La cessione di contratto preliminare è prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 D.P.R. 633/1972 e, pertanto, sconta
l’IVA sul corrispettivo di cessione e l’imposta di registro in misura fissa (art. 40 D.P.R. 131/1986). La previsione della restituzione, “a titolo di caparra”, di una somma diversa dalla caparra a suo tempo versata dal cedente costituisce, ad onta delle espressioni utilizzate, un corrispettivo e, come tale, rende la cessione rilevante ai sensi dell’art. 3 cit. (Risposta ad interpello n. 95/2022 del 4 marzo 2022).
Con la risposta ad interpello di cui sopra si è riportata una massima (non ufficiale), l’Agenzia delle Entrate affronta ed offre spunti interessanti di riflessione in ordine alla tassazione della circolazione della c.d. posizione contrattuale.
La fattispecie sottoposta al vaglio dell’Agenzia finanziaria è quella di una cessione di contratto preliminare, ai sensi dell’art. 1406 cod. civ., da parte di un soggetto passivo IVA, dietro il versamento di una somma di Euro 50.000,00, versamento qualificato dalle parti come “restituzione della caparra”; tuttavia, la caparra a suo tempo versata nel contratto ceduto era di Euro 70.000,00.
La diversità tra i due importi viene ritenuto elemento decisivo per qualificare l’importo versato dal cessionario quale “corrispettivo” per la cessione del contratto e, dunque, rendere la prestazione del cedente rilevante ai sensi dell’art. 3 D.P.R. 633/1972 (in particolare, co. 2, n. 5), con tutte le conseguenze del caso.
Prima di commentare la soluzione adottata dall’Amministrazione finanziaria, vale la pena precisare che crediamo (per le cose che diremo) scarsamente rilevante, dal punto di vista fiscale, la tesi seguita in ordine alla natura giuridica della “cessione del contratto”. Infatti, vuoi che si voglia ritenere la fattispecie come “trilaterale” e avente ad oggetto un cumulo indistinto di debiti-crediti (la “posizione contrattuale”), vuoi che la si voglia ritenere come “bilaterale” (ritenendosi sufficienti il consenso del cedente e del cessionario), rivestendo il consenso del creditore un ruolo limitato a dare efficacia liberatoria all’accollo dei debiti, posto in essere tra le parti della cessione (tesi di Raffaele Cicala), poco cambierebbe. A dire il vero, l’unico punto in cui la cosa cambierebbe è che, aderendo alla ricostruzione del Cicala, il contratto sarebbe sempre un contratto oneroso, vale a dire un negozio di cessione dei crediti in corrispettivo dell’accollo (liberatorio o meno) dei debiti di cui al medesimo rapporto contrattuale; di conseguenza, l’Illustre Autore ritiene che il vero prezzo della cessione sia corrisposto da chi risulti “aver meno” e cioè: dal cessionario, se i crediti sono minori o uguali rispetto al valore dei debiti accollati; dal cedente, se i debiti accollati sono minori dei crediti ceduti (e dunque, a voler essere rigorosi, in questo secondo caso la tassazione dovrebbe essere in capo a questo soggetto, manifestando egli una capacità contributiva – il “prezzo” dato dalla minusvalenza).
Tralasciando tuttavia le sottigliezze civilistiche, in sostanza si può ritenere che la soluzione data dall’Amministrazione sia condivisibile, anche se l’iter argomentativo potrebbe essere diverso.
A norma degli artt. 1406 ss. cod. civ., la cessione del contratto costituisce una successione – a titolo derivativo – nella posizione giuridica del cedente a favore del cessionario. Nel caso in cui fosse data una caparra, accessorium sequitur principale e, dunque, il cessionario subentra nel rapporto relativo altresì a questa; il (promittente) venditore, non ha, al riguardo, alcun obbligo di restituzione, salvo diverso accordo tra tutti.
Di conseguenza e salvo intenti liberali, sarà cura e onere (per una convenienza economica) del cedente pattuire per la cessione un corrispettivo che lo ristori almeno delle spese sostenute (in primis la caparra).
