La complessità organizzativa negli studi notarili multi-socio: Le sfide per i Notai e gli assistenti notarili – di Dott. Michele D’Agnolo

Negli ultimi anni, il settore notarile ha visto un’evoluzione significativa, non solo per l’aumento delle normative e della concorrenza, ma anche per la trasformazione organizzativa degli studi notarili. La presenza di più notai soci all’interno di uno stesso studio è una tendenza crescente, che porta con sé numerosi vantaggi, ma anche un aumento esponenziale della complessità organizzativa. In questo contesto, il ruolo degli assistenti notarili diventa cruciale, ma anche particolarmente sfidante.

  1. La complessità gestionale negli studi con più notai soci

Gli studi notarili che operano con più soci devono affrontare una serie di complessità organizzative che possono rendere la gestione del lavoro molto più articolata rispetto a studi con un solo notaio. Queste complessità emergono su più livelli:

  • Diversità di approcci operativi

Ogni notaio ha un proprio stile lavorativo, un metodo preferito per gestire i clienti e le pratiche, e differenti priorità. In uno studio multi-socio, gli assistenti notarili devono essere in grado di adattarsi alle esigenze specifiche di ciascun notaio. Questo richiede una flessibilità operativa non indifferente, poiché devono imparare a lavorare in maniera efficace con personalità e stili di lavoro diversi, spesso anche su base quotidiana.

  • Coordinamento tra i soci

La presenza di più notai implica anche la necessità di un maggiore coordinamento, sia tra i soci stessi sia tra i rispettivi team. Questo può comportare la gestione di sovrapposizioni di impegni, differenze nei processi decisionali, o addirittura conflitti di priorità. Gli assistenti notarili, spesso posti al centro del flusso organizzativo, devono essere abili nel bilanciare queste dinamiche e garantire una comunicazione efficace tra le parti.

  • Aumento del volume e della varietà delle pratiche

Con più notai, aumenta inevitabilmente il volume delle pratiche gestite dallo studio, così come la varietà degli atti notarili. Questo richiede una maggiore capacità organizzativa e una conoscenza approfondita delle diverse tipologie di pratiche, che vanno da quelle immobiliari e societarie a quelle di diritto di famiglia o successione. Gli assistenti notarili devono essere preparati a gestire una vasta gamma di attività, garantendo precisione e tempestività nella gestione di ciascuna pratica.

  1. Le sfide per gli assistenti notarili negli studi multi-socio

La figura dell’assistente notarile, già essenziale in qualsiasi studio notarile, diventa ancor più strategica negli studi con più notai soci. Questi professionisti si trovano ad affrontare diverse sfide:

  • Gestione del carico di lavoro

Con l’aumento del volume di lavoro e delle tipologie di atti da gestire, la capacità di organizzare le priorità diventa una competenza cruciale per gli assistenti notarili. Devono saper lavorare con efficienza sotto pressione e mantenere la qualità del servizio in situazioni di sovraccarico. La gestione di più agende notarili contemporaneamente richiede anche l’uso di strumenti digitali avanzati per la pianificazione, oltre alla necessità di aggiornamenti costanti su scadenze legali e normative.

  • Competenze trasversali e aggiornamento costante

Negli studi multi-socio, agli assistenti notarili si richiede di essere “multitasking” in un contesto dove la complessità delle pratiche può variare significativamente. Questo significa non solo una profonda conoscenza giuridica di base, ma anche competenze trasversali, come l’uso di software gestionali specifici, la capacità di relazionarsi con i clienti e la capacità di gestire pratiche delicate. Gli aggiornamenti normativi sono costanti, e gli assistenti devono rimanere sempre allineati alle nuove regolamentazioni, in particolare in ambiti complessi come la digitalizzazione degli atti notarili e l’evoluzione delle procedure di firma digitale.

