L’art. 12 della L. 22 maggio 2017, n. 81 ha introdotto nell’ordinamento italiano la possibilità di costituire aggregazioni professionali utilizzando nuove forme giuridiche.

In particolare, vengono estesi agli studi professionali alcuni istituti giuridici già noti al mondo delle imprese. Si tratta delle reti tra professionisti, dei consorzi stabili tra professionisti e delle associazioni temporanee tra professionisti.

In particolare, per concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti pubblici e privati, e’ riconosciuta ai professionisti, a prescindere dalla forma giuridica con cui esercitano la professione, la possibilità di costituire reti di professionisti o di partecipare a reti miste con imprese, con accesso alle relative provvidenze in materia. È inoltre consentito di costituire consorzi stabili professionali e associazioni temporanee professionali. Quest’ultima forma era già ammessa nella prassi, ma è stata finora utilizzata solo per partecipare a determinati appalti pubblici o per adire ad alcune agevolazioni. Escludendo dalla trattazione le ATP, che hanno per natura un utilizzo abbastanza limitato, conviene concentrarci sulle reti e sui consorzi. Al momento l’attività prevista dal legislatore in via esclusiva per queste strutture intermedie sembrerebbe riguardare il co-branding e il co-marketing, cioè la condivisione della comunicazione esterna volta al perseguimento di nuovi mandati professionali. Ma a ben vedere, se la finalità dello strumento è il perseguimento di incarichi più ampi e complessi, allora si deve poter presupporre anche una reciproca collaborazione e un coordinamento nella fase di pianificazione e di esecuzione degli stessi, con una suddivisione dei compiti. Se poi si inquadra il contratto di rete o di consorzio tra professionisti quale contratto atipico non vietato dall’ordinamento ex art. 1322 cc.

non sembra di rilevare particolari ostacoli giuridici nemmeno alla costituzione di realtà orientate anche ad esempio al coordinamento negli approvvigionamenti o nella gestione di vere e proprie “fasi” dei rispettivi studi. Si pensi ad un centro condiviso per la esecuzione degli adempimenti successivi alla stipula.

Come si può immediatamente intravvedere, si tratta di strumenti relativamente semplici e proprio per questo di grande rilievo perché riescono a conciliare il grande bisogno di indipendenza del singolo professionista con la necessità di un sempre maggiore coordinamento imposta dal mercato, superando sia le logiche riduttive della mera condivisione di costi che quelle troppo stringenti dell’associazione, oggi peraltro penalizzata dalla presenza dell’IRAP. 

Così come le reti tra imprese stanno riscuotendo un crescente successo tra le piccole e medie imprese italiane, ritengo ci sia da attendersi altrettanto interesse e diffusione per gli strumenti di aggregazione “debole” tra studi professionali che oggi vengono proposti, e che questi si possano estendere – mutatis mutandis – anche all’ambito notarile. Tra l’altro, reti e consorzi si possono anche impiegare in via propedeutica rispetto ad aggregazioni più approfondite, in quanto consentono di convivere e di mettersi reciprocamente alla prova prima di convolare eventualmente a “giuste nozze”.

Per quanto riguarda le reti tra professionisti, al momento la norma sembra consentire fondamentalmente due tipologie di accordo. Le reti esclusivamente tra professionisti, e le reti miste con imprese. Mentre gli specifici principi legali e deontologici della professione notarile escludono a mio avviso a priori la possibilità di reti miste tra studi notarili e imprese e di reti interprofessionali tra studi notarili e altri professionisti, non sembra  – almeno prima facie – di rilevare ostacoli alla creazione di reti o consorzi esclusivamente tra studi notarili, quantomeno tra quelli presenti nello stesso Distretto Notarile. Al momento non sembra di rilevare pronunciamenti ufficiali in merito da parte del CNN.

Un Notaio può intervenire alla rete in forma di professionista individuale ma anche direttamente con la propria associazione professionale.

Una volta debitamente sviscerati i risvolti deontologici, i contratti di rete tra Notai potrebbero forse essere utili anche per consentire aggregazioni deboli, di presidio territoriale, tra soggetti ai quali non sono consentite forme di avvicinamento maggiori, si pensi ai Notai operanti in aree diverse, ai quali oggi è preclusa l’associazione professionale.

Il contratto di rete tra professionisti nulla modifica rispetto alle responsabilità professionali e personali del singolo aderente.

È possibile costituire delle reti contratto, con valenza meramente interna tra gli studi notarili aderenti e delle reti soggetto, con attività esterna, diretta nei confronti ad esempio della clientela.

Anche qui cautela suggerisce per il momento di limitarsi alle reti contratto, attraverso le quali ad esempio alcuni Notai potrebbero decidere di comunicare all’esterno le competenze e l’organizzazione dei rispettivi studi in modo coordinato, con un sito web e una comunicazione social comuni.  

Ulteriori utilizzi del contratto di rete tra Studi Notarili possono emergere dalla facoltà che la rete ha di assumere dipendenti in co-datorialità. Si pensi alla possibilità di avere un addetto antiriciclaggio dedicato che svolge il suo lavoro a turno a vantaggio di una pluralità di studi.

La norma che ammette la partecipazione dei professionisti alle reti professionali e miste non brilla per chiarezza, in quanto secondo alcuni sembrerebbe richiedere  – ad substantiam – l’iscrizione dell’atto costitutivo al Registro delle Imprese. Iscrizione, peraltro, non possibile a causa del principio di tassatività. Sul punto è però intervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico che con propria nota ha chiarito che l’impossibilità della pubblicità non implica l’impossibilità dell’utilizzo dello strumento.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

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