L’usufrutto congiuntivo, ammesso senza particolari problemi non contrastando con alcun principio giuridico, si ha nel caso in cui venga indicata una pluralità di riservatari/usufruttuari che devono esercitare contemporaneamente il diritto di usufrutto e la durata di tale diritto non va oltre quella della vita del più longevo degli usufruttuari: alla morte di ogni co-usufruttuario, la quota degli altri si incrementerà, intervenendo la clausola di accrescimento, mentre la morte dell’ultimo comporterà l’estinzione del diritto di usufrutto.
L’usufrutto congiuntivo è ritenuto costituibile tanto per atti mortis causa, quanto per atti inter vivos, sia titolo gratuito che oneroso.
Con riferimento all’accrescimento reciproco potrebbe sorgere il dubbio circa la possibile modalità del suo sorgere. In altre parole ci si potrebbe chiedere se possa sussistere la reciprocità dell’accrescimento solo se venisse pattuita contestualmente alla costituzione dell’usufrutto a favore di due soggetti (con atto inter vivos) che disponga sia la sua costituzione che la clausola di accrescimento, oppure sia possibile pattuire detta clausola di reciproco accrescimento anche in un successivo momento rispetto al sorgere dell’usufrutto, ricorrendo comunque il presupposto della titolarità per pari quota dell’usufrutto stesso, indifferentemente nato quest’ultimo contestualmente o in momenti temporali diversi.
A mio parere il patto di reciproco diritto di accrescimento può sempre essere stipulato anche successivamente alla costituzione del diritto di usufrutto in quanto vige l’autonomia privata che trova ostacolo solo ove si infrangano altre norme cogenti e qui non pare ve ne siano, ma affinchè detto patto abbia efficacia occorre assolutamente coinvolgere nel patto anche il nudo proprietario che deve accettare lo stesso in quanto pregiudica il suo diritto in relazione alla mancata consolidazione con la nuda proprietà della quota di un mezzo di usufrutto che invece si accresce all’altro usufruttuario e ciò in relazione ed applicazione del principio “res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest”; infatti quanto ai contratti, l’unica ipotesi di efficacia diretta nei confronti di un terzo si ha nel contratto a favore del terzo (art. 1411) che consente al detto terzo di rifiutare il beneficio.
Quanto alla forma occorrerà la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico seppure non occorra la forma solenne prevista per l’atto di donazione in quanto anche in assenza di corrispettivo, il patto di accrescimento trova riscontro in un RECIPROCO vantaggio, vi è una sorta di sinallagma e nessuna gratuità quindi. Si consideri poi altresì che la diversa fattispecie della rinuncia abdicativa al diritto di usufrutto -seppur con animo di arricchire- non richiede la forma solenne in quanto il nudo proprietario diviene pieno proprietario con un negozio indiretto.
La forma suddetta (se oggetto siano beni immobili) occorrerà ai fini della trascrizione dell’atto nei pubblici registri immobiliari considerato che i terzi hanno interesse a conoscere la modificazione della durata di un diritto reale quale l’usufrutto che sì, non potrà durare più di una vita umana (quella del più longevo), ma l’interesse dei terzi risiede nel fatto di sapere se una quota di ½ di usufrutto si consoliderà con la nuda proprietà o meno, in relazione alla stipula di negozi giuridici con il nudo proprietario poiché varierebbe il corrispettivo e la tassazione: si pensi se gli usufruttuari siano due soggetti uno di 90 anni e l’altro di 60 anni, senza o con reciproco diritto di accrescimento.
Ora prenderei in considerazione uno spinoso aspetto di questa tematica e cioè se l’accrescimento operi comunque nel caso che uno dei due co-usufruttuari trasferisca con negozio giuridico al/ai nudi proprietari la propria quota di usufrutto (e viceversa).
