ANCORA UNA INTERPRETAZIONE FISCALE AL LIMITE DA PARTE DELL’ AGENZIA DELLE ENTRATE che nega bonus prima casa per la rinuncia al diritto reale di abitazione.

L’agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 525 del 26 ottobre 2022, afferma apoditticamente che il negozio portante la rinuncia abdicativa senza corrispettivo (e quindi a titolo gratuito) al diritto reale di abitazione deve essere tassata, oltre che con l’imposta di donazione, con le imposte ipotecaria e catastale e le rispettive aliquote del 2% e dell’ 1%, da applicare al valore del diritto rinunciato, non ritenendo ammissibile l’agevolazione prima casa e quindi l’applicabilità in misura fissa delle imposte suddette.

Analizziamo dunque la portata dell’asserto della A.E. per verificarne la “bontà” giuridica.

La rinuncia negoziale (ad un diritto) può essere effettuata a fronte di un corrispettivo o in assenza dello stesso. Nel primo caso nessuno dubita che ci troviamo dinnanzi a un negozio giuridico bilaterale traslativo a titolo oneroso -vedasi nota 6 allo studio del C.N.N. num. 216-2014/c, che apostrofa la rinuncia come una sorta di controprestazione sia pure a  carattere negativo e ……. precisa che in tale ipotesi il soggetto non abdica affatto al suo diritto e che pertanto il suo atto non può qualificarsi come rinuncia- fattispecie che non riterrei ammissibile per il diritto di abitazione in quanto comparabile ad una cessione e il diritto di abitazione è incedibile per legge;  ai sensi delll’articolo 1 della tariffa parte prima allegata al Dpr 131/1986 (imposta di registro) è previsto che le aliquote relative agli atti traslativi o costitutivi a titolo oneroso di diritti reali immobiliari si applicano anche alla rinuncia pura e semplice agli stessi diritti. Quindi trattamento unitario se a titolo oneroso tanto che si considerino bilaterali o unilaterali.

Nel caso invece di  assenza del detto corrispettivo, la rinuncia sarebbe effettuata a titolo gratuito e la normativa (Testo unico del 31/10/1990 n. 346,)  prevede che agli atti gratuiti si applichi la disciplina fiscale delle donazioni:

“art. 1 1. L’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalita’ tra vivi.

  1. Si considerano trasferimenti anche la costituzione di diritti reali di godimento, la rinunzia a diritti reali o di credito e la costituzione di rendite o pensioni.”

Quindi la legge EQUIPARA anche qui le donazioni e le altre liberalità tra vivi ai fini fiscali. E questo è un primo indizio di volerle trattare nello stesso modo e quindi non solo in alcuni casi.

In secondo luogo approfondendo se la rinuncia negoziale gratuita possa configurarsi quale donazione (ontologicamente tale benchè indiretta) la risposta è affermativa per i seguenti motivi giuridici:

– seppure formalmente la rinuncia resta un negozio unilaterale, nel caso della rinuncia ad un diritto reale è difficile non scorgere un intento liberale, difatti in detta fattispecie chi rinuncia all’usufrutto o al diritto di abitazione, anziché venderlo, è ovvio che vuole avvantaggiare il nudo proprietario. Quindi tra donazione diretta e indiretta cambia solo lo schema: da contrattuale a unilaterale.

Se poi analizziamo, al fine di rinforzare il superiore asserto, la diversa situazione di arrichimenti che si verificano al di là di un negozio giuridico, quali quelli che avvengono a seguito di usucapione e per prescrizione di un diritto, è stato osservato da acuta dottrina, che qui manca il nesso di causalità fra la perdita del diritto e l’acquisto o la liberazione, tanto che l’usucapione dà luogo non ad un acquisto a titolo derivativo da parte di chi perde il diritto, ma ad un acquisto a titolo originario dovuto al possesso di terzi protrattosi per un certo tempo: non vi è una volontà espressa da parte di chi perde il diritto ma un comportamento omissivo dal quale è difficile dedurre un animus donandi ma, la medesima dottrina ha poi precisato che se in detta ipotesi vi fosse accordo configurativo tra le parti (colui che perde il diritto e il beneficiario a seguito della detta perdita), che di fatto convengono in detto modo di arricchire il beneficiario, non può non scorgersi anche qui un animus donandi che fa riconvertire anche dette fattispecie nell’ambito della donazione indiretta in asse con il disposto dell’art. 809 c.c.. che fa espresso riferimento ad “altri atti di liberalità”, contenuta nel titolo, e utilizza l’espressione “le liberalità, anche se risultano da atti diversi”, nel testo della norma. Altrimenti detto, con l’accordo configurativo si sovrappongono ad un effetto legale (derivante da un atto materiale) elementi soggettivi idonei a far rientrare le fattispecie al vaglio nella categoria delle donazioni indirette.

A questo punto della analisi è facile richiamare quanto oramai pacifico circa la disciplina legale applicabile alle donazioni indirette e cioè le medesime conseguenze riconducibili ad una donazione diretta per espresso richiamo dell’art. 809 c.c. che quindi le considera equipollenti sul piano giuridico, con stesse conseguenze anche a livello successorio quali i) la possibile esperibilità dell’azione di riduzione (tema controverso in seguito a recente sentenza di cassazione del 28 febb. 2022 n. 4523 poi smentita da ultima recentissima ordinanza di cassazione 35461/2022), ii) nonchè sul piano della operatività della collazione ex art. 737 c.c. che tratta le donazioni dirette ed indirette allo stesso modo (conforme Cass 27 luglio 2022 num. 23403).

L’Agenzia delle Entrate, nella suddetta risposta ad interpello, giustifica detta inapplicabilità come segue: “

“il predetto articolo 69, commi 3 e 4, reca una norma speciale agevolativa non suscettibile di interpretazione estensiva, che, quindi, non è applicabile agli atti a titolo gratuito e alla costituzione di vincoli di destinazione non espressamente contemplati dalla norma stessa”. Come chiarito dalla citata circolare, quindi, l’agevolazione “prima casa” non risulta comunque applicabile agli “atti a titolo gratuito”, posto che la norma di cui al citato articolo 69 si riferisce soltanto agli acquisti derivanti da “successioni o donazioni” e che le norme speciali non sono suscettibili di interpretazione estensiva.”

Ma, stante quanto sopra esposto, la portata di una norma (nella fattispecie la applicazione dei benefici fiscali previsti per la prima casa solo alle successioni e alle donazioni senza estenderla anche agli altri atti gratuiti) non si evidenzia mediante una interpretazione meramente letterale ma guardando lo spirito della stessa ed il suo intendimento e cioè quali interessi vuole perseguire e a tutela di quali interessi è stata dettata. Come i giuristi del diritto romano dicevano: “Ubi eadem ratio, ibi eadem iuris dispositio”, quanto meno lì dove sia presente animus donandi e ancora “scire leges non est verba earum tenere sed vim ac potestatem”; il legislatore fiscale non poteva non avere di mira (ai fini del beneficio 1° casa) tutte le ipotesi di negozi giuridici configurabili quali “donazione”, ma come sappiamo, usualmente non si è soliti ripetere, citando il T.U. delle successioni e donazioni, tutti gli altri atti comportanti arricchimento senza corrispettivo e comunque la nostra fattispecie è pur sempre ontologicamente una donazione seppure indiretta in un’epoca in cui conta la causa concreta piuttosto che la causa astratta.

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.

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