  • Problem solving e gestione delle urgenze

Lavorare con più notai significa essere pronti a gestire situazioni impreviste e urgenze provenienti da diverse direzioni. La capacità di risolvere problemi e rispondere prontamente alle necessità dei notai e dei clienti, a volte simultaneamente, è una delle competenze più apprezzate. Inoltre, negli studi più grandi, gli assistenti devono spesso fungere da intermediari tra clienti e notai, rappresentando la “voce” dello studio nelle fasi preliminari di gestione della pratica.

  • Relazioni con i clienti

In uno studio con più notai soci, l’assistente notarile deve anche gestire le relazioni con una clientela più ampia e diversificata. A seconda del notaio con cui lavora, potrebbe trovarsi a trattare con clienti privati, imprese o istituzioni, ciascuno con esigenze e aspettative differenti. La capacità di adattarsi a vari contesti e stili di comunicazione diventa fondamentale, così come la gestione delle aspettative dei clienti su tempi e modalità di erogazione del servizio.

  • Doppia leadership e ambiguità dei ruoli

Negli studi con più soci, la leadership non è sempre centralizzata. Gli assistenti notarili possono essere chiamati a rispondere a due o più superiori, ciascuno con priorità differenti, creando una potenziale ambiguità nelle responsabilità e nelle direttive. L’ambiguità può creare dinamiche conflittuali anche tra i soci stessi. La chiarezza organizzativa e la comunicazione interna diventano quindi vitali per evitare confusioni e inefficienze.

  1. Strumenti per affrontare la complessità organizzativa

Per affrontare al meglio queste sfide, gli assistenti notarili e lo studio nel suo complesso possono adottare alcune strategie organizzative:

  • Digitalizzazione e strumenti gestionali avanzati

L’utilizzo di software gestionali per la gestione delle pratiche notarili, dei clienti e degli appuntamenti è ormai imprescindibile. Questi strumenti aiutano a semplificare la gestione del flusso di lavoro, garantendo che ogni notaio e assistente disponga delle informazioni corrette in tempo reale, riducendo il rischio di errori o sovrapposizioni.

  • Formazione continua

La formazione continua per gli assistenti notarili non dovrebbe limitarsi alle sole competenze giuridiche. Investire in formazione su competenze gestionali, organizzative e di problem solving può fare una grande differenza nella capacità di affrontare la complessità di uno studio multi-socio.

  • Comunicazione interna strutturata

Negli studi con più notai soci, la comunicazione interna deve essere strutturata e sistematica. Meeting regolari tra soci, e tra questi e gli assistenti notarili e il personale amministrativo possono facilitare il coordinamento e garantire che tutti siano allineati su scadenze, priorità e responsabilità. Allo stesso modo strumenti di condivisione delle informazioni come CRM, chat interne ed altri possono contribuire ad una migliore circolazione delle informazioni. 

Conclusioni

Gli studi notarili con più notai soci presentano una complessità organizzativa notevole, e gli assistenti notarili svolgono un ruolo essenziale nel gestire questa complessità. La capacità di adattarsi a diversi stili di lavoro, di gestire il carico di pratiche e di mantenere una relazione efficace con i clienti è cruciale per il successo di questi studi. Attraverso una formazione adeguata, l’uso di strumenti digitali avanzati e una gestione organizzativa chiara, è possibile affrontare con successo le sfide poste da questa nuova realtà professionale.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Networ

Il Notaio alle prese con la più delicata delle successioni: quella del Suo studio – di Dott. Michele D’Agnolo

Per un notaio, uno degli atti più difficili da affrontare nella propria carriera è forse quello della successione del proprio studio. Un passaggio generazionale che, benché naturale, comporta sfide emotive, organizzative e professionali complesse. Sia che si tratti di una scelta volontaria o di una decisione imposta da circostanze esterne, il momento di restituire il sigillo notarile può risultare più difficile del previsto. Nonostante ciò, pianificare questa fase con sufficiente anticipo è di cruciale importanza per preservare il valore creato nel tempo e garantire continuità tanto ai clienti quanto ai collaboratori.

Perché è così difficile pianificare la propria successione?

