evidente. Il Libro Sesto del Codice Civile è pensato per lavorare con gli altri cinque; assicurare invece la pubblicità di fenomeni regolati, nella loro sostanza, da diritti stranieri, assomiglia talvolta al lavoro di un meccanico che debba riparare una Fiat avendo a disposizione solo ricambi Ford. Non è affatto detto che funzionino bene insieme.

Quando il diritto applicabile è straniero, specie se di difficile conoscenza, una tentazione è sempre in agguato: applicare sottobanco le categorie giuridiche nostrane. Il che ricorda un poco la celebre storiella dell’ubriaco cui sfuggono le chiavi di mano mentre prova ad aprire la porta di casa; barcolla sino ad un lampione e comincia a cercarle. Un amico solo un po’ meno ubriaco gli fa notare che le chiavi non sono cadute lì, e la risposta è: “Sì, ma davanti casa è buio, non le troverò mai; qui c’è luce”. 

Lasciamo perdere i casi limite, anche se forse c’è ancora chi barrisce Sono italiano ed applico il diritto italiano persino dinanzi a situazioni limpide come quella della donna straniera coniugata la quale, conformemente al proprio diritto, usa il cognome del marito, un assetto che siamo tenuti a rispettare in virtù della convenzione di Monaco del 1980. Ebbe regolare ratifica, con tanto di legge (la 950/1984) firmata da Pertini, Craxi, Andreotti, Martinazzoli e Scalfaro; tutti italiani, mi pare, nel bene e nel male. Se la signora rivende l’immobile acquistato da nubile, la trascrizione può regalare qualche grattacapo, è vero, ma si tratta di rimboccarsi le maniche, non di far finta che la legge non esista.

La tentazione può presentarsi anche in forme più sottili. Di fronte alla parola residenza, ad esempio, si dovrà distinguere: se contenuta in una norma italiana, varrà la definizione nostrana; se il testo è europeo, a prevalere sarà la nozione continentale (grosso modo: il luogo in cui l’interessato ha fissato, con voluto carattere di stabilità, il centro permanente o abituale dei suoi interessi. Concetto in qualche modo più prossimo al nostro domicilio). Leggere una fonte internazionalprivatistica europea secondo le griglie concettuali nazionali minerebbe la sua funzione di stabilizzazione continentale del diritto applicabile. Immaginiamo un De Cujus che non abbia operato una optio juris e risulti residente in Polonia secondo il concetto italiano di residenza, ma residente in Italia secondo quello polacco. In mancanza di un’autonoma definizione eurounitaria di residenza, la disposizione del regolamento 650 secondo la quale si applica il diritto dello stato di ultima residenza diverrebbe inutilizzabile. Le definizioni sono apriscatole formidabili.

Sono tramontati insomma i tempi in cui si poteva saltellare come scimmiette su e giù per la Stufenbau kelseniana, senza mai risintonizzare il proprio decoder concettuale. Il giurista del XXI secolo è politeista, mediatore, e spesso anche rammendatore.

Ma torniamo alle coppie internazionali ed alle loro trappole, che a dire il vero riguardano quasi esclusivamente quanti si trovano sotto l’autorità della legge italiana, il SIDIP; il regolamento europeo è di gran lunga meno insidioso.

In agguato all’articolo 13 del SIDIP è il rinvio. Prendiamo una coppia inglese (sia per nazionalità che per residenza) che non abbia stipulato alcuna convenzione matrimoniale. Il diritto internazionale inglese rinvia la fattispecie alla lex rei sitae; l’acquisto operato da un solo coniuge cadrà dunque in comunione legale di diritto italiano, ed è facile che l’acquirente neppure ne abbia percezione, estraneo com’è alla cultura inglese il concetto stesso di comunione legale. Quel che è peggio, la questione può assumere rilievo a distanza di anni, quando il coniuge di allora è stato magari promosso ad ex. Sul piano tattico è possibile provare a sfilarsi osservando che non è responsabile di questo l’ordinamento italiano, che si limita ad accettare un rinvio disposto dal diritto inglese, ma è comunque di sollievo che il Regolamento Europeo abbia disattivato il meccanismo per i coniugi post 19.