Se quanto sopra è vero, allora, si può addirittura concludere, andando oltre le argomentazioni dell’Amministrazione, che ogni volta che v’è una prestazione da parte del cessionario verso il cedente non si tratta mai di un mero “rimborso anticipazioni/spese”, bensì sempre e soltanto di un corrispettivo (calcolato dal cedente in base ai suoi criteri, tra cui l’ammontare dei costi/guadagni, se riterrà); e ciò sarebbe vero anche laddove si “rimborsasse” (rectius, si convenisse un corrispettivo di importo pari al)l’intero importo della caparra. Anche in tal caso, dunque, dovrebbe concludersi nel senso di qualificare l’operazione come “cessione onerosa della posizione contrattuale”.
La vicenda circolatoria del preliminare è assai frequente nella prassi della contrattazione immobiliare e passa anche per altre strade. Una valida alternativa è la stipulazione con riserva di nomina della persona che assumerà diritti ed obblighi (art. 1401 cod.civ.).
In tal caso, al di là dell’imposizione prevista dall’art. 32 D.P.R. 131/1986, si pone frequentemente il problema della restituzione di caparre e/o acconti ovvero della corresponsione di corrispettivi. E’ opportuno fare qualche distinzione:
a. Nomina gratuita:
i. senza restituzione di caparre/acconti/somme in atto: in tal caso, l’atto sconterà – in parte qua e quanto alla registrazione – soltanto l’imposta fissa di cui all’art. 32 D.P.R. 131/1986;
ii. Con restituzione di caparre/acconti/somme in generale: in questa evenienza, assai frequente, la questione della tassazione diventa più articolata. Sebbene ci sia spostamento di ricchezza, non si ritiene che la medesima dia luogo a manifestazione di capacità contributiva da tassare in capo all’accipiens (stipulans) o al solvens (electus). Infatti, considerata la natura giuridica prevalentemente riconosciuta al contratto per persona da nominare (id est, rappresentanza eventuale in incertam personam), all’esito di una valida electio amici, lo stipulans risulterà essere (stato) un mandatario dell’electus; pertanto, troveranno piena applicazione gli artt. 1719 e 1720 cod.civ., con la conseguenza che se le somme sono state erogate dal mandatario, il mandante avrà l’obbligo di rimborso. Le conseguenze, ai fini fiscali, sono notevoli e portano a conclusioni diverse da quelle delle ipotesi precedentemente considerate, in quanto:
1. tali somme non costituiscono corrispettivo di cessione/nomina e non danno luogo a tassazione come tale;
2. l’obbligo di rimborso scaturisce dalla legge e non da previsioni contrattuali, onde non c’è presupposto per applicare una imposta di registro in merito;
3. laddove nell’atto si desse conto di tali obblighi e del relativo adempimento da parte dell’electus, nemmeno la quietanza rilasciata dallo stipulans sarebbe soggetta a tassazione, ai sensi dell’art. 21, ult. co., D.P.R. 131/1986, considerata la contestualità rispetto all’atto che – quale elemento della fattispecie legale – determina l’effettività di questo obbligo di restituzione; ad ogni modo e a tutto concedere, al massimo l’imposizione potrà essere pari allo 0,50%, quale quietanza ai sensi dell’art. 6 Tar. Parte Prima allegata al D.P.R. 131/86;
4. del resto, la tassazione in capo all’unica reale parte (l’electus, per effetto della fictio iuris prevista dalla legge) è già avvenuta al momento della registrazione del preliminare;
b. Nomina dietro corrispettivo, con o senza restituzione di somme (caparre, acconti, altro): in tal caso – che si ritiene perfettamente lecito – la nomina si connota dell’onerosità e, pertanto, anche alla stregua del principio di capacità contributiva, sarà assoggettabile a tassazione sulla somma pattuita, con l’aliquota del 3% (la tassazione della quietanza viene assorbita ai sensi dell’art. 21 già citato) in capo al solvens; per la restituzione delle ulteriori somme, vale quanto sopra.
Giandomenico Schiantarelli, Notaio in Tirano – Salvatore Pepe, Notaio in Ardenno.