Molti notai, come altri professionisti di successo, tendono a rimandare la riflessione su questo delicato passaggio. Si tratta di una sfida per vari motivi:

  • Il legame personale con lo studio: Dopo anni, se non decenni, di lavoro dedicato alla costruzione e gestione di uno studio notarile, il notaio sviluppa un profondo legame con la propria attività. Lo studio non è solo una fonte di reddito, ma rappresenta anche il frutto del proprio impegno, una sorta di “eredità professionale”.
  • L’identificazione con la professione: Il ruolo del notaio non è solo un mestiere, ma una vocazione che definisce la propria identità professionale. La prospettiva di abbandonare il timone dello studio può essere vissuta come una rinuncia a un pezzo di sé, e ciò può alimentare la procrastinazione.
  • Il timore dell’ignoto: La transizione implica inevitabilmente un cambiamento nella quotidianità, spesso con l’incertezza riguardo al futuro: “A chi affiderò il mio studio?”, “Sarò in grado di trovare qualcuno all’altezza?”, “Che cosa farò dopo?”. Sono domande legittime che contribuiscono a rendere difficile il confronto con la successione.

Eppure, nonostante le comprensibili resistenze, preparare con largo anticipo il passaggio generazionale è una necessità strategica per assicurare continuità operativa e preservare il valore dello studio, oltre a tutelare gli interessi di clienti e collaboratori.

Pianificare per proteggere il valore creato

Uno studio notarile non è solo il luogo in cui si gestiscono atti pubblici, ma è un vero e proprio ecosistema composto da risorse umane, competenze tecniche e relazioni consolidate con la clientela. Per questo motivo, una successione mal gestita rischia di compromettere anni di lavoro e di costruzione di fiducia.

Ecco alcune ragioni per cui pianificare con cura questo passaggio è fondamentale:

  • Mantenere la fiducia dei clienti: Il rapporto di fiducia tra il notaio e i suoi clienti è spesso basato su anni di interazioni professionali. Un passaggio generazionale improvviso o mal gestito può creare incertezze e discontinuità, portando i clienti a cercare altrove i propri servizi. La fiducia, che è alla base del rapporto cliente-notaio, può essere facilmente erosa se non si prepara una successione graduale e trasparente.
  • Salvaguardare il valore economico dello studio: Uno studio ben avviato possiede un valore economico intrinseco che va oltre la singola figura del notaio. Tuttavia, se non viene pianificata una successione, tale valore rischia di andare perso. La presenza di un successore ben preparato garantisce la continuità degli affari, tutelando l’investimento fatto negli anni.
  • Garantire stabilità ai collaboratori: Gli assistenti notarili e lo staff amministrativo rappresentano il cuore operativo di uno studio notarile. Una successione ben strutturata tutela anche la loro continuità lavorativa, evitando incertezze e insicurezze sul futuro del loro impiego.

Le fasi chiave della successione: pianificare con metodo

Per garantire una transizione fluida, il notaio deve affrontare la successione come un vero e proprio progetto a lungo termine, scandito da tappe precise. Ecco alcune linee guida per pianificare questo delicato passaggio:

  1. Identificazione del successore: Uno degli elementi più critici è la scelta del successore, che può avvenire attraverso due modalità principali:
  •    Associazione con un giovane notaio: Spesso, i notai preferiscono associare al proprio studio un giovane collega, introducendolo progressivamente alla gestione dello studio. Questa scelta consente di formare il successore sul campo, trasmettendo non solo competenze tecniche, ma anche il valore del rapporto con la clientela.
  •    Aggregazioni tra notai: Un’altra opzione può essere l’aggregazione con altri notai, magari già affermati, per condividere lo studio e garantire una continuità. Questo modello riduce la pressione di un’unica figura e permette una suddivisione delle responsabilità.
  1. Trasferimento graduale delle responsabilità: Un passaggio generazionale ben riuscito prevede che il successore venga coinvolto gradualmente nelle attività dello studio, affiancando il notaio titolare nel rapporto con i clienti e nella gestione delle pratiche più complesse. Questo avvicendamento progressivo consente di instaurare fiducia sia con il personale dello studio sia con la clientela.
  1. Comunicazione trasparente con la clientela: Una delle componenti più delicate del processo di successione è la comunicazione con i clienti. Annunciare per tempo il cambio di titolarità dello studio, spiegando la logica della transizione e presentando il nuovo notaio, contribuisce a mantenere la fiducia e a evitare incertezze. La trasparenza in questo processo è fondamentale per garantire una continuità nei servizi notarili senza bruschi scossoni.
  1. Valutazione e trasmissione del know-how: Oltre alla gestione quotidiana, il notaio uscente deve trasmettere il proprio bagaglio di esperienza e competenza. Questo passaggio riguarda tanto le procedure tecnico-giuridiche quanto la gestione delle relazioni umane e organizzative. Il valore di uno studio notarile risiede anche nella capacità di saper gestire situazioni complesse e di saper mediare con i clienti più esigenti.

