Skip to content

I lasciti testamentari al convivente – a cura Notaio Vito Pinto

PREAMBOLO

Molti chiedono spesso come districarsi nel caso in cui si volesse lasciare una eredità o parte di essa al proprio convivente soprattutto alla luce della nuova legge sulle Unioni Civili e del notevole aumento delle convivenze stesse. Ma innanzitutto occorre chiarire quali convivenze possiamo considerare.

NORMATIVA

D.p.r. 223/1989; L. 20 maggio 2016 n. 76

DEFINIZIONI

La convivenza diviene giuridicamente rilevante quando due persone maggiorenni (tra loro non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile), unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, coabitano ed hanno dimora abituale nello stesso comune (e cioè ex art. 4 del d.P.R. 223/1989 compaiano nel medesimo certificato di stato di famiglia).

Sicuramente non sono convivenze le coabitazioni di più amici o degli studenti in uno stesso appartamento.

La nuova legge 76/2016 riconnette a tale situazione di fatto una serie di diritti relativi sia alla sfera della tutela della persona (ad esempio in materia ospedaliera), sia a quella patrimoniale (ad esempio il diritto a partecipare ad un’impresa familiare) ed ammette la possibilità della stipula di Patti di Convivenza con cui regolare i rapporti patrimoniali ma non le situazioni successorie.

SUCCESSIONE DEL CONVIVENTE

Per risolvere il problema del lascito al convivente non può aiutarci la L. 76/2016 in quanto, per espressa volontà legislativa, mentre si è voluto pienamente parificare al matrimonio l’Unione Civile fra omosessuali, anche sotto il profilo successorio, si è invece preferito non favorire le convivenze more uxorio per non scalfire l’importanza ed il primato dell’istituto del Matrimonio.

La Legge n. 76/2016 si limita a prevedere che:

  • fatto salvo quanto previsto dall’articolo 337 sexies c.c. per l’assegnazione della casa familiare (applicabile in presenza di figli minori anche ai conviventi), in caso di morte del convivente proprietario della casa di comune residenza, il convivente superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni (che diventano tre anni ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite) o per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni. Il diritto in ogni caso viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza ovvero contragga matrimonio, unione civile o intraprenda una nuova convivenza di fatto;
  • In caso di morte del conduttore nell’affitto, il convivente superstite ha facoltà di succedergli nel contratto di locazione della casa di comune residenza;
  • In caso di morte del convivente derivante da fatto illecito spetta al convivente superstite il diritto al risarcimento del danno, secondo quanto già riconosciuto in favore del coniuge.

In assenza di altri richiami normativi la convivenza rimane, quindi, del tutto irrilevante sotto il profilo dell’ordine dei successibili, e più in generale per tutti gli altri diritti successori (diversi da quelli sopra ricordati) che il nostro ordinamento riconosce invece ai coniugi.

IL TESTAMENTO COME UNICO RIMEDIO

L’unico strumento giuridico che ci viene in aiuto è il Testamento. Potrà essere pubblico, se stipulato dal Notaio ovvero olografo, se compilato di pugno dal testatore, datato e firmato per essere valido.

Ma, sistemata la validità formale, per evitare impugnazioni sarà necessario prevedere dei lasciti a favore di figli o di precedente coniuge separato ma non ancora divorziato per compensare il minimo che la legge riserva a questi soggetti definiti legittimari e protetti appunto con una necessaria quota di eredità chiamata legittima. Ovviamente invece qualora non esistessero figli o precedenti coniugi non divorziati potrò lasciare tutto al mio convivente o lasciare solo l’usufrutto a lui e la nuda proprietà ad altri, ad esempio qualche nipote, senza che mai fratelli o altri nipoti possano contestare alcunché non essendo protetti dalla legge.

Ed anche se tutti fossero d’accordo a lasciare libero il testatore di compensare il suo convivente con tutto quello che volesse, fino a quando sarà ancora attivo l’art. 458 c.c. che vieta i Patti Successori (anche se il nuovo Governo ha dichiarato di voler eliminare o modificare questo articolo) non si potrà, in vita del disponente, manifestare alcun consenso o rinuncia anticipata!

Dopo la morte del disponente invece se quest’ultimo avesse ugualmente fatto un testamento a favore del convivente senza rispettare le quote di legittima, tutti i legittimari potranno accettarlo e dare il proprio consenso con un atto notarile di acquiescenza alle disposizioni testamentarie permettendo così l’intestazione diretta dei beni al convivente beneficiario, considerando a parte però la relativa onerosità fiscale.

ONEROSITÀ FISCALE

Purtroppo Il legislatore ha proprio omesso di agevolare sotto il profilo fiscale gli strumenti in mano ai conviventi per disciplinare gli aspetti successori del loro rapporto: eventuali disposizioni a titolo liberale o successorio in favore del convivente scontano ai sensi del Testo Unico sulle Successioni l’aliquota nella misura massima ivi prevista (cioè l’imposta di successione all’8% prevista per le liberalità tra estranei più il 3% per le imposte di trascrizione e catasto sugli immobili), né beneficiano di alcuna franchigia (che viceversa opera per i coniugi e per le unioni civili fino ad 1.000.000 di euro).

Ed anche le eventuali Agevolazioni per la prima casa saranno limitate soltanto allo sconto del 3% delle imposte di trascrizione e catasto lasciando intatto il rimanente 8%.

Vito Pinto, Notaio in Varese