Una sfida ancora più sottile deriva da quello che i tedeschi chiamano Statutenwechsel, il cambio di regime. Il SIDIP stabilisce che, in difetto di convenzione, si applichi la legge della cittadinanza comune o, in subordine, quella del luogo di prevalente localizzazione della vita matrimoniale. Entrambi i riferimenti possono cambiare in corsa: un coniuge acquisisce la cittadinanza dell’altro; la nuova localizzazione supera per durata quella precedente. La questione più delicata è stabilire se tale variazione sia retroattiva o meno. L’affermativa è autorevolmente sostenuta in dottrina, ed è anche la soluzione espressamente adottata dal legislatore elvetico. Le conseguenze sarebbero però davvero inusitate: il coniuge che acquista in separazione, perché questo stabilisce la legge applicabile al momento, vedrebbe l’immobile cadere in comunione qualora la nuova legge applicabile preveda tale regime. La tesi della retroattività è stata fortunatamente contraddetta, in ambito notarile, con la ben motivata risposta a quesito 16-2021-A (di Daniela Boggiali, Domenico Damascelli e Paolo Pasqualis); conforta poi che il Regolamento non preveda nulla di simile.

Per finire, una trappola squisitamente notarile. Le convenzioni con cui si modifica il regime applicabile possono essere retroattive? Quelle soggette al Regolamento sono retroattive solo se espressamente lo si prevede, e tutte le convenzioni stipulate post 19 sono governate dal Regolamento, indipendentemente dalla data di celebrazione del matrimonio. Se si opta per la retroattività, occorrerà anche trattare come si conviene (verosimilmente: alla stregua di donazioni) i mutamenti di proprietà che ne discendono, dal punto di vista fiscale, delle menzioni e delle allegazioni.

Diverso discorso per le convenzioni stipulate in vigenza del SIDIP, che ancora a lungo si dovranno prendere in considerazione, ad esempio in sede di rivendita. Non è infatti chiaro se nel silenzio queste siano retroattive. In campo immobiliare, potrebbero forse essere proprio allegazioni e menzioni a trarre d’impaccio l’incolpevole notaio incaricato della rivendita. Laddove vi siano, l’opzione per la retroattività mi parrebbe implicita. Nel caso contrario, le nullità formali probabilmente consentono di escludere l’efficacia retroattiva senza doversi interrogare oltre. Resta il problema della sanabilità, ma in prima battuta le nullità formali, per una volta, potrebbero rivelarsi amiche.

Ugo Bechini, Notaio in Genova

Il Ruolo dell’Office Manager nello Studio Notarile – di Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Quando lo studio notarile assume dimensioni e complessità importanti può essere, ai fini del funzionamento di tutti i processi che conducono alla erogazione della prestazione professionale, può essere di aiuto l’istituzione della figura dell’office manager. Si tratta di una figura professionale al quale il Notaio può delegare alcune delle funzioni che normalmente gestisce in prima persona in quanto titolare e responsabile dello studio. Più nello specifico, in base al livello di autonomia desiderata, le responsabilità e le mansioni che possono essere assegnate all’office manager possono essere le seguenti:

  • La gestione amministrativa, ovvero
    1. Coordinare e supervisionare le attività quotidiane dell’ufficio
    2. Supportare l’attività del responsabile amministrativo
    3. Monitorare e ordinare le forniture necessarie per l’ufficio.
    4. Gestire i contratti con fornitori e servizi esterni.
  • La gestione operativa, ovvero:
    1. Pianificare e monitorare i lavori, intervenendo in caso di difficolta
    2. Rilevare e trattare le non conformità
  • La gestione del personale, ovvero:
    1. reclutare, selezionare e inserire le nuove risorse,
    2. verificare il fabbisogno formativo e promuovere la formazione
    3. valutare le performance e valorizzare le risorse esistenti
    4. Fornire feedback regolari e costruttivi
    5. gestire ferie e permessi
    6. motivare lo staff e risolvere eventuali conflitti
  • La gestione delle Relazioni con i Clienti, ovvero:
    1. Monitorare la soddisfazione dei clienti e promuovere azioni di miglioramento
    2. Coordinare le attività di customer service per risolvere eventuali problemi o reclami
    3. Fare da ponte tra il cliente e il Notaio
  • La gestione del know how interno, ovvero:
    1. Assicurare la massima condivisione delle informazioni e delle procedure interne
    2. Patrimonializzare il know how dei singoli a beneficio dello studio
    3. Monitorare l’adeguatezza degli strumenti in uso ed eventualmente intervenire

I vantaggi sono facilmente intuibili:

  • Una migliore efficienza operativa, grazie ad un migliore coordinamento delle risorse, dei processi operativi e del know how interno
  • Un aumento della produttività, grazie ad una più attenta attività di pianificazione e costante monitoraggio dello stato di avanzamento dei lavori
  • Una maggiore soddisfazione dei clienti, che possono contare su un più altro standard di servizio su un riferimento per la presa in carico tempestiva di eventuali istanze
  • Un ambiente di lavoro più positivo, grazie all’attività di motivazione dello staff dello studio e aiutarlo ad affrontare le piccole o grandi ansie quotidiane

A questi vantaggi, si aggiunga il tempo liberato nell’agenda del Notaio che potrà così dedicare ad attività di maggiore prestigio, come ad esempio la cura più minuziosa delle relazioni considerate strategiche per lo studio. O, perché no, alla propria vita privata!

A volte si commette l’errore di assegnare questo ruolo alla persona che all’interno dello studio ha una maggiore anzianità di servizio e alla persona che esprime maggiori competenze tecniche. In realtà, andrebbe innanzitutto valutato il possesso di competenze di carattere più manageriale. Proviamo a riassumerle nel seguente elenco:

  • Competenze Organizzative
    1. Capacità di pianificare e organizzare il proprio lavoro e quello degli altri in modo efficiente.
    2. Abilità nel determinare le priorità e assegnare le risorse in modo appropriato per garantire che le scadenze siano rispettate.
    3. Capacità di gestire simultaneamente molteplici compiti e progetti senza perdere il controllo.
  • Competenze Comunicative
    1. Eccellente capacità di comunicazione sia orale che scritta per interagire efficacemente con lo staff, i clienti e i fornitori.
    2. Capacità di ascoltare attentamente e comprendere le esigenze e i problemi degli altri.
    3. Abilità nel negoziare accordi vantaggiosi con fornitori e gestire conflitti interni in modo costruttivo.
  • Competenze di Leadership
    1. Capacità di motivare e incoraggiare il team, migliorando il morale e la produttività.
    2. Abilità nel gestire un team, coordinare le attività e delegare compiti in modo efficace.
    3. Capacità di gestire e risolvere i conflitti in modo equo e tempestivo.
  • Competenze Tecniche
    1. Familiarità con i software di gestione dell’ufficio e altre tecnologie necessarie per il funzionamento dello studio.
    2. Abilità di analizzare dati e informazioni per prendere decisioni informate.
    3. Competenze nella pianificazione, esecuzione e chiusura di progetti, garantendo il rispetto di tempi e budget.
  • Competenze Interpersonali
    1. Capacità di comprendere e rispondere in modo appropriato alle emozioni e alle esigenze degli altri.
    2. Abilità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e gestire situazioni inaspettate.
    3. Affidabilità e capacità di gestire le responsabilità con integrità.
  • Competenze Strategiche
    1. Capacità di vedere il quadro generale e pianificare a lungo termine.
    2. Abilità nel risolvere problemi in modo creativo ed efficace.
    3. Capacità di valutare situazioni complesse e prendere decisioni ponderate.

In sostanza, il ruolo dell’office manager è di impegnarsi affinché gli interessi dei principali stakeholder dello studio (notaio, team, cliente) siano allineati, tutelati e valorizzati al meglio. Con un evidente vantaggio dello studio in termini di maggiore competitività.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network

 

Il passaggio generazionale nello studio notarile – di Dott. Michele D’Agnolo

Il passaggio generazionale rappresenta un momento critico per qualsiasi studio professionale, e gli studi notarili non fanno eccezione. In un settore dove la fiducia e le competenze consolidate sono fondamentali, pianificare accuratamente la successione è cruciale per garantire continuità a dipendenti e collaboratori e meglio tutelare le aspettative della clientela. Tuttavia, alcuni notai, soprattutto quelli che conducono studi monocratici, possono decidere di chiudere lo studio piuttosto che pianificare la successione. Questo articolo esplora le problematiche e le soluzioni legate alla successione generazionale negli studi notarili, con un focus sulle potenziali strategie per un passaggio di consegne senza intoppi.

La resistenza al cambiamento è una delle prime problematiche che emergono durante il passaggio generazionale. I notai senior spesso hanno metodi di lavoro consolidati e possono resistere alle nuove tecnologie o ai cambiamenti nei processi operativi. Questa resistenza può derivare dalla paura di perdere il controllo o di vedere deteriorate le relazioni consolidate con i clienti. Le diverse visioni professionali tra le generazioni possono creare conflitti su come lo studio dovrebbe evolversi. Le nuove generazioni tendono ad essere più aperte all’uso delle tecnologie avanzate, mentre i notai senior possono essere più riluttanti ad adottarle.

La comunicazione e la leadership sono altre aree critiche. La mancanza di una comunicazione chiara e aperta tra le generazioni può portare a malintesi e conflitti. Inoltre, le differenze negli stili di leadership possono creare tensioni e incertezze. La pianificazione della successione è essenziale ma spesso trascurata. La mancanza di un piano di successione chiaro e ben definito può portare a incertezze e disorganizzazione. La transizione può essere troppo rapida o troppo lenta, influenzando negativamente l’operatività dello studio e la motivazione del personale. Infine, il passaggio generazionale deve essere gestito nel rispetto delle normative e della deontologia vigenti, il che può complicare ulteriormente il processo.

Quando i notai scelgono di chiudere lo studio invece di pianificare una successione generazionale, emergono diverse problematiche significative. La chiusura dello studio senza un piano di successione porta a un’interruzione immediata dei servizi notarili forniti ai clienti, causando disagio e perdite di tempo. La chiusura comporta una perdita di know-how, delle competenze accumulate e delle relazioni consolidate con i clienti, che non possono essere facilmente trasferite o replicate. Inoltre, la chiusura di studi in località remote potrebbe in alcuni casi comportare una riduzione dell’offerta di servizi notarili nel mercato locale, creando un deficit nell’accesso a tali servizi per la comunità. Infine, la chiusura comporta inevitabilmente la perdita di posti di lavoro per i dipendenti, che potrebbero trovarsi senza occupazione in breve tempo.

Una pianificazione anticipata della successione, da iniziare qualche anno prima della quiescenza, può risolvere molte di queste problematiche. Sviluppare un piano di successione dettagliato, coinvolgendo tutti gli stakeholder rilevanti, inclusi i clienti chiave e il personale, è cruciale per garantire una transizione senza intoppi. La collaborazione con altri studi notarili può essere una soluzione efficace. Considerare la possibilità di fusioni con altri studi notarili può garantire la continuità del servizio e la conservazione delle relazioni con i clienti. Per assicurare il buon attecchimento della fusione occorre identificare colleghi con adeguate competenze e simili al professionista uscente nello stile di gestione dei clienti e dei dipendenti e collaboratori.

Un’altra strategia efficace per uno studio notarile monocratico è identificare un collega interessato al subentro. Questo processo richiede una pianificazione attenta e può essere gestito attraverso vari passaggi. Inizialmente, è utile effettuare una valutazione completa della situazione dello studio e definire i criteri per il subentro. Il Notaio senior potrà utilizzare la propria rete professionale ed eventualmente le associazioni sindacali e i network per identificare potenziali candidati. Condurre interviste e verifiche approfondite per selezionare il candidato più adatto e redigere un accordo dettagliato che stabilisca i termini e le condizioni della transizione sono passaggi essenziali. Pianificare un periodo di affiancamento per facilitare il trasferimento delle responsabilità e delle competenze e raccogliere feedback per monitorare il progresso della transizione è un modo per assicurare che gli obiettivi del Notaio uscente e di quello subentrante siano entrambi raggiunti.

Un periodo di permanenza del notaio uscente, anche se formalmente cessato, può essere estremamente utile per garantire una transizione fluida. Questo periodo, spesso chiamato “transizione assistita” o “affiancamento”, offre numerosi vantaggi. La presenza continuativa del notaio uscente aiuta a mantenere la fiducia dei clienti, rassicurandoli sulla stabilità e sulla continuità dei servizi offerti. Il notaio uscente può svolgere un ruolo di mentoring, trasferendo le sue competenze, conoscenze e esperienza ai notai più giovani o ai nuovi entranti nello studio. Inoltre, il notaio uscente può assistere nella istruttoria delle pratiche correnti, garantendo che non ci siano interruzioni o ritardi nei servizi forniti ai clienti.

Il passaggio generazionale in uno studio notarile è un processo complesso che richiede una pianificazione accurata e una gestione attenta. identificando uno studio con cui fondersi o un collega interessato al subentro e attraverso l’affiancamento del notaio uscente, è possibile garantire la continuità dei servizi e preservare la clientela. Con un approccio strategico e proattivo, i notai possono affrontare le sfide della successione generazionale e assicurare la sostenibilità a lungo termine dello studio notarile.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Networ