Uno studio del CNN (risposta a quesito n. 127-2019/C) ritiene che “non possa operare immediatamente l’accrescimento a favore degli altri contitolari del diritto di usufrutto; quando uno dei contitolari del diritto di usufrutto acquista anche la nuda proprietà, il suo diritto di usufrutto si estingue ai sensi dell’articolo 1014 codice civile, ma le facoltà di uso e di godimento ad esso connesse non sono perse dall’originario titolare ma, al contrario, permangono nel suo patrimonio, ancorché non più a titolo di usufrutto, ma a titolo di piena proprietà. Ecco, allora, che non potrà esservi alcun effetto di accrescimento immediato a favore degli altri cousufruttuari in quanto manca il presupposto della perdita del diritto, o meglio della perdita delle facoltà insite nel diritto, da parte di uno dei contitolari. Solo nel caso di premorienza dell’usufruttuario acquirente della nuda proprietà rispetto agli altri contitolari del diritto di usufrutto, potrà, allora, operare l’accrescimento nel diritto di usufrutto a favore degli altri.” Conclude poi il redattore allo stesso modo nell’opposto caso e cioè nel caso in cui il nudo proprietario acquista il diritto di uno dei cousufruttuari. Il relatore argomenta ciò con il seguente ragionamento: “Né gli altri contitolari del diritto di usufrutto pare possano lamentarsi della non immediata operatività dell’accrescimento. Se, infatti, il contitolare cedesse il suo diritto di usufrutto a soggetti diversi dal nudo proprietario, il diritto di accrescimento a favore degli altri cousufruttuari non opererebbe certo al momento del trasferimento dell’usufrutto al terzo, ma solo in caso di premorienza dell’originario cousufruttuario e solo al momento di tale premorienza e non pare vi siano ragioni per giustificare differenti effetti per il solo fatto che la cessione avviene a favore del proprietario anziché di altro soggetto”. Però a mio avviso sembra dimenticare un elemento fondamentale che fa cadere il suo asserto: nel caso di trasferimento dell’usufrutto al nudo proprietario si estingue l’usufrutto ex art. 1014 c.c. mentre nel caso di trasferimento di quota di usufrutto ad altro soggetto il diritto di usufrutto continua a sussistere.
Seguendo poi l’impostazione della suddetta risposta a quesito allora la conseguenza (di non pratica sostenibilità) sarebbe che, in caso di costituzione di garanzia reale -quale una ipoteca volontaria- su quota di un mezzo di piena proprietà, divenuta tale per il nudo proprietario in forza della vendita allo stesso da parte di uno solo dei cousufruttuari con diritto reciproco di accrescimento, detta costituzione di ipoteca (su quota di piena proprietà) dovrebbe comunque essere concessa con il consenso anche del co-usufruttuario del cedente (colui cioè che non ha ceduto e che a favore del quale si verificherebbe l’accrescimento in caso di sopravvivenza all’altro co-usufruttuario cedente) poiché a costui tornerebbe il diritto di usufrutto INTERO, al momento del decesso del cousufruttuario cedente e non potrebbe -nè sarebbe possibile- che gli tornasse gravato da una ipoteca concessa senza il suo consenso; né d’altronde a giustificare la permanenza della ipoteca basterebbe l’ appiglio consistente nel fatto che l’ipoteca sia stata iscritta prima che “rivivesse” l’usufrutto, in quanto questo è “rinato” per via di un contratto stipulato e trascritto precedentemente alla iscrizione della ipoteca, contratto da cui risultava il reciproco diritto di accrescimento (altrimenti inopponibile al nudo proprietario) e se derivante da legato addirittura accrescimento esistente per via di legge (art. 678 c.c.); mi sembra però che questa non sia la prassi seguita usualmente in sede di costituzione di una ipoteca che viene concessa -in genere- senza il consenso del co-usufruttuario non cedente, salvo quanto infra indicato con riferimento alla identificazione della struttura contrattuale della cessione in oggetto.
