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La capacità di testare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno – a cura Notaio Vincenzo Spadola

La capacità di testare in generale e le cause di incapacità testamentaria

La capacità di disporre per testamento è l’idoneità giuridica di una persona a programmare, attraverso un testamento, l’assetto dei propri interessi, sia patrimoniali che non, per il tempo successivo alla propria morte.

L’articolo 591 del Codice Civile stabilisce che il diritto di testare è riconosciuto a chiunque non sia dichiarato legalmente incapace, individuando tre ipotesi in cui tale capacità viene meno: la minore età, l’interdizione per infermità mentale e l’incapacità di intendere e di volere.

La conseguenza per il caso di contrasto alla norma predetta è l’annullamento del testamento che può essere chiesto da chiunque vi abbia interesse; la relativa azione dev’essere esercitata entro il termine di cinque anni dall’esecuzione delle disposizioni testamentarie.

La valutazione della capacità di testare deve riferirsi al momento esatto in cui il testamento è stato redatto.

Sul piano dottrinale, alcuni autori considerano l’incapacità di testare una vera e propria incapacità giuridica; altri (tesi maggioritaria) tendono a qualificarla come una particolare specificazione della capacità di agire.

Nella legge non si rinviene una definizione di incapacità di intendere e di volere, tuttavia essa comprende qualsiasi condizione temporanea o permanente che alteri la volontà del testatore, privandolo della capacità di prendere decisioni consapevoli, anche solo per un breve lasso di tempo.

Secondo la giurisprudenza, per ottenere l’annullamento di un testamento a causa di incapacità naturale del testatore, è necessaria una prova rigorosa, che non si limiti a evidenziare un’alterazione o un’anomalia psichica ma dimostri che, al momento della redazione, il soggetto era del tutto privo della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi. Tale onere probatorio grava su chi contesta la validità del testamento. A tale proposito in Cassazione, ordinanza 17 novembre 2022, n. 33914 si legge: “L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del ‘de cuius’, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere” (conformi: Cass. 22 gennaio 2019 n. 1682, Cass. 4 febbraio 2016 n. 2239, Cass. 10 marzo 2014 n. 5527; Cass. 6 novembre 2013 n. 24881).

L’individuazione dell’incapacità testamentaria può risultare particolarmente complessa nei casi di testamento olografo, poiché spesso non è possibile stabilire con esattezza il momento in cui l’atto è stato scritto e se il testatore si trovasse in uno stato di lucida consapevolezza.

Al contrario, nel testamento pubblico, la presenza del notaio offre una maggiore garanzia sulla valutazione della capacità del testatore, poiché il notaio può avvedersi dello stato di incoscienza o inconsapevolezza del testatore. Inoltre, il testamento pubblico prevede l’indicazione dell’orario di sottoscrizione, permettendo di collocare con certezza l’atto in un preciso momento temporale.

Amministrazione di sostegno e capacità testamentaria

La legge n. 6 del 2004 ha introdotto nel Codice Civile una disciplina volta a proteggere le persone che si trovano in condizioni di fragilità, senza però privarle completamente della loro autonomia.

L’amministrazione di sostegno, regolata dagli articoli 404-413 del Codice Civile, si fonda sul principio secondo cui la capacità di agire dell’individuo deve essere limitata solo nella misura strettamente necessaria alla tutela dei suoi interessi personali e patrimoniali, in base a una valutazione caso per caso da parte del giudice.

L’art. 409 del Codice Civile stabilisce che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno mantiene la capacità di compiere gli atti per i quali non sia richiesta la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore, determinando così un’incapacità parziale e circoscritta, con la conseguenza che il beneficiario può – tra le altre facoltà – validamente disporre per testamento, salvo diversa decisione del giudice.

L’articolo 411 del Codice Civile consente al Giudice Tutelare di estendere al beneficiario dell’amministrazione di sostegno effetti, limitazioni o decadenze previsti dalla legge per le persone sottoposte a interdizione o inabilitazione. Questa estensione può essere disposta sia nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno sia in un momento successivo e può anche riguardare la capacità di donare e testare (Cassazione, ordinanza 21 maggio 2018, n. 12460, per la quale “Il giudice tutelare può provvedere d’ufficio, sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà”).

In assenza di un provvedimento espresso, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno non rientra automaticamente tra i soggetti incapaci di testare. A tale proposito, Cassazione, ordinanza 28 aprile 2022, n. 13270 afferma che “Ex art. 411 c.c., comma 4, infatti, al giudice tutelare compete di delineare gli esatti contorni della sfera di comportamenti rilevanti che al beneficiario risultano preclusi, richiamandosi eventualmente alle limitazioni previste dalla legge con riguardo ai soggetti interdetti o inabilitati. E’ stato giustamente osservato in dottrina che l’estensione non implica, tramite la tecnica della relatio, il richiamo della specifica norma limitativa (ad esempio l’art. 591 c.c., comma 2, n. 2). Occorre tuttavia che, sia pure in forma implicita, la limitazione di capacità risulti specificamene stabilita con il provvedimento. In assenza di qualsiasi riferimento nel provvedimento, ad esempio, all’incapacità di fare testamento, non sono consentite valutazioni logiche o di coerenza fondate sull’ampiezza degli atti per i quali il provvedimento abbia previsto la rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore di sostegno. Salva specifica disposizione limitativa del giudice tutelare, la capacità di testare è conservata dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Il testamento fatto dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è quindi annullabile ai sensi dell’art. 591 c.c., comma 2, n. 2”.

A seconda della graduazione dei poteri conferiti all’amministratore di sostegno e, quindi, della residua capacità rimasta in capo al beneficiario, si suole distinguere tra un amministratore sostituto, quando il beneficiario si trova in una condizione di totale incapacità di intendere e volere, e un amministratore assistente, tutte le volte in cui il beneficiario mantiene la capacità di compiere atti, anche significativi, di amministrazione del proprio patrimonio e di cura della propria persona. Nel primo caso l’amministrazione di sostegno presenta caratteristiche affini alla tutela, nel secondo caso, invece, l’istituto dell’amministrazione di sostegno si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l’ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione che, al contrario, sono previsti per tutore e protutore (Cassazione, sentenza 4 marzo 2020, n. 6079).

L’art. 411 del Codice Civile prevede espressamente un’ipotesi di incapacità testamentaria e donativa in relazione all’amministratore di sostegno, il quale non può ricevere disposizioni testamentarie o donazioni dal beneficiario durante l’esercizio dell’incarico, salvo che vi sia uno dei rapporti indicati nella norma, cioè parentela entro il quarto grado o coniugio (nonché unione civile) o convivenza. Si ritiene che tale incapacità di ricevere per testamento sia riferibile solo al caso di amministratore di sostegno cosiddetto sostituto, con l’effetto che, in caso di amministrazione di sostegno assistente, questi potrebbe ereditare o ricevere un legato anche se non legato da uno dei detti rapporti con il beneficiario (Cassazione, sentenza 4 marzo 2020, n. 6079; Tribunale Trieste, sentenza 6 maggio 2017 n. 313; Tribunale Torre Annunziata, sentenza 28 marzo 2024, n. 929).

La norma da ultimo citata conferma, indirettamente, che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno mantiene la capacità di testare, salvo i casi in cui il giudice abbia disposto diversamente o venga dimostrato un concreto stato di incapacità naturale al momento della redazione dell’atto di ultima volontà.

Una questione ancora aperta riguarda la possibilità di attribuire all’amministratore di sostegno un potere di assistenza al beneficiario nella redazione del testamento. Alcuni orientamenti giurisprudenziali si sono espressi in senso favorevole, prevedendo che tale potere possa consistere o nell’affiancamento del beneficiario al momento della formazione della volontà oppure nella trascrizione delle volontà testamentarie se il beneficiario sia impossibilitato fisicamente a redigere un testamento olografo.

A tale proposito è emblematico il caso deciso da Tribunale di Varese 12 marzo 2012 ove i giudici hanno affermato che il paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) può fare testamento, dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare; in concreto è stato stabilito che l’amministratore avrebbe dovuto dapprima raccogliere una rappresentazione fotografica della schermata a video e poi trascriverne il contenuto.

