I Segnalatori dello studio notarile – a cura Dott. Michele D’Agnolo

Ancor oggi, la clientela dello studio notarile arriva principalmente per passaparola. Clienti rimasti soddisfatti segnalano la prestazione ad amici, parenti e conoscenti.

Anni addietro, ad esempio, molti notai neo nominati acquisivano le prime relazioni con i clienti privati dedicandosi agli atti minori come ad esempio le compravendite di autoveicoli. Le autentiche sui passaggi di proprietà oltre a garantire un budget iniziale, consentivano al professionista di farsi conoscere ad una vasta platea di soggetti, che poi avrebbero fatto scattare il meccanismo del passaparola.

Oggi, viceversa, venute meno alcune prestazioni notarili basiche, la possibilità per un giovane Notaio di farsi conoscere alla clientela è più difficile. E difatti è molto più comune l’associazionismo professionale volto al progressivo subentro in sedi notarili già presidiate. 

Un numero rilevante di opportunità di lavoro arriva al Notaio non direttamente da ex clienti ma piuttosto attraverso la segnalazione di soggetti terzi. Si direbbe terzi ma non troppo, in quanto si tratta di solito di soggetti in qualche modo coinvolti nel processo di stipula degli atti. Ad esempio, in alcune zone della Toscana è tradizionalmente il tecnico edile ovvero l’architetto, geometra, perito o ingegnere edile a predisporre il fascicolo con le ispezioni ventennali e a condurre i clienti dal proprio Notaio di riferimento.

E così, nell’ambito delle prestazioni di diritto immobiliare possono fungere da segnalatori le agenzie immobiliari, gli amministratori di condominio e i costruttori edili, soprattutto quando commercializzano soluzioni abitative seriali come villette a schiera, appartamenti in grandi condomini, lottizzazioni.

Nell’ambito del diritto societario è invece fondamentale per lo studio notarile curare il rapporto con i commercialisti, che inviano i loro clienti imprenditori a svolgere le operazioni societarie straordinarie, le costituzioni e le modificazioni degli atti costitutivi.

Per quanto concerne il diritto bancario, spesso mutui, surroghe ed altri atti consimii vengono segnalati da banche e broker.

Anche il rapporto con avvocati immobiliaristi o di affari, soprattutto se afferenti a studi con un buon posizionamento e/o dimensione può canalizzare efficacemente un certo numero di atti.

Avere un buon rapporto con i segnalatori permette allo studio di ricevere un flusso maggiore e più uniforme di clientela. Inoltre, se i segnalatori sono opportunamente educati e formati, possono contribuire a rendere più fluido il lavoro dello studio in quanto possono fornire dei semilavorati migliori. Un rapporto conflittuale invece crea fastidio perché costringe al rimbalzo delle minute degli atti con conseguente aumento dei tempi, dei costi e dei rischi di errori e insoddisfazioni.

Il rapporto con i segnalatori è da sempre nel mirino dei consigli notarili per gli elevati rischi di violazione delle norme deontologiche, in particolare quelle relative all’indipendenza del Notaio, che si possono verificare laddove siano istituiti compensi di segnalazione di qualsivoglia natura. Per fortuna è assolutamente possibile avere buoni rapporti con i segnalatori anche mantenendo il pieno rispetto dei presidi etici posti dal CNN.

Per avere un buon rapporto con i segnalatori occorre innanzitutto valutare con attenzione quali sono i requisiti della prestazione notarile che sono importanti per ciascuna categoria di intermediari. Possiamo considerare questi intermediari come clienti indiretti, ovvero stakeholder, cioè di portatore di interessi nello studio.

Se vogliamo in modo deontologico ed elegante ricompensare il segnalatore, le agevolazioni di tipo tecnico-scientifico e immateriale sono di solito le più efficaci.

Ad esempio i commercialisti apprezzano molto di avere un accesso immediato e privilegiato al Notaio in modo da poter dirimere “in diretta” con il cliente eventuali aspetti problematici delle operazioni societarie soprattutto di carattere straordinario.

Gli istituti di credito e le agenzie immobiliari oggi apprezzano in modo particolare eventuali interventi formativi a vantaggio delle proprie reti di collaboratori, che mediamente sono sempre più precari e impreparati, e soggetti ad elevatissimo turnover.

Altri esempi potrebbero essere flessibilità nel caso di urgenze o nel reperimento della documentazione.

Avere un buon rapporto con i segnalatori consente spesso allo studio di fluidificare i processi. Questo richiede però uno sforzo di standardizzazione da parte dello studio, che metterà a disposizione i suoi modelli di atti.

Per l’avvocato o Il commercialista che propone il suo atto invece del rodatissimo facsimile dello studio occorre essere pronti con delle checklist che prescindano dalla struttura dell’atto e si concentrino sui contenuti obbligatori e opportuni che ogni categoria di atto deve avere.  

Lo studio notarile che investe sugli intermediari in modo etico e li organizza all’interno del flusso di produzione degli atti viene quindi ricompensato.

 

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

La cessione del contratto sconta l’ordinaria imposta per le cessioni di beni e servizi- a cura Notai Giandomenico Schiantarelli e Salvatore Pepe

La cessione di contratto preliminare è prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 D.P.R. 633/1972 e, pertanto, sconta
l’IVA sul corrispettivo di cessione e l’imposta di registro in misura fissa (art. 40 D.P.R. 131/1986). La previsione della restituzione, “a titolo di caparra”, di una somma diversa dalla caparra a suo tempo versata dal cedente costituisce, ad onta delle espressioni utilizzate, un corrispettivo e, come tale, rende la cessione rilevante ai sensi dell’art. 3 cit. (
Risposta ad interpello n. 95/2022 del 4 marzo 2022).

