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e-Cujus – a cura Notaio Ugo Bechini

La natura giuridica di alcuni beni digitali è oggetto di animato dibattito. Ho ripetutamente espresso la mia opinione, da ultimo in un articolo dedicato alla memoria di Mario Miccoli pubblicato su Nuova Giurisprudenza Civile Commentata, fascicolo 2/2022 pagina 503. In sintesi è la seguente.

  1. I beni digitali sono innanzitutto beni, e quindi sono vendibili, permutabili, donabili, legabili, conferibili in società, trasmissibili in via ereditaria e quant’altro. Le eccezioni sono da dimostrarsi caso per caso sulla base dei medesimi parametri che possono fondare un giudizio di intrasferibilità di beni tradizionali. Vent’anni fa si poteva forse ancora argomentare che il materiale digitale possedesse una natura intrinsecamente personale: in effetti anche la posta elettronica, all’epoca, aveva un che di goliardico. Materiale d’ogni livello di rilevanza giuridica viaggia oggi via mail, per tacere della PEC.
  2. La password non è un bene, come non lo è il codice che consente l’apertura della porta di un appartamento: se si vuole, si legherà l’immobile od i suoi arredi, non il codice. La situazione non mi pare troppo diversa da quella del legato di cosa da prendersi in un certo luogo (655cc). In un luogo digitale, come uno spazio cloud, possono trovarsi beni dallo status dominicale eterogeneo. Per riprendere un esempio che ho già proposto: un medico potrà conservare nel medesimo spazio digitale dati dei pazienti, i conti di casa, le foto del viaggio di nozze, la lista dei soci di un’associazione di cui è presidente e la corrispondenza con l’amante. Mi pare non si possa configurare, in alcun senso giuridicamente significativo, un unitario legato della relativa password d’accesso. Si potrà certamente conferire mandato post mortem ad un amico fidato (molto fidato) perché usi la password per accedere allo spazio e venire a capo della situazione, inoltrando a ciascun avente diritto i dati che gli competono (e distruggendone, si immagina, alcuni). Ma, è evidente, siamo ben lontani dal concetto di legato.

In sede di pianificazione successoria il da farsi mi pare lineare. Da un lato si identificheranno i destinatari dei beni digitali, tenuti concettualmente ben distinti dall’involucro che li ospita; dall’altro si individueranno gli strumenti pratici più adeguati per far pervenire i beni a destinazione in modo fluido e soprattutto sicuro. Sotto questo secondo profilo iI mandato post mortem è a mio avviso il coltellino svizzero della situazione, anche se non mancano le difficoltà pratiche, legate soprattutto alla buona regola di sicurezza informatica secondo la quale le password dovrebbero variare nel tempo. E’ importante che il mandato sia scritto, onde proteggere il mandatario da contestazioni dei (contro) interessati. Resta esclusa l’idea di inserire le password nel testamento, ove (difficoltà d’aggiornamento a parte) sarebbero alla mercé del più lesto a domandare la pubblicazione.

Si trovano online servizi che offrono soluzioni in questo campo. Se si preferisce come mandatario post mortem una società californiana rispetto ad un amico di Rovigo, non ho nulla da obiettare, ma meglio non farsi ingannare dallo hype: la natura della funzione non cambia. L’accertamento online della morte dell’interessato rischia di essere operazione alquanto farraginosa, piuttosto, e rallentare l’esecuzione di quanto disposto dal De Cujus, il che talvolta può rappresentare un serio problema.

Una ventata di (apparente) novità è stata introdotta dal sempre maggior numero di Clienti che detengono criptovalute od NFT: “gettoni” digitali che incorporano diritti vari, per lo più la proprietà di beni immateriali, soprattutto opere d’arte (anche una canzone di Morgan, ho appreso, impregiudicata ogni valutazione sulla sua sussumibilità nella categoria “opere d’arte”). Non spetta certo al notaio discettare della rischiosità di tali investimenti, ma almeno due altri profili sono (ancorché in modo diverso) di sua competenza. E’ forse sufficiente porre un paio di domande, e non è sempre indispensabile ascoltare le risposte: una volta che i problemi sono stati posti il Cliente potrà in più di un caso far da sé.

  1. Se l’exchange od il wallet ove sono depositate le criptovalute va in malora (l’exchange fallisce, il wallet viene smarrito o va in crash …) qual è il piano per impedire che l’investimento vada perduto? E’ un problema tecnico e non sta a noi elaborare soluzioni, ma attirare l’attenzione del Cliente sì.
  2. Se Ti capita qualcosa, caro Cliente, a chi va il Tuo investimento e come? Ve benissimo che una persona riceva gli strumenti per accedere, si tratti del mandatario post mortem o direttamente del beneficiario. Ma il passaggio difficile, nella mia modesta esperienza, è spiegare che anche in questo secondo caso occorre, contrariamente a quel che pensa la maggioranza dei Clienti, che il beneficiario ne abbia civilisticamente titolo. Se il Cliente desidera che i Bitcoins pervengano legalmente alla signorina Samantha, password o non password, wallet o non wallet, exchange o non exchange, sarà proprio il caso che faccia testamento, e rispettando il dettato del caro vecchio Codice Civile.

Ugo Bechini, Notaio in Genova