
Il presente elaborato ha, in asse con il taglio della rivista, un taglio operativo al fine di verificare se sia ricevibile dal notaio un testamento pubblico contenente una divisione fatta dal testatore con pretermissione di un legittimario.
Definizione e natura
La divisione fatta dal testatore, nota anche come “assegno divisionale qualificato”, è un atto testamentario con cui il testatore assegna direttamente i suoi beni agli eredi, evitando la formazione della comunione ereditaria. A differenza della divisione ordinaria, questa attribuzione ha effetto reale immediato, trasferendo i beni direttamente agli eredi sin dall’apertura della successione. Tuttavia, non si tratta di una divisione in senso tecnico, poiché non scioglie una comunione preesistente. È più correttamente definita come un mezzo per distribuire i beni tra gli eredi, con effetti immediati e diretti.
Distinzione da altre disposizioni
La divisione fatta dal testatore si distingue dall’institutio ex re certa (art. 588, 2° comma, c.c.), in cui le quote ereditarie non sono predeterminate, ma si determinano successivamente in base al valore dei beni assegnati. Nella divisione fatta dal testatore, invece, le quote sono specificamente individuate e assegnate agli eredi.
Limiti e condizioni
Proporzione tra valore della quota e beni assegnati: Il valore complessivo dei beni assegnati a ciascun erede non deve essere inferiore alla sua quota ereditaria di oltre un quarto, pena la possibilità di impugnazione per rescissione (art. 763 c.c.).
Inclusione dei legittimari: È obbligatorio includere nella divisione i legittimari, pena la nullità dell’atto (art. 735, 1° comma, c.c.).
Possibilità di divisione parziale: Il testatore può disporre una divisione oggettivamente parziale, assegnando solo alcuni beni e lasciando gli altri in comunione ereditaria, che sarà regolata secondo la legge, salvo diversa disposizione testamentaria.
Divisione soggettivamente parziale: È ammissibile che il testatore formi la porzione di alcuni eredi, lasciando gli altri in comunione ereditaria, a condizione che vi siano beni sufficienti per soddisfare i diritti degli eredi non apporzionati.
Nonostante il legislatore non la preveda, non v’è quindi alcun dubbio circa l’ammissibilità di una divisione soggettivamente parziale, ossia della divisione fatta dal testatore formando la porzione di alcuni eredi soltanto e lasciando quindi sussistere la comunione ereditaria in capo ai coeredi non apporzionati. La divisione soggettivamente parziale è anche, necessariamente, oggettivamente parziale, in quanto da essa devono restar fuori i beni necessari a formare le porzioni degli eredi in essa non contemplati.
La validità della divisione soggettivamente parziale non può peraltro esser messa in dubbio guardando quanto previsto dall’art. 735, 1° comma, c.c., che stabilisce essere nulla la divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari o degli eredi istituiti. Tale norma, infatti, si riferisce soltanto al caso in cui il testatore non lasci fuori dalla divisione beni sufficienti a formare le porzioni spettanti ai soggetti pretermessi.
Efficacia e garanzie
La divisione fatta dal testatore ha effetti reali immediati, trasferendo i beni direttamente agli eredi. In caso di assegnazione di beni di valore inferiore alla quota spettante, il testatore può disporre conguagli in denaro, che assumono la natura di legati con funzione divisoria. Tali conguagli sono garantiti dall’ipoteca legale prevista dall’art. 2817, n. 2, c.c.
Nullità e impugnazione
La divisione fatta dal testatore è nulla se non comprende tutti i legittimari o gli eredi istituiti (art. 735, 1° comma, c.c.). Inoltre, è soggetta a impugnazione per lesione della legittima se un erede riceve beni di valore inferiore alla sua quota di legittima, con possibilità di azione di riduzione (art. 735, 2° comma, c.c.).
EFFETTI della nullità
La nullità della divisione non annulla le disposizioni testamentarie sottostanti. In caso di nullità, si ripristina la comunione ereditaria e gli interessati possono richiedere una nuova divisione secondo le norme legali. Il legittimario pretermesso deve prima esercitare l’azione di riduzione per ottenere la sua quota, e solo successivamente potrà partecipare alla divisione. E’ quindi bensì vero che In caso di pretermissione di un legittimario la divisione testamentaria è nulla ai sensi dell’art. 735 c.c., ma il legittimario deve esperire preventivamente l’azione di riduzione per ottenere la quota di riserva e la qualità di erede.