La responsabilità sociale del Notaio

Un aspetto spesso trascurato riguarda la responsabilità sociale del notaio nei confronti dei suoi collaboratori e della clientela. Lasciare uno studio senza aver garantito una successione adeguata può avere effetti negativi sia sulle persone che hanno collaborato per anni, sia sui clienti che rischiano di rimanere senza un riferimento. Pianificare la propria successione, invece, è un atto di responsabilità che dimostra cura e attenzione nei confronti del proprio ecosistema professionale.

Conclusione: la successione come parte integrante del successo professionale

Affrontare per tempo la questione della successione non è solo un atto di responsabilità, ma anche una strategia per preservare il valore dello studio notarile e garantire la continuità dei servizi offerti. Pianificare la propria uscita dal mondo professionale non significa abbandonare la propria identità di notaio, ma assicurarsi che il patrimonio professionale, umano e relazionale costruito nel corso degli anni venga affidato a mani sicure. In definitiva, la successione del proprio studio è forse l’atto più importante che un notaio possa compiere, sia per il proprio futuro, sia per il futuro dei suoi collaboratori e dei suoi clienti.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Networ

La capacità di testare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno – a cura Notaio Vincenzo Spadola

La capacità di testare in generale e le cause di incapacità testamentaria

La capacità di disporre per testamento è l’idoneità giuridica di una persona a programmare, attraverso un testamento, l’assetto dei propri interessi, sia patrimoniali che non, per il tempo successivo alla propria morte.

L’articolo 591 del Codice Civile stabilisce che il diritto di testare è riconosciuto a chiunque non sia dichiarato legalmente incapace, individuando tre ipotesi in cui tale capacità viene meno: la minore età, l’interdizione per infermità mentale e l’incapacità di intendere e di volere.

La conseguenza per il caso di contrasto alla norma predetta è l’annullamento del testamento che può essere chiesto da chiunque vi abbia interesse; la relativa azione dev’essere esercitata entro il termine di cinque anni dall’esecuzione delle disposizioni testamentarie.

La valutazione della capacità di testare deve riferirsi al momento esatto in cui il testamento è stato redatto.

Sul piano dottrinale, alcuni autori considerano l’incapacità di testare una vera e propria incapacità giuridica; altri (tesi maggioritaria) tendono a qualificarla come una particolare specificazione della capacità di agire.

Nella legge non si rinviene una definizione di incapacità di intendere e di volere, tuttavia essa comprende qualsiasi condizione temporanea o permanente che alteri la volontà del testatore, privandolo della capacità di prendere decisioni consapevoli, anche solo per un breve lasso di tempo.