Con la risposta ad interpello di cui sopra si è riportata una massima (non ufficiale), l’Agenzia delle Entrate affronta ed offre spunti interessanti di riflessione in ordine alla tassazione della circolazione della c.d. posizione contrattuale.

La fattispecie sottoposta al vaglio dell’Agenzia finanziaria è quella di una cessione di contratto preliminare, ai sensi dell’art. 1406 cod. civ., da parte di un soggetto passivo IVA, dietro il versamento di una somma di Euro 50.000,00, versamento qualificato dalle parti come “restituzione della caparra”; tuttavia, la caparra a suo tempo versata nel contratto ceduto era di Euro 70.000,00.

La diversità tra i due importi viene ritenuto elemento decisivo per qualificare l’importo versato dal cessionario quale “corrispettivo” per la cessione del contratto e, dunque, rendere la prestazione del cedente rilevante ai sensi dell’art. 3 D.P.R. 633/1972 (in particolare, co. 2, n. 5), con tutte le conseguenze del caso.

Prima di commentare la soluzione adottata dall’Amministrazione finanziaria, vale la pena precisare che crediamo (per le cose che diremo) scarsamente rilevante, dal punto di vista fiscale, la tesi seguita in ordine alla natura giuridica della “cessione del contratto”. Infatti, vuoi che si voglia ritenere la fattispecie come “trilaterale” e avente ad oggetto un cumulo indistinto di debiti-crediti (la “posizione contrattuale”), vuoi che la si voglia ritenere come “bilaterale” (ritenendosi sufficienti il consenso del cedente e del cessionario), rivestendo il consenso del creditore un ruolo limitato a dare efficacia liberatoria all’accollo dei debiti, posto in essere tra le parti della cessione (tesi di Raffaele Cicala), poco cambierebbe. A dire il vero, l’unico punto in cui la cosa cambierebbe è che, aderendo alla ricostruzione del Cicala, il contratto sarebbe sempre un contratto oneroso, vale a dire un negozio di cessione dei crediti in corrispettivo dell’accollo (liberatorio o meno) dei debiti di cui al medesimo rapporto contrattuale; di conseguenza, l’Illustre Autore ritiene che il vero prezzo della cessione sia corrisposto da chi risulti “aver meno” e cioè: dal cessionario, se i crediti sono minori o uguali rispetto al valore dei debiti accollati; dal cedente, se i debiti accollati sono minori dei crediti ceduti (e dunque, a voler essere rigorosi, in questo secondo caso la tassazione dovrebbe essere in capo a questo soggetto, manifestando egli una capacità contributiva – il “prezzo” dato dalla minusvalenza).

Tralasciando tuttavia le sottigliezze civilistiche, in sostanza si può ritenere che la soluzione data dall’Amministrazione sia condivisibile, anche se l’iter argomentativo potrebbe essere diverso.

A norma degli artt. 1406 ss. cod. civ., la cessione del contratto costituisce una successione – a titolo derivativo – nella posizione giuridica del cedente a favore del cessionario. Nel caso in cui fosse data una caparra, accessorium sequitur principale e, dunque, il cessionario subentra nel rapporto relativo altresì a questa; il (promittente) venditore, non ha, al riguardo, alcun obbligo di restituzione, salvo diverso accordo tra tutti.

Di conseguenza e salvo intenti liberali, sarà cura e onere (per una convenienza economica) del cedente pattuire per la cessione un corrispettivo che lo ristori almeno delle spese sostenute (in primis la caparra).

Se quanto sopra è vero, allora, si può addirittura concludere, andando oltre le argomentazioni dell’Amministrazione, che ogni volta che v’è una prestazione da parte del cessionario verso il cedente non si tratta mai di un mero “rimborso anticipazioni/spese”, bensì sempre e soltanto di un corrispettivo (calcolato dal cedente in base ai suoi criteri, tra cui l’ammontare dei costi/guadagni, se riterrà); e ciò sarebbe vero anche laddove si “rimborsasse” (rectius, si convenisse un corrispettivo di importo pari al)l’intero importo della caparra. Anche in tal caso, dunque, dovrebbe concludersi nel senso di qualificare l’operazione come “cessione onerosa della posizione contrattuale”.

La vicenda circolatoria del preliminare è assai frequente nella prassi della contrattazione immobiliare e passa anche per altre strade. Una valida alternativa è la stipulazione con riserva di nomina della persona che assumerà diritti ed obblighi (art. 1401 cod.civ.).

In tal caso, al di là dell’imposizione prevista dall’art. 32 D.P.R. 131/1986, si pone frequentemente il problema della restituzione di caparre e/o acconti ovvero della corresponsione di corrispettivi. E’ opportuno fare qualche distinzione:

   a.      Nomina gratuita:

          i.   senza restituzione di caparre/acconti/somme in atto: in tal caso, l’atto sconterà – in parte qua e quanto alla registrazione – soltanto l’imposta fissa di cui all’art. 32 D.P.R. 131/1986;

           ii.  Con restituzione di caparre/acconti/somme in generale: in questa evenienza, assai frequente, la questione della tassazione diventa più articolata. Sebbene ci sia spostamento di ricchezza, non si ritiene che la medesima dia luogo a manifestazione di capacità contributiva da tassare in capo all’accipiens (stipulans) o al solvens (electus). Infatti, considerata la natura giuridica prevalentemente riconosciuta al contratto per persona da nominare (id est, rappresentanza eventuale in incertam personam), all’esito di una valida electio amici, lo stipulans risulterà essere (stato) un mandatario dell’electus; pertanto, troveranno piena applicazione gli artt. 1719 e 1720 cod.civ., con la conseguenza che se le somme sono state erogate dal mandatario, il mandante avrà l’obