Il tema dell’indagine non è semplice ma mi sono risoluto ad effettuarla in quanto non solo spinto dalla curiosità circa la tecnica legislativa ma anche perché la soluzione del problema incide in modo pratico sul lavoro del notaio e questo studio ha lo scopo di risolvere (o provare a risolvere) un problema operativo.
Vi sono due sentenze di cassazione a sezioni unite sul medesimo tema a pochi giorni di distanza 9 giugno 2006 numero 13429 e 12 giugno 2006 numero 13524 e particolarmente quest’ultima è rilevante. Il principio espresso è il seguente: “ai fini dell’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari e singoli legittimari nell’ambito della stessa categoria occorre fare riferimento alla situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento (per rinunzia o prescrizione) dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari.”
In sostanza viene stabilito il principio che la quota di riserva è una quota fissa e non mobile.
La cassazione a sostegno dell’asserto ha preso in considerazione degli argomenti condivisi anche da parte della dottrina prevalente quali ad esempio l’impossibilità di applicare il principio stabilito dagli articoli 521 e 522 codice civile circa la rinuncia all’eredità da parte di uno dei chiamati che fa accrescere la quota a favore degli altri, per mancanza degli stessi presupposti con riferimento alla successione necessaria (mancanza di una chiamata congiunta ad una quota globalmente considerata e il garantire la destinazione di una porzione di patrimonio del cuius dopo la rinuncia all’eredità).
Ma la stessa Cassazione ha fondato la sua decisione su esigenze di certezza e di tutela della circolazione senza però prendere in considerazione che il ricusare il principio di elasticità della quota di riserva urta in modo fragoroso contro il disposto dell’articolo 552 codice civile che quindi non può più trovare pratica applicazione. Quest’ultimo infatti prevede che il legittimario che rinunzia all’eredità può sulla disponibile ritenere le donazioni o conseguire i legati a lui fatti, ma quando non vi è stata espressa dispensa dall’imputazione (il che significa conteggiarlo sulla propria quota di legittima) se per integrare la legittima spettante agli eredi è necessario ridurre le disposizioni testamentarie o le donazioni restano salve le assegnazioni fatte dal testatore sulla disponibile che non sarebbero soggetto a riduzione se il legittimario accettasse l’eredità e si riducono le donazioni e i legati fatti a quest’ultimo.
Come potrebbe una disposizione effettuata dal testatore a titolo gratuito non essere soggetta a riduzione se lui avesse accettato l’eredità e dopo la sua rinuncia invece essere soggetta a riduzione da parte degli altri legittimari se non perché gli si è espansa la quota di legittima? Difatti sulla base di questo articolo la dottrina più accreditata quale Mengoni e Capozzi ritenevano che la quota di legittima si espandesse per rideterminazione in conseguenza della mancanza dell’altro legittimario nonchè il Cariota-Ferrara che parlava di accrescimento. Vi è differenza perché nel caso di concorso di due fratelli legittimari la quota di riserva è un mezzo e cioè 1/4 ciascuno e se si accrescesse per rinuncia di uno sarebbe sempre un mezzo, mentre in caso di rideterminazione della quota (teoria assolutamente preferibile e maggioritaria) la quota di riserva diverrebbe 1/3 come se vi fosse stato sempre un solo legittimario.
Per tornare alle motivazioni della cassazione che sorreggono la sua tesi e cioè che la quota di legittima è fissa e determinata con riferimento ai soggetti che sono presenti al momento dell’apertura della successione a prescindere dal numero di questi che concretamente adiscono la stessa, la Cassazione ha espressamente detto che:
A) “la ratio ispiratrice della successione necessaria non è solo quella di garantire a determinati parenti una porzione del patrimonio del de cuius ma anche quella di consentire a quest’ultimo di sapere entro quali limiti, in considerazione della composizione della propria famiglia, può disporre del suo patrimonio in favore di terzi”.
B) Soggiunge, nel pacifico presupposto che non vi è actio interrogatoria per azione di riduzione, che ogni legittimario può esperire “l’azione di riduzione solo con riferimento alla porzione del patrimonio del de cuius che gli spetterebbe a tale momento e se la quota fosse mobile solo dopo la rinunzia all’esercizio dell’azione di riduzione da parte degli altri legittimari o la prescrizione in danno degli stessi, potrebbe agire per ottenere un supplemento di legittima con evidente incertezza medio tempore in ordine alla sorte di una quota dei beni di cui il de cuius ha disposto per donazione o per testamento a favore di terzi.”
Non si è però affatto premurata di correlare il suo asserto con l’art. 552 c.c. ed una norma però (a mio avviso) non può essere stata inserita nel Codice priva di giuridica rilevanza. Difatti, dopo le due sentenze di cassazione a sezioni unite sopra citate, leggendo il testo sulle successioni scritte da un compianto giurista che ho sempre molto ammirato, Ubaldo la Porta, verificavo che nel 2016 (e quindi dopo le suddette sentenze) optava per la quota di riserva mobile argomentando ciò in base all’art. 552 c.c..