Secondo la giurisprudenza, per ottenere l’annullamento di un testamento a causa di incapacità naturale del testatore, è necessaria una prova rigorosa, che non si limiti a evidenziare un’alterazione o un’anomalia psichica ma dimostri che, al momento della redazione, il soggetto era del tutto privo della coscienza dei propri atti o della capacità di autodeterminarsi. Tale onere probatorio grava su chi contesta la validità del testamento. A tale proposito in Cassazione, ordinanza 17 novembre 2022, n. 33914 si legge: “L’annullamento di un testamento per incapacità naturale del testatore postula la esistenza non già di una semplice anomalia o alterazione delle facoltà psichiche ed intellettive del ‘de cuius’, bensì la prova che, a cagione di una infermità transitoria o permanente, ovvero di altra causa perturbatrice, il soggetto sia stato privo in modo assoluto, al momento della redazione dell’atto di ultima volontà, della coscienza dei propri atti ovvero della capacità di autodeterminarsi, con il conseguente onere, a carico di chi quello stato di incapacità assume, di provare che il testamento fu redatto in un momento di incapacità di intendere e di volere” (conformi: Cass. 22 gennaio 2019 n. 1682, Cass. 4 febbraio 2016 n. 2239, Cass. 10 marzo 2014 n. 5527; Cass. 6 novembre 2013 n. 24881).

L’individuazione dell’incapacità testamentaria può risultare particolarmente complessa nei casi di testamento olografo, poiché spesso non è possibile stabilire con esattezza il momento in cui l’atto è stato scritto e se il testatore si trovasse in uno stato di lucida consapevolezza.

Al contrario, nel testamento pubblico, la presenza del notaio offre una maggiore garanzia sulla valutazione della capacità del testatore, poiché il notaio può avvedersi dello stato di incoscienza o inconsapevolezza del testatore. Inoltre, il testamento pubblico prevede l’indicazione dell’orario di sottoscrizione, permettendo di collocare con certezza l’atto in un preciso momento temporale.

Amministrazione di sostegno e capacità testamentaria

La legge n. 6 del 2004 ha introdotto nel Codice Civile una disciplina volta a proteggere le persone che si trovano in condizioni di fragilità, senza però privarle completamente della loro autonomia.

L’amministrazione di sostegno, regolata dagli articoli 404-413 del Codice Civile, si fonda sul principio secondo cui la capacità di agire dell’individuo deve essere limitata solo nella misura strettamente necessaria alla tutela dei suoi interessi personali e patrimoniali, in base a una valutazione caso per caso da parte del giudice.

L’art. 409 del Codice Civile stabilisce che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno mantiene la capacità di compiere gli atti per i quali non sia richiesta la rappresentanza esclusiva o l’assistenza dell’amministratore, determinando così un’incapacità parziale e circoscritta, con la conseguenza che il beneficiario può – tra le altre facoltà – validamente disporre per testamento, salvo diversa decisione del giudice.

L’articolo 411 del Codice Civile consente al Giudice Tutelare di estendere al beneficiario dell’amministrazione di sostegno effetti, limitazioni o decadenze previsti dalla legge per le persone sottoposte a interdizione o inabilitazione. Questa estensione può essere disposta sia nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno sia in un momento successivo e può anche riguardare la capacità di donare e testare (Cassazione, ordinanza 21 maggio 2018, n. 12460, per la quale “Il giudice tutelare può provvedere d’ufficio, sia con il provvedimento di nomina dell’amministratore, sia mediante successive modifiche, la limitazione della capacità di testare o donare del beneficiario, ove le sue condizioni psico-fisiche non gli consentano di esprimere una libera e consapevole volontà”).

In assenza di un provvedimento espresso, il beneficiario dell’amministrazione di sostegno non rientra automaticamente tra i soggetti incapaci di testare. A tale proposito, Cassazione, ordinanza 28 aprile 2022, n. 13270 afferma che “Ex art. 411 c.c., comma 4, infatti, al giudice tutelare compete di delineare gli esatti contorni della sfera di comportamenti rilevanti che al beneficiario risultano preclusi, richiamandosi eventualmente alle limitazioni previste dalla legge con riguardo ai soggetti interdetti o inabilitati. E’ stato giustamente osservato in dottrina che l’estensione non implica, tramite la tecnica della relatio, il richiamo della specifica norma limitativa (ad esempio l’art. 591 c.c., comma 2, n. 2). Occorre tuttavia che, sia pure in forma implicita, la limitazione di capacità risulti specificamene stabilita con il provvedimento. In assenza di qualsiasi riferimento nel provvedimento, ad esempio, all’incapacità di fare testamento, non sono consentite valutazioni logiche o di coerenza fondate sull’ampiezza degli atti per i quali il provvedimento abbia previsto la rappresentanza o l’assistenza dell’amministratore di sostegno. Salva specifica disposizione limitativa del giudice tutelare, la capacità di testare è conservata dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno. Il testamento fatto dal beneficiario dell’amministrazione di sostegno non è quindi annullabile ai sensi dell’art. 591 c.c., comma 2, n. 2”.

