
La legge di riforma dell’imposta di registro recata dal d.lgs. 2024 n. 139, in vigore dal 1° gennaio 2025 (di seguito, la “Riforma”), è intervenuta, tra l’altro, in tema di tassazione dei contratti di cessione d’azienda a titolo oneroso, modificando le disposizioni del Testo unico in materia di imposta di registro di cui al d.P.R. 1986 n. 131 (TUR) in tema di determinazione della base imponibile (art. 51 TUR) e di individuazione delle aliquote applicabili (art. 23 TUR).
È a tutti noi ben noto che la questione relativa alla natura giuridica dell’azienda rappresenta uno dei temi maggiormente dibattuti nell’ambito dell’intero diritto commerciale. Senza alcuna pretesa di esaustività (non foss’altro perché in questo contributo ci occupiamo di trattamento fiscale), è giusto il caso di rammentare che al filone atomistico, secondo cui l’azienda non esiste come bene autonomo, rilevando solo i singoli beni che la compongono, si contrappone il filone unitario, secondo cui l’azienda è, per l’appunto, un bene unitario, distinto dai singoli beni che la compongono e, come tale, dotato di autonoma rilevanza giuridica. Il filone unitario vede contrapporsi, al suo interno, chi afferma la natura dell’unico-bene-azienda come bene immateriale a chi, invece, la configura come universalità. Ancora, all’interno della tesi universalistica, si fronteggiano due orientamenti: il primo individua l’azienda come una universalità di fatto, comprensiva di tutti i beni (ma non dei diritti) materiali e immateriali che la compongono; il secondo, invece, considera l’azienda come universalità di diritto, comprensiva non solo dei beni, ma anche di tutti i diritti ad essa inerenti.
Da un punto di vista fiscale, in via preliminare, occorre precisare che, sulla base del disposto di cui all’art. 2, comma 3 lettera b) d.P.R. 1972 n. 633 (Testo unico in materia di imposta sul valore aggiunto), la cessione a titolo oneroso di aziende o rami di azienda è operazione fuori dal campo Iva e che, pertanto, in virtù del principio di alternatività tra Iva e Registro di cui all’art. 40 TUR, si applica l’imposta di registro in misura proporzionale.
La disciplina è contenuta nell’art. 23, commi 1 e 4 TUR, dal quale si evince in prima battuta che il Legislatore, ai fini fiscali, si schiera a favore della suddetta tesi atomistica e nell’art. 51, commi 1, 2 e 4 TUR, entrambi novellati dalla Riforma, nonché nell’art. 43, comma 1 lettera a) TUR, disposizione, quest’ultima, che, invece, rimane invariata.
Partendo dalla lettura di quest’ultima disposizione, è possibile individuare la regola generale per calcolare la base imponibile ai fini della determinazione dell’imposta di registro: essa è costituita “dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto”, dovendosi assumere come tale in fase di registrazione il valore “dichiarato dalle parti nell’atto e, in mancanza o se superiore, il corrispettivo pattuito” (art. 51, comma 1 TUR) e fermo restando il potere di rettifica in capo all’Agenzia delle Entrate nel caso in cui ritenga, dopo aver effettuato i controlli di cui all’art. 51, comma 4 TUR, che il valore preso a riferimento per il calcolo della base imponibile individuato dalle parti sia inferiore al valore venale del bene. In pratica, per la determinazione della base imponibile, il valore dell’azienda viene quantificato sommando i valori di tutti gli asset che la compongono (beni materiali, immateriali e avviamento), e sottraendo da tale valore quello delle passività risultanti dalle scritture contabili obbligatorie e dagli atti aventi data certa, precisandosi che le passività da decurtare vengono imputate ai diversi beni in proporzione al loro rispettivo valore (trattasi del cosiddetto “principio di proporzionalità”).
Quanto ai criteri per l’individuazione dell’aliquota applicabile, il nuovo comma 4 dell’art. 23 TUR stabilisce che nelle cessioni di aziende o di complessi aziendali relativi a singoli rami dell’impresa «si applicano le aliquote previste per i trasferimenti a titolo oneroso aventi a oggetto le diverse tipologie di beni che compongono l’azienda o il ramo di azienda, sulla base dell’imputazione a tali beni di una quota parte del corrispettivo da individuare secondo una ripartizione indicata nell’atto o nei suoi allegati. Per i crediti aziendali si applica sulla quota parte di corrispettivo a essi imputata l’aliquota prevista per le cessioni di crediti. Ai fini dell’applicazione delle diverse aliquote, le passività si imputano ai diversi beni sia mobili che immobili in proporzione del loro rispettivo valore. In assenza della suddetta ripartizione, si applica la disposizione del comma 1».
In altri termini, la nuova disposizione statuisce che:
- nelle operazioni di cessione di aziende o di rami d’azienda si applicano le aliquote previste per i trasferimenti a titolo oneroso relative alle diverse categorie di beni che compongono l’azienda ceduta.