Ora se riuscissimo a verificare qual è il fondamento dell’articolo 552 c.c. e la sua portata e se la stessa fosse in asse con la ratio ispiratrice della successione necessaria quale individuata dalla Cassazione e indicata sopra alla lettera A), avremmo trovato l’ambito applicativo della norma suddetta e quindi, considerato che la stessa presuppone la quota mobile, aderire alla tesi della quota mobile.
Ora io credo che, leggendo attentamente il disposto del suddetto articolo 552 codice civile, anche il legislatore del 1942 propendesse per la certezza della inimpugnabilità delle disposizioni a titolo gratuito effettuate dal de cuius, a gravare sulla disponibile, in funzione del calcolo che lo stesso rettamente avesse fatto, al fine di tutelare la sua volontà; però ha operato questa tutela non sotto il profilo della fermezza di detta quota in astratto ma sotto il più proficuo profilo della inimpugnabilità delle disposizioni -effettuate senza dispensa dall’imputazione- da lui fatte sulla disponibile che non sarebbero state oggetto di riduzione se il legittimario avesse accettato l’eredità e quindi disponendo la riduzione dei legati e delle donazioni a lui legittimario rinunciante fatte; quindi il 552 è una norma di raccordo tra l’individuazione di una quota di riserva mobile e il principio -che la stessa cassazione ha propugnato ed indicato alla lettera A) del rispetto della volontà del de cuius- che le disposizioni a titolo gratuito dal testatore effettuate a favore di terzi, non venissero impugnate con azione di riduzione in seguito alla rinuncia poi fatta da uno dei legittimari che quindi può trattenere il bene a lui legato (o donato) e non lo imputa più alla sua quota di riserva poichè non adisce l’eredità.
Peraltro anche il fine che la Cassazione ha ritenuto meritevole di essere tutelato, quale indicato alla superiore lettera B), e cioè la certezza medio tempore (tra l’impugnazione da parte di un legittimario e la rinuncia da parte di altro legittimario ad agire in riduzione) in ordine alla sorte di una quota dei beni che di cui il de cuius ha disposto per donazione o per testamento a favore di terzi, certezza che verrebbe meno se si adottasse il principio della quota mobile perché lo stesso legittimario che -con una quota mobile- da 1/4 passa ad 1/3- potrebbe agire poi per ottenere il supplemento di legittima, non costituisce a mio avviso valida argomentazione per due motivi: in primis perché le norme sulla riserva tutelano i legittimari e non le aspettative del terzo beneficiario di una disposizione a titolo gratuito; in secundis perché quest’ultimo così come può aspettarsi per 10 anni (non essendoci actio interrogatoria per la riduzione) dall’apertura della successione che gli venga impugnata la donazione lesiva per quota di un mezzo -se i legittimari fossero due fratelli-, non viene leso nella sua aspettativa se uno dei due rinuncia in quanto invece che essere il fratello secondo rinunciante ad agire in riduzione per la sua quota di 1/4 sarà il fratello primo ad agire in riduzione, si in supplemento, ma non più peraltro per un ulteriore quarto ma per un totale di 1/3 e quindi per una quota inferiore a quella che sarebbe stata possibile impugnare al momento dell’apertura della successione.
Quindi io ritengo che il detto articolo 552 codice civile abbia tuttora vigenza e portata ed anzi essere molto rilevante perché, pur nel presupposto dell’individuazione di una quota di riserva mobile, contemporaneamente fa salve le disposizioni testamentarie o donative fatte sulla disponibile rendendole inimpugnabili se il legittimario, tra più legittimari, che ha rinunciato avesse invece accettato l’eredità in concorso con gli altri presupposti indicati dalla stessa norma. Questa norma quindi tutela: 1) la volontà del de cuius lasciando ferme le disposizioni gratuite a favore di terzi fatte sulla disponibile; 2) l’individuazione della quota di riserva dell’unico legittimario che adisce l’eredità, dandogli una maggiore quota, disinteressandosi quindi dell’altro legittimario che liberamente e scientemente rinuncia all’eredità e alla azione di riduzione (peraltro potendo trattenere il legato o la donazione nei limiti della disponibile).
Ciò detto, pur estremamente convinto delle posizioni da me illustrate, da operatore del diritto prudente osserverò il principio espresso dalla Cass a S.U. e cioè che la quota di riserva è fissa, ma mi auguro che i miei ragionamenti giuridici in ordine al 552 c.c. nel tempo fungano da cuneo per un ripensamento.
Roberto Santarpia, Notaio in Orzinuovi.