A seconda della graduazione dei poteri conferiti all’amministratore di sostegno e, quindi, della residua capacità rimasta in capo al beneficiario, si suole distinguere tra un amministratore sostituto, quando il beneficiario si trova in una condizione di totale incapacità di intendere e volere, e un amministratore assistente, tutte le volte in cui il beneficiario mantiene la capacità di compiere atti, anche significativi, di amministrazione del proprio patrimonio e di cura della propria persona. Nel primo caso l’amministrazione di sostegno presenta caratteristiche affini alla tutela, nel secondo caso, invece, l’istituto dell’amministrazione di sostegno si avvicina alla curatela, in relazione alla quale l’ordinamento non prevede i divieti di ricevere per testamento e donazione che, al contrario, sono previsti per tutore e protutore (Cassazione, sentenza 4 marzo 2020, n. 6079).

L’art. 411 del Codice Civile prevede espressamente un’ipotesi di incapacità testamentaria e donativa in relazione all’amministratore di sostegno, il quale non può ricevere disposizioni testamentarie o donazioni dal beneficiario durante l’esercizio dell’incarico, salvo che vi sia uno dei rapporti indicati nella norma, cioè parentela entro il quarto grado o coniugio (nonché unione civile) o convivenza. Si ritiene che tale incapacità di ricevere per testamento sia riferibile solo al caso di amministratore di sostegno cosiddetto sostituto, con l’effetto che, in caso di amministrazione di sostegno assistente, questi potrebbe ereditare o ricevere un legato anche se non legato da uno dei detti rapporti con il beneficiario (Cassazione, sentenza 4 marzo 2020, n. 6079; Tribunale Trieste, sentenza 6 maggio 2017 n. 313; Tribunale Torre Annunziata, sentenza 28 marzo 2024, n. 929).

La norma da ultimo citata conferma, indirettamente, che il beneficiario dell’amministrazione di sostegno mantiene la capacità di testare, salvo i casi in cui il giudice abbia disposto diversamente o venga dimostrato un concreto stato di incapacità naturale al momento della redazione dell’atto di ultima volontà.

Una questione ancora aperta riguarda la possibilità di attribuire all’amministratore di sostegno un potere di assistenza al beneficiario nella redazione del testamento. Alcuni orientamenti giurisprudenziali si sono espressi in senso favorevole, prevedendo che tale potere possa consistere o nell’affiancamento del beneficiario al momento della formazione della volontà oppure nella trascrizione delle volontà testamentarie se il beneficiario sia impossibilitato fisicamente a redigere un testamento olografo.

A tale proposito è emblematico il caso deciso da Tribunale di Varese 12 marzo 2012 ove i giudici hanno affermato che il paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) può fare testamento, dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare; in concreto è stato stabilito che l’amministratore avrebbe dovuto dapprima raccogliere una rappresentazione fotografica della schermata a video e poi trascriverne il contenuto.

Nel caso trattato dal Giudice Tutelare di Milano, decreto n.11965/2011  del 24 febbraio 2015, il magistrato, valutata la possibilità del soggetto interessato di utilizzare un comunicatore oculare, ha precisato che “il paziente affetto da SLA possa fare testamento dettando le proprie volontà all’amministratore di sostegno avvalendosi del comunicatore oculare, non potendosi ammettere che un individuo perda la facoltà di testare a causa della propria malattia, trattandosi di una discriminazione fondata sulla disabilità, precisando inoltre, che per i pazienti affetti da SLA deve ritenersi sussistente un vero e proprio diritto alla comunicazione non verbale, mediante l’utilizzo di un comunicatore a puntamento oculare”.