Si ricorda pertanto che, in ossequio ai criteri stabiliti dalla Tariffa Parte Prima allegata al TUR (TP1 TUR), le aliquote da applicare sono le seguenti:- immobili, aliquota del 9 per cento (salvo che trattasi di immobili strumentali, nel qual caso trova applicazione l’agevolazione di cui alla legge 2021 n. 234 in deroga al principio di alternatività Iva-Registro scontando i medesimi imposta in misura fissa);
- terreni agricoli, aliquota del 15 per cento;
- beni mobili, aliquota del 3 per cento;
- avviamento, aliquota del 3 per cento;
- crediti vari, aliquota dello 0,50 per cento;
- partecipazioni sociali, soggette a imposta fissa;
- contratti (soggetti a imposta in misura fissa, se il contratto ceduto è soggetto a IVA ovvero all’imposta in misura proporzionale propria del contratto, se lo stesso non è soggetto a IVA);
- autoveicoli in genere, esenti da imposta (ai sensi dell’art. 11-bis della tabella allegata al TUR – TAB TUR);
- unità da diporto, soggette a imposta fissa in base alla lunghezza (ai sensi dell’art. 7 TP1 TUR);
- la ripartizione degli asset costituenti l’azienda oggetto di cessione, secondo le categorie corrispondenti alle rispettive aliquote applicabili, deve essere indicata espressamente nell’ambito del contratto di cessione ovvero nei relativi allegati;
- in assenza della suddetta ripartizione (in atto o nei relativi allegati), l’intero valore dell’azienda oggetto di cessione è assoggettato all’imposta di registro applicando l’aliquota più elevata tra quelle previste per i beni che compongono il compendio aziendale ceduto, con evidente maggior carico fiscale in capo al contribuente;
- alla quota parte del corrispettivo imputabile ai crediti aziendali si applica l’aliquota prevista per le cessioni di crediti;
- ai fini dell’applicazione delle differenti aliquote, le passività sono imputate ai beni, mobili e immobili, in proporzione al rispettivo valore.
A ben vedere, più che dinnanzi a una vera e propria novità legislativa, pare piuttosto trovarsi di fronte all’esplicitazione all’interno del testo di legge di un principio ben noto alla realtà professionale, vale a dire quello della cosiddetta “ventilazione” del corrispettivo della cessione dell’azienda tra i vari beni, diritti e cespiti che la compongono, principio che consente di tassare l’atto che ci occupa applicando separatamente le aliquote proprie dei trasferimenti onerosi dei singoli asset aziendali.
Al contrario, ad avviso di chi scrive, assume rilevanza significativa l’introduzione della precisazione secondo cui, per i crediti maturati dall’imprenditore cedente trasferiti onerosamente per la loro riscossione al cessionario, si applica l’aliquota prevista per le cessioni di crediti sulla quota parte di corrispettivo a essi imputata e, cioè, quella dello 0,50 per cento ai sensi all’art. 6 TP1 TUR.
È vero infatti che anche prima dell’entrata in vigore della Riforma molti uffici concordavano per l’applicazione dell’aliquota dello 0,50 per cento alla quota parte di corrispettivo della cessione d’aziendacrelativa ai crediti aziendali, ma è altrettanto vero che non vi era un atteggiamento univoco, tant’è che non sono mancati casi in cui gli uffici hanno preteso di tassare tale voce dell’attivo aziendale applicando l’aliquota del 3 per cento.
Con riferimento alla valorizzazione delle passività, la norma specifica che dev’essere applicato un criterio tassativamente proporzionale, prescindendo da ogni nesso diretto tra le passività medesime e i singoli componenti dell’attivo. Ciò significa che, ad esempio, non assume alcuna rilevanza il fatto che un debito contratto per l’acquisto di un immobile aziendale sia garantito da ipoteca iscritta sul medesimo bene facente parte del complesso aziendale oggetto di trasferimento: anche in questo caso, il debito sarà “spalmato” proporzionalmente su tutti gli asset aziendali e non solo sull’immobile ipotecato.
Quanto alle modalità di determinazione della base imponibile, la Riforma ha modificato i commi 2 e 4 dell’art. 51 TUR, “traslando” al comma 2 parte di quanto già previsto in precedenza dal comma 4 del medesimo art. 51 TUR.
Ai sensi del comma 2, la base imponibile dell’imposta di registro dovuta in caso di trasferimento di aziende o di diritti reali su di esse è determinata assumendo il valore venale complessivo dei beni che compongono l’azienda, ivi incluso l’avviamento, con esclusione dei beni indicati negli artt. 7 TP1 TUR e 11-bis TAB TUR. Dal valore così determinato devono essere dedotte le passività inerenti all’azienda, risultanti dalle scritture contabili obbligatorie o da atti aventi data certa, fatte salve le passività che l’alienante si sia espressamente impegnato a estinguere all’interno del contratto, nonché quelle riferibili ai beni sopra menzionati.
Con riguardo alle modifiche introdotte all’articolo 51, comma 4 TUR, si evidenzia che l’Ufficio procede al controllo del valore indicato dalle parti ai sensi di legge, avvalendosi anche degli accertamenti effettuati ai fini di altre imposte e «procede ad accessi, ispezioni e verifiche secondo le disposizioni relative all’imposta sul valore aggiunto».
Michele Marco Sardella, Notaio in attesa di nomina