Ciò in ossequio al principio oramai consolidatissimo secondo il quale il legittimario pretermesso non partecipa alla comunione ereditaria ipso iure (e né può pertanto chiedere la divisione dei beni relitti dal de cuius) senza aver prima esercitato vittoriosamente l’azione di riduzione delle disposizione testamentarie.
Concorde la giurisprudenza della Cassazione: Cass. civ., Sez. II, Sentenza, 22/03/2018, n. 7178: La domanda di nullità della divisione deve essere accolta solo se il legittimario pretermesso ha esperito preventivamente l’azione di riduzione.
La divisione non sarà quindi nulla nel caso in cui il testatore non abbia incluso nella stessa alcuno dei legittimari o degli eredi istituiti ma vi siano nell’asse beni sufficienti a formare la porzione dell’erede pretermesso o lo stesso non sia stato comunque leso nella sua legittima per avere ricevuto in vita donazioni che hanno soddisfatto la sua quota necessaria. Così come non sarà nulla nel caso in cui beni in eccedenza, rispetto al riparto divisorio, non vi siano, ma il legittimario non sia un coerede non avendo agito in riduzione.
Si verte indubitabilmente nel campo degli strumenti di protezione della legittima. Infatti la disposizione in commento (735 1° comma) decisamente presuppone la lesione del legittimario sotto il profilo quantitativo, per cui la legittimazione ad agire sarà integrata dalla verifica della ricorrenza di tutti i presupposti per l’esercizio dell’azione di riduzione, di cui l’azione in questione (735 comma 1°) costituirebbe a giudizio della migliore dottrina (Mengoni e La Porta) particolare applicazione.
Ma allora se la nullità dell’ art. 735. 1° comma codice civile, non opera “statim et irrevocabiliter” ma solo in quanto il legittimario pretermesso abbia vittoriosamente esperito l’azione di riduzione unitamente alla domanda giudiziale di nullità della divisione, di che tipo di nullità si tratta? Dalla risposta dipende la ricevibilità o meno da parte del Notaio di una divisione soggettivamente parziale effettuata dal testatore che non abbia incluso un legittimario e non abbia nemmeno lasciato (oltre il diviso) beni sufficienti ad apporzionarlo.
Personalmente aderisco pienamente quindi alla dottrina che propende per la detta ricevibilità ed anzi per la cogenza della sua ricevibilità ex art. 27 Legge notarile e non applicabilità dell’art. 28 della legge notarile per i seguenti motivi:
Non si verte nel campo della nullità assoluta in quanto i tratti caratteristici della stessa sono la insanabilità anche se è possibile la conversione; la legittimazione ad agire è assoluta, ovvero chiunque vi abbia interesse può far valere la nullità; la nullità assoluta può essere rilevata d’ufficio dal giudice ed infine la nullità assoluta produce effetti anche nei confronti dei terzi. Tutte tali condizioni non sono sussistenti nel caso della divisione fatta dal testatore senza inclusione di un legittimario.
Direi che per quanto sopra specificato si verta quindi nel campo della nullità relativa; infatti solo determinate parti, o specificamente indicate dalla legge, possono esercitare l’azione di nullità. A differenza della nullità assoluta, la nullità relativa può essere sanata e non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma richiede una specifica eccezione da parte dell’ interessato. Tutte circostanze rilevabili nella fattispecie che ci interessa; è, ritengo, configurabile anche una tacita volontà di sanatoria da parte del legittimario pretermesso che non abbia avuto soddisfazione in ordine alla sua quota necessaria e che non abbia impugnato con azione di riduzione e nullità la stessa divisione e che si caratterizza per la sua legittimazione ad agire limitata.
Quindi questa nullità ex art. 735 comma 1 c.c. è nullità di protezione o relativa. Da ciò inapplicabilità dell’art. 28 Legge notarile. Partendo dalle caratteristiche della sanzione della nullità di protezione è stato affermato che «esula dal contesto sanzionato dall’art. 28 l.n., la nullità relativa, rilevabile non d’ufficio ma solo da chi vi è legittimato dalla legge, strutturalmente assimilabile all’annullabilità, pur conservando quel profilo d’imprescrittibilità dell’azione tipico della nullità. L’art. 28 sanziona solo la nullità assoluta dell’atto». La Corte di Cassazione ha, in più occasioni, ribadito che il divieto imposto dall’art. 28, n. 1), l. not. di ricevere atti espressamente proibiti dalla legge attiene ad ogni vizio che dia luogo ad una nullità assoluta dell’atto, con esclusione, quindi, dei vizi che comportano l’annullabilità o l’inefficacia dell’atto ovvero la stessa nullità relativa.
Roberto Santarpia, Notaio in Orzinuovi.