Va tenuto altresì presente che, secondo quanto prevede la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, gli Stati che l’hanno ratificata provvedono «ad accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità […] alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta» (articolo 21, comma b). Lo Stato italiano ha ratificato la convenzione con Legge 3 marzo 2009, n. 18.

I due provvedimenti giudiziali sopra citati, seppure condivisibili per l’intento mostrato di voler preservare la capacità di testare anche in capo a soggetti affetti da gravi disabilità, tuttavia hanno destato non poche perplessità sotto il profilo della tenuta giuridica di un testamento olografo siffatto, in evidente contrasto con l’art. 602 del Codice Civile per il quale il testamento olografo dev’essere scritto per intero, datato e sottoscritto di pugno dal suo autore, pena la nullità.

La Corte di Cassazione, con ordinanza del 21 maggio 2018 n. 12460, già citata prima, sembra farsi carico delle perplessità e afferma che negli atti personalissimi, qualora le facoltà cognitive e volitive del testatore risultino gravemente compromesse, non si possono facilmente ipotizzare forme di mediazione o integrazione da parte di terzi e che l’introduzione di un consenso esterno risulterebbe in evidente contrasto con il carattere strettamente personale dell’atto di ultima volontà e con la tutela della capacità del beneficiario, che rappresenta la finalità stessa dell’istituto.

In senso opposto, l’ordinanza della Corte di Cassazione del 15 marzo 2021, n. 7194 ha invece aperto alla possibilità che il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno attribuisca a questi un potere di assistenza nella predisposizione delle disposizioni testamentarie. Nel caso specifico, il decreto prevedeva che la validità del testamento fosse subordinata alla presenza di un’autorizzazione scritta dell’amministratore, non tanto per l’esercizio del potere di testare in sé, quanto per la materiale stesura delle singole disposizioni di ultima volontà. Di conseguenza, il ruolo dell’amministratore si configurava come un’integrazione negoziale della volontà testamentaria del beneficiario.  Secondo la Corte, questa configurazione non solo è compatibile con l’ordinamento, ma implica la necessità di distinguere la capacità testamentaria “attenuata” del beneficiario dell’amministrazione di sostegno da quella dell’interdetto, che è soggetta a un regime differente e più restrittivo.

Sull’argomento è stata molto rigorosa la Commissione Regionale di Disciplina della Puglia con la decisione del 15 febbraio 2022 che ha stabilito che viola l’art. 603 del Codice Civile il notaio che consente l’intervento (e la conseguente sottoscrizione) dell’amministratore di sostegno nel testamento pubblico da lui ricevuto nonostante vi sia stata formale autorizzazione in tal senso da parte del giudice tutelare (allegata all’atto): tanto in considerazione del carattere strettamente unilaterale, unisoggettivo e personalissimo del testamento, come è confermato appunto dal detto art. 603 c.c., che limita l’intervento di altri soggetti, oltre ai testimoni, esclusivamente nel caso di testamento del muto e del sordo. Il notaio, invece, avrebbe dovuto evidenziare l’abnormità del provvedimento giudiziale e, avvalendosi dello “ius postulandi” concessogli dall’art.1 della Legge Notarile, chiedere la modifica del provvedimento autorizzativo. La violazione della norma civilistica comporta violazione dell’art.28 Legge Notarile.

Dubbi e perplessità possono essere fugati mediante il ricorso al testamento per atto pubblico ove la redazione è per definizione affidata a persona terza, il notaio; ancor di più oggi, essendo oramai consentito ai notai avvalersi delle nuove tecnologie della comunicazione, quali i moderni dispositivi di ausilio alle persone con disabilità che permettono al disabile una comunicazione con il notaio, con modalità alternative a quella verbale, che assicura ugualmente il corretto esercizio dell’espressione del pensiero e del controllo del testo e, unitamente alla lettura e all’ascolto diretto, garantiscono al beneficiario –  anche  in tali particolari casi – la percezione della corrispondenza della propria volontà con il testamento in  tal modo perfezionato. Il notaio, in detti casi, può esercitare pienamente l’indagine della volontà senza alcuna mediazione di interpreti o di amministratori di sostegno, con piena garanzia della certezza e della riferibilità della volontà al testatore (sul tema in generale, Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 174/2022, Sul superamento degli articoli 56 e 57 della legge notarile per i malati di sindrome laterale amiotrofica (SLA)).