Nel caso trattato dal Giudice Tutelare di Milano, decreto n.11965/2011  del 24 febbraio 2015, il magistrato, valutata la possibilità del soggetto interessato di utilizzare un comunicatore oculare, ha precisato che “il paziente affetto da SLA possa fare testamento dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare, non potendosi ammettere che un individuo perda la facoltà di testare a causa della propria malattia, trattandosi di una discriminazione fondata sulla disabilità, precisando inoltre, che per i pazienti affetti da SLA deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare”.

Va tenuto altresì presente che, secondo quanto prevede la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, gli Stati che l’hanno ratificata provvedono «ad accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità […] alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta» (articolo 21, comma b). Lo Stato italiano ha ratificato la convenzione con Legge 3 marzo 2009, n. 18.

I due provvedimenti giudiziali sopra citati, seppure condivisibili per l’intento mostrato di voler preservare la capacità di testare anche in capo a soggetti affetti da gravi disabilità, tuttavia hanno destato non poche perplessità sotto il profilo della tenuta giuridica di un testamento olografo siffatto, in evidente contrasto con l’art. 602 del Codice Civile per il quale il testamento olografo dev’essere scritto per intero, datato e sottoscritto di pugno dal suo autore, pena la nullità.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 21 maggio 2018 n. 12460, già citata prima, sembra farsi carico delle perplessità e afferma che negli atti personalissimi, qualora le facoltà cognitive e volitive del testatore risultino gravemente compromesse, non si possono facilmente ipotizzare forme di mediazione o integrazione da parte di terzi e che l’introduzione di un consenso esterno risulterebbe in evidente contrasto con il carattere strettamente personale dell’atto di ultima volontà e con la tutela della capacità del beneficiario, che rappresenta la finalità stessa dell’istituto.

In senso opposto, l’ordinanza della Corte di Cassazione del 15 marzo 2021, n. 7194 ha invece aperto alla possibilità che il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno attribuisca a questi un potere di assistenza nella predisposizione delle disposizioni testamentarie. Nel caso specifico, il decreto prevedeva che la validità del testamento fosse subordinata alla presenza di un’autorizzazione scritta dell’amministratore, non tanto per l’esercizio del potere di testare in sé, quanto per la materiale stesura delle singole disposizioni di ultima volontà. Di conseguenza, il ruolo dell’amministratore si configurava come un’integrazione negoziale della volontà testamentaria del beneficiario.  Secondo la Corte, questa configurazione non solo è compatibile con l’ordinamento, ma implica la necessità di distinguere la capacità testamentaria “attenuata” del beneficiario dell’amministrazione di sostegno da quella dell’interdetto, che è soggetta a un regime differente e più restrittivo.

Sull’argomento è stata molto rigorosa la Commissione Regionale di Disciplina della Puglia con la decisione del 15 febbraio 2022 che ha stabilito che viola l’art. 603 del Codice Civile il notaio che consente l’intervento (e la conseguente sottoscrizione) dell’amministratore di sostegno nel testamento pubblico da lui ricevuto nonostante vi sia stata formale autorizzazione in tal senso da parte del giudice tutelare (allegata all’atto): tanto in considerazione del carattere strettamente unilaterale, unisoggettivo e personalissimo del testamento, come è confermato appunto dal detto art. 603 c.c., che limita l’intervento di altri soggetti, oltre ai testimoni, esclusivamente nel caso di testamento del muto e del sordo. Il notaio, invece, avrebbe dovuto evidenziare l’abnormità del provvedimento giudiziale e, avvalendosi dello “ius postulandi” concessogli dall’art.1 della Legge Notarile, chiedere la modifica del provvedimento autorizzativo. La violazione della norma civilistica comporta violazione dell’art.28 Legge Notarile.

Dubbi e perplessità possono essere fugati mediante il ricorso al testamento per atto pubblico ove la redazione è per definizione affidata a persona terza, il notaio; ancor di più oggi, essendo oramai consentito ai notai avvalersi delle nuove tecnologie della comunicazione, quali i moderni dispositivi di ausilio alle persone con disabilità che permettono al disabile una comunicazione con il notaio, con modalità alternative a quella verbale, che assicura ugualmente il corretto esercizio dell’espressione del pensiero e del controllo del testo e, unitamente alla lettura e all’ascolto diretto, garantiscono al beneficiario –  anche  in tali particolari casi – la percezione della corrispondenza della propria volontà con il testamento in  tal modo perfezionato. Il notaio, in detti casi, può esercitare pienamente l’indagine della volontà senza alcuna mediazione di interpreti o di amministratori di sostegno, con piena garanzia della certezza e della riferibilità della volontà al testatore (sul tema in generale, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 174/2022, Sul superamento degli articoli 56 e 57 della legge notarile per i malati di sindrome laterale amiotrofica (SLA)).

Conclusioni

Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la capacità di testare, salvo che il giudice tutelare non disponga espressamente il contrario, estendendo nei suoi confronti l’incapacità prevista per gli interdetti.

Ammettere in linea di principio la capacità di testare in capo al beneficiario impedisce che un individuo perda tale facoltà a causa di una qualunque condizione o patologia che, seppure disabilitanti, non abbiano menomato capacità cognitive e decisionali; si tratterebbe infatti di una discriminazione fondata sulla disabilità con sacrificio, peraltro, di una capacità, quella di fare testamento, legata anche alla sfera emotiva e più intima della persona.

Il testamento è atto giuridico che non produce effetti pregiudizievoli per il suo autore, in quanto opera solo dopo la sua morte; peraltro, qualora le disposizioni testamentarie risultassero lesive degli interessi dei familiari, questi ultimi avrebbero comunque a disposizione vari strumenti di tutela; inoltre, anche un testamento fatto dal beneficiario che, in astratto, abbia mantenuto la capacità di testare può essere sempre impugnato da chiunque abbia interesse, dimostrando che, al momento della redazione, egli era in uno stato di incapacità naturale tale da compromettere la sua volontà.

Considerato, infine, che nel testamento possono essere inserite anche disposizioni non patrimoniali e che queste hanno dignità al pari di quelle patrimoniali, se non talvolta superiore – si pensi alle disposizioni sulla propria sepoltura, al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, alla designazione del tutore o protutore, alla dichiarazione di riabilitazione dell’indegno, alla confessione, alle determinazioni sul diritto morale di autore e sulle sorti della propria corrispondenza e di altri scritti, personali e confidenziali, alle disposizioni connesse alla cosiddetta morte digitale – l’affermata capacità di testare del beneficiario costituisce uno strumento di valorizzazione della persona umana sia nell’immediatezza presente sia nella proiezione dopo di sé.

Vincenzo Spadola,  Notaio in Parma.

 

Fonti (in ordine di pubblicazione), oltre alle sentenze citate nel testo

Giovanni Bonilini, La capacità di testare e di donare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, Famiglia, persone e successioni, n. 1, 1 gennaio 2005, p. 9

Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 623-2016/C, L’amministrazione di sostegno, est. S. Monosi e G. Taccone, Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 14 giugno 2017

Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito Civilistico n. 51-2018/C. La capacità di testare del beneficiario di amministrazione di sostegno, Risposta dell’8 marzo 2018

Maria Novella Bugetti, Sulla dubbia capacità di testare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, Il diritto degli affari, n. 2, 2021, p. 208

Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 174-2022/P, 1 febbraio 2023, Sul superamento degli articoli 56 e 57 della legge notarile per i malati di sindrome laterale amiotrofica (SLA)

Vito Amendolagine, Percorsi di giurisprudenza – Evoluzioni giurisprudenziali sull’Amministrazione di sostegno, Giurisprudenza Italiana, n. 8-9, 1 agosto 2023, p. 1940

Giancarlo Iaccarino, AA.VV., Successioni e donazioni, Edizione 2023, Capitolo XI, di Vera Tagliaferri

Matteo Gallione e Giuseppe Trapani, L’eliminazione delle barriere giuridiche per i soggetti vulnerabili ed il ruolo centrale del Notariato, Notariato, n. 1, 1 gennaio 2025, p. 15