Da quanto detto si aderisce infatti alla tesi dell’estinzione in modo definitivo del diritto di usufrutto (pro quota ceduto) a tenore dell’articolo 1014 c.c. tesi non contraddetta dall’esistenza di una condizione risolutiva inerente al contratto di cessione tra usufruttuario e nudo proprietario come meglio infra indicato. L’usufrutto infatti non può rinascere dopo la morte del co-usufruttuario che abbia trasferito il detto usufrutto al nudo proprietario per poi “rivivere” ed andare all’altro co-usufruttario, rimasto titolare del diritto di usufrutto con accrescimento: qui siamo in presenza di una fattispecie ontologicamente diversa dalla rinuncia all’usufrutto o dal decorso del termine (situazioni che consentono l’accrescimento al co-usufruttuario), poiché questi eventi non fanno venire meno il diritto di usufrutto che persiste –senza soluzione di continuità- in quanto non si consolida con la nuda proprietà per via del patto di accrescimento che qui opera immediatamente a favore dell’altro co-usufruttuario. Si ribadisce: nel caso invece del trasferimento del diritto di usufrutto a favore del nudo proprietario si verifica la consolidazione in capo ad un’ unica persona del detto diritto di usufrutto con la nuda proprietà, per esplicito consenso espresso dalle parti, che fa sì che l’usufrutto si estingua e non transiti quindi all’altro co-usufruttuario: questo consenso delle parti al trasferimento (al nudo proprietario) è ciò che giustifica il divenire pieno proprietario e la contemporanea estinzione dell’usufrutto per confusione cosa che non avviene invece in caso di rinuncia abdicativa che farebbe espandere il diritto di nuda proprietà, vis espansiva interdetta dal patto di accrescimento che qui opera immediatamente non facendo estinguere l’usufrutto.
D’altra parte l’art. 1014 c.c. sancisce l’estinzione dell’usufrutto e non vi è altra norma che ne preveda la riviviscenza quando il co usufruttuario cedente perisce: qui si è estinto e quando ciò accade è per sempre. Tutto ciò va però necessariamente correlato al principio espresso dall’art. 1372, 2° comma cod. civ. che esprime il principio che il contratto ha efficacia solo tra le parti e non nei confronti dei terzi. Per cui prendendo posizione anche alla correlata struttura (che incide sul problema in oggetto) qui siamo in presenza di un contratto bilaterale tra co-usufruttuario/cedente e nudo proprietario/acquirente la cui efficacia tra le parti è immediata (tesi pacifica) ma necessariamente sottoposta alla condizione risolutiva (in ossequio al principio sopra enunciato dall’ordinamento giuridico espresso dall’art. 1372 2° comma cod. civ. che nessun contratto può andare in danno di posizione giuridiche di terzi) consistente nell‘ evento della premorienza del co-usufruttuario cedente rispetto al co-usufruttuario non cedente che si verifica solo in caso di mancata adesione al patto da parte del co-usufruttuario non cedente, titolare di precedente diritto di accrescimento. Detta risoluzione è evitata quindi nel solo caso in cui il negozio di trasferimento ottenesse, come detto, il consenso del co-usufruttuario non cedente -in mancanza del quale allora sì che alla morte del co-usufruttuario cedente la sua quota di usufrutto si accrescerebbe comunque all’altro co-usufruttuario non cedente- in quanto quest’ultimo ha un diritto prioritario per il tempo in cui è stato stipulato (e trascritto) il suo patto di accrescimento rispetto all’acquisto effettuato dal terzo nudo proprietario acquirente l’usufrutto, situazione che da fondamento alla risoluzione del contratto di cessione lesivo della posizione del co-usufruttuario e che fa rivivere l’usufrutto ma non già dopo la sua estinzione ma in quanto la condizione risolutiva retroagisce al momento della stipula del contratto di cessione.
Quanto alla forma qui occorrerà pur sempre, naturalmente, la forma della scrittura privata autenticata o dell’atto pubblico per la necessaria pubblicità nei registri immobiliari.
Roberto Santarpia, Notaio in Orzinuovi.