Conclusioni

Il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la capacità di testare, salvo che il giudice tutelare non disponga espressamente il contrario, estendendo nei suoi confronti l’incapacità prevista per gli interdetti.

Ammettere in linea di principio la capacità di testare in capo al beneficiario impedisce che un individuo perda tale facoltà a causa di una qualunque condizione o patologia che, seppure disabilitanti, non abbiano menomato capacità cognitive e decisionali; si tratterebbe infatti di una discriminazione fondata sulla disabilità con sacrificio, peraltro, di una capacità, quella di fare testamento, legata anche alla sfera emotiva e più intima della persona.

Il testamento è atto giuridico che non produce effetti pregiudizievoli per il suo autore, in quanto opera solo dopo la sua morte; peraltro, qualora le disposizioni testamentarie risultassero lesive degli interessi dei familiari, questi ultimi avrebbero comunque a disposizione vari strumenti di tutela; inoltre, anche un testamento fatto dal beneficiario che, in astratto, abbia mantenuto la capacità di testare può essere sempre impugnato da chiunque abbia interesse, dimostrando che, al momento della redazione, egli era in uno stato di incapacità naturale tale da compromettere la sua volontà.

Considerato, infine, che nel testamento possono essere inserite anche disposizioni non patrimoniali e che queste hanno dignità al pari di quelle patrimoniali, se non talvolta superiore – si pensi alle disposizioni sulla propria sepoltura, al riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio, alla designazione del tutore o protutore, alla dichiarazione di riabilitazione dell’indegno, alla confessione, alle determinazioni sul diritto morale di autore e sulle sorti della propria corrispondenza e di altri scritti, personali e confidenziali, alle disposizioni connesse alla cosiddetta morte digitale – l’affermata capacità di testare del beneficiario costituisce uno strumento di valorizzazione della persona umana sia nell’immediatezza presente sia nella proiezione dopo di sé.

Vincenzo Spadola,  Notaio in Parma.

 

Fonti (in ordine di pubblicazione), oltre alle sentenze citate nel testo

Giovanni Bonilini, La capacità di testare e di donare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, Famiglia, persone e successioni, n. 1, 1 gennaio 2005, p. 9

Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 623-2016/C, L’amministrazione di sostegno, est. S. Monosi e G. Taccone, Approvato dalla Commissione Studi Civilistici il 14 giugno 2017

Consiglio Nazionale del Notariato, Quesito Civilistico n. 51-2018/C. La capacità di testare del beneficiario di amministrazione di sostegno, Risposta dell’8 marzo 2018

Maria Novella Bugetti, Sulla dubbia capacità di testare del beneficiario dell’amministrazione di sostegno, Il diritto degli affari, n. 2, 2021, p. 208

Consiglio Nazionale del Notariato, Studio n. 174-2022/P, 1 febbraio 2023, Sul superamento degli articoli 56 e 57 della legge notarile per i malati di sindrome laterale amiotrofica (SLA)

Vito Amendolagine, Percorsi di giurisprudenza – Evoluzioni giurisprudenziali sull’Amministrazione di sostegno, Giurisprudenza Italiana, n. 8-9, 1 agosto 2023, p. 1940

Giancarlo Iaccarino, AA.VV., Successioni e donazioni, Edizione 2023, Capitolo XI, di Vera Tagliaferri

Matteo Gallione e Giuseppe Trapani, L’eliminazione delle barriere giuridiche per i soggetti vulnerabili ed il ruolo centrale del Notariato, Notariato, n. 1, 1 gennaio 2025, p. 15