Il rapporto tra il Notaio e i propri dipendenti è spesso molto diverso da quello che lega l’imprenditore alle maestranze nelle aziende. Generalmente negli studi i dipendenti hanno finora goduto di grande indipendenza, da un certo punto di vista forse anche troppa, perché il Notaio essendo impegnato ha una limitata possibilità di monitorare continuativamente la quantità e la qualità del lavoro svolto, di cui ha contezza di solito ex post quando le minute sono predisposte o gli adempimenti gli vengono proposti per la firma.

A una straordinaria autonomia nella scelta dei metodi di lavoro e nella gestione del proprio tempo spesso si accompagna una molta maggiore dipendenza dal punto di vista professionale: ogni scelta di un qualche rilievo è rimessa al Notaio, talvolta non per necessità ma semplicemente a scanso di responsabilità.

Al Notaio piace pensare che i suoi dipendenti e collaboratori facciano tutti parte di una grande famiglia. Sicuramente soprattutto nelle realtà di minori dimensioni il rapporto è connotato da una certa affabilità e familiarità reciproca. Occorre peraltro considerare che al di là della cordialità e della affabilità, nel rapporto di lavoro – come in tutte le relazioni di tipo contrattuale – ognuno persegue il proprio interesse.

Purtroppo non tutti sono casti e puri, quindi dell’ampia libertà nella gestione del proprio tempo qualcuno potrebbe approfittarsi. E se il monitoraggio è ridotto, come dice il vecchio adagio, l’occasione fa la persona ladra.

Inoltre, la deriva anarchica è sempre in agguato e non sempre le persone hanno il senso della misura. Con la tecnica del carciofo, un po’ alla volta il dipendente si allarga e così ad esempio acquisti in autonomia di materiale di cancelleria sono diventati in qualche caso – nello stupore del Notaio – acquisti in autonomia di beni ammortizzabili. Magari pertinenti alla gestione ma probabilmente da autorizzare. Mentre la gestione autonoma della cancelleria solleva il professionista da incombenze probabilmente poco utili, la fuga in avanti su macchine e mobilio tendenzialmente non lo fa felice. Ma gli esempi tratti dalla frequentazione ventennale di studi professionali potrebbero essere molteplici. Prestazioni effettuate ma non passate in fatturazione per favorire il cliente amico. Prestazioni che nel database dello studio cambiano stranamente autore in funzione dell’ottenimento di un premio di produzione. Fascicoli che traslano nottetempo da una scrivania all’altra.

I dipendenti non vanno colpevolizzati in quanto spesso manca il management. Pochi obiettivi misurabili, poco o nessun feedback costruttivo. Comportamenti virtuosi non sempre identificati e premiati e comportamenti viziosi altrettanto non sempre tempestivamente stigmatizzati e corretti.

In ogni caso, in azienda quando i comportamenti del dipendente non sono adeguati scatta immediatamente una sanzione disciplinare. E dopo un certo numero di sanzioni disciplinari, scatta il licenziamento.

È rarissimo invece riscontrare provvedimenti disciplinari all’interno degli Studi Notarili non solo per la riluttanza del Notaio ad irrogarli ma anche per la assenza di un codice disciplinare che lo consenta. Purtroppo però, date le spinte competitive, il buonismo all’interno degli studi professionali ha le ore contate.

Oggi che serve avere collaboratori più disciplinati per ridurre i rischi e fare efficienza, è spesso difficile per i titolari di studio far capire che “è finita la ricreazione”.

Ecco allora che dotare lo studio del codice disciplinare ed affiggerlo a norma di Statuto dei Lavoratori può costituire un importante deterrente a comportamenti border-line altrimenti difficili da correggere. In assenza di codice disciplinare si possono infatti sanzionare solo comportamenti macroscopici come il furto di beni dello studio o una aggressione fisica ad un altro dipendente. In altre parole soltanto quei comportamenti che per la Corte di Cassazione corrispondono alla violazione di regole universali. Con la conseguenza che rimangono impuniti e impunibili invece proprio quegli episodi forse meno eclatanti ma non meno importanti che si vorrebbe andare a correggere.

Il codice disciplinare è un documento composto da un estratto del CCNL applicato, di solito quello degli Studi Professionali stipulato per i Notai dalla confederazione datoriale Confprofessioni cui appartiene Federnotai, e da un estratto del codice civile e dello Statuto dei Lavoratori. L’art. 138 del CCNL stabilisce la graduazione delle sanzioni in funzione dei comportamenti del dipendente. Il codice disciplinare va affisso in luogo visibile da tutti i lavoratori a nulla valendo a fini legali eventuali altre forme di conoscenza. Il procedimento prevede che a fronte di una violazione disciplinare, il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo poi sentito a sua difesa.

Il lavoratore potrà farsi assistere da un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato.

Fermo restando quanto disposto dalla legge 15 luglio 1966, n. 604, non possono essere disposte sanzioni disciplinari che comportino mutamenti definitivi del rapporto di lavoro; inoltre la multa non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base e la sospensione dal servizio e dalla retribuzione per più di dieci giorni. In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa.

Il lavoratore al quale sia stata applicata una sanzione disciplinare può promuovere, nei venti giorni successivi, anche per mezzo dell’associazione alla quale sia iscritto ovvero conferisca mandato, la costituzione, tramite l’ufficio provinciale del lavoro e della massima occupazione, di un collegio di conciliazione ed arbitrato, composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro scelto di comune accordo o, in difetto di accordo, nominato dal Direttore dell’ufficio del lavoro. La sanzione disciplinare resta sospesa fino alla pronuncia da parte del collegio.

Qualora il datore di lavoro non provveda, entro dieci giorni dall’invito rivoltogli dall’ufficio del lavoro, a nominare il proprio rappresentante in seno al collegio di cui al camma precedente, la sanzione disciplinare non ha effetto.

Se il datore di lavoro adisce l’ autorità giudiziaria, la sanzione disciplinare resta sospesa fino alla definizione del giudizio.

Non può tenersi conto ad alcun effetto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione.

La prima introduzione nello studio dello strumento del Codice disciplinare andrà utilmente preceduta da una riunione esplicativa, precisando che la correttezza che si persegue va a vantaggio non del Notaio ma di tutto il team.

Le sanzioni disciplinari vanno soprattutto utilizzate come deterrente, vanno minacciate più che comminate. Conviene ricorrervi con grande parsimonia in quanto va valutato l’effetto spesso dirompente e definitivo che possono avere sulla motivazione del dipendente che ne viene colpito. Tuttavia, in alcuni momenti della vita dello studio può rendersi indispensabile creare un precedente in modo da comunicare a tutto lo staff una cesura rispetto al passato. 

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

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