Mi accingo a scrivere queste righe relative a un tema particolarmente complicato inerente al passaggio generazionale di beni e in particolar modo di partecipazioni societarie utilizzando uno strumento quale quello del regime della neutralità indotta ex art. 177 2° comma del TUIR. Ancor più complicato è scrivere di tal tema cercando di non essere prolisso e ridondante facendo così perdere “la pazienza” o peggio il “fil rouge” al lettore.
Ciò in quanto mille potrebbero essere gli incisi necessari affinchè un pubblico non aduso alla materia possa comprendere l’informazione sottesa all’elaborato, ma l’ essere esaustivo comporterebbe il rischio di esaurire la pazienza del lettore e quindi, considerando che il fruitore di quanto in oggetto è un pubblico “adulto” e informato di diritto, cercherò di emulare il sintetismo che adoperavano e adoperano grandi maestri, sicuramente lungi dal poter solo far sorgere il dubbio di loro somigliare, autori che riuscivano ad essere sintetici al fine di propugnare il pensiero cardine dell’ elaborato senza soffermarsi su principi e teorie del diritto già note e quindi solo a richiamarsi.
Entrando in medias res, quindi, qualora un pater familias intendesse trasferire la proprietà di quote di partecipazioni societarie ai propri figli perché costoro possano proseguire l’attività di gestione collettiva dell’azienda paterna, si troverebbe nella possibilità di raggiungere tale scopo attraverso il trasferimento a titolo oneroso o a titolo gratuito delle dette partecipazioni. Spesso il trasferimento a titolo gratuito viene espunto dalle possibili vie per raggiungere lo scopo, per le note complicazioni che possono derivare, una volta apertasi la successione del donante/disponente, dalla possibile impugnazione da parte di eredi legittimari lesi o pretermessi e quindi per i possibili problemi di circolazione delle partecipazioni stesse dai donatari ai terzi, vivente il donante. Quindi l’altra via che rimane è il trasferimento a titolo oneroso delle dette partecipazioni che, a prescindere dal tipo di causa tecnico giuridica che connoterebbe il negozio di trasferimento, comporta il rischio di dover sopportare un rilevante esborso di denaro da parte del disponente qualora il valore fiscale delle dette partecipazioni fosse inferiore al valore “normale” delle stesse, realizzandosi una plusvalenza tassabile, anche se il cedente non operasse in regime di impresa (vedi art. 9 comma 2, secondo periodo del TUIR).
Alternativamente a ciò si potrebbe procedere con permuta di partecipazioni e applicando quindi la normativa dell’art. 177 comma 2 del TUIR che prevede che le azioni o quote ricevute a seguito di conferimenti in società, sempre che la società conferitaria acquisisca il controllo della società delle cui partecipazioni si tratta (cd. scambiata), controllo quale definito dal disposto dell’art. 2359 1° comma num. 1 del cod. civ. ovvero incrementi la percentuale di controllo, “sono valutate, ai fini della determinazione del reddito del conferente, in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento.” Questo articolo 177 TUIR (come precisato dalla A.E. con circolare 17/6/2010 num. 33/E) definisce un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento che rimane realizzativo ai fini della determinazione del reddito del conferente ma a realizzo controllato. Quindi in questo caso, a differenza di quanto accade se si ricorresse al criterio di realizzo a valore normale (art. 9 del TUIR), può non emergere alcuna plusvalenza nel caso in cui il valore di iscrizione del valore delle partecipazioni conferite e il conseguente incremento del patrimonio netto della società conferitaria risulti equivalente all’ultimo valore fiscale delle partecipazioni conferite (neutralità indotta).
Come detto la soc. conferitaria deve acquisire il controllo della società conferita e ciò può avvenire in seguito ad un acquisto effettuato da un unico venditore o anche da più venditori che con un unico atto ed all’interno di un progetto unitario, (così sempreAg. Entrate) trasferiscono una quota di partecipazione atta a conferire il controllo sulla società scambiata, quindi si al trasferimento di usufrutto e nuda proprietà contestualmente, si al trasferimento di proprietà e nuda proprietà (ma quota questa comunque dotata di diritto di voto), no a trasferimento di usufrutto da solo anche se con diritto di voto perché il soggetto conferente che ricevesse usufrutto su partecipazioni della (e dalla) conferitaria, non sarebbe (in quanto usufruttuario) socio e la norma pretende la qualità di socio del conferente nella conferitaria (vedi risposta ad interpello num. 147 della A.E.).
Quindi il valore fiscale della partecipazione ricevuta dalla conferitaria è pari al valore del patrimonio netto formato dalla medesima società conferitaria, valore che potrebbe anche essere inferiore al valore effettivo delle quote di partecipazione trasferite, per cui in caso di cessione a titolo oneroso successiva delle partecipazioni “scambiate” (trasferite dalla conferitaria) si avrebbe plusvalenza tassabile solo nel caso di un corrispettivo maggiore rispetto al valore fiscale delle stesse che è equivalente a quello iscritto in bilancio della conferitaria, mentre nel caso di pari valore non sorgerebbe plusvalenza e si raggiungerebbe il risultato che con il trasferimento delle stesse all’acquirente, costui controlla la società conferitaria che a sua volta controlla la conferente mentre in caso di trasferimento “diretto” di dette partecipazioni ad un terzo (senza operare la permuta delle partecipazioni ex art. 177 2° comma TUIR) si dovrebbe comunque pagare plusvalenza a prescindere dal corrispettivo pattuito in ossequio a quanto previsto dall’art. 9 comma 2, del TUIR.
Unico dubbio che rimane è se si possa iscrivere in bilancio della conferitaria un valore inferiore a quello normale: la risposta è positiva in quanto la Agenzia delle Entrate nella circolare del 17/6/2010 num. 33/E, ha chiarito che la minusvalenza (rispetto al valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazione conferite relative alla società scambiata) non può generare alcun vantaggio fiscale nel senso che non può dare luogo a componenti negative del reddito -di impresa- imponibile ed anzi ritenendo in tal caso applicabile la regola generale prevista dall’art. 9 del TUIR, e sia esplicitamente dicendo che “con l’operazione in parola…. non si realizza alcun salto di imposta ….. anche nel caso in cui la società conferitaria incrementi il proprio patrimonio netto per un valore pari al costo fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni presso i soggetti conferenti.”.
L’A.E. in una risposta ad interpello del 22 marzo 2021 n. 199, ha precisato che il conferimento di una partecipazione di controllo da parte di una persona fisica in regime di realizzo controllato (ex art. 177 2° comma del TUIR) deve essere escluso dall’ambito di applicazione della norma antielusiva specifica prevista dall’art. 175, 2° comma, del TUIR. L’unico limite all’applicabilità della norma in oggetto è costituito da quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 177 che tende ad evitare che, attraverso tale meccanismo, si consenta di scambiare azioni o quote prive dei requisiti per beneficiare della PEX (disposta dall’art. 87 del TUIR) con partecipazioni (trasmesse dalla conferitaria) che decorso il periodo temporale minimo di possesso possano invece beneficiare della detta PEX.
Altra alternativa per il controllo della società scambiata risiede nel trasferimento delle partecipazioni acquisite dalla società conferitaria a terzi. Questa cessione, beneficiando della participation exemption (ex art. 87 del Tuir secondo quanto ivi previsto) non integra gli estremi di una condotta in abuso del diritto ai sensi dell’art. 10 – bis della legge n. 212/2020.
Roberto Santarpia, Notaio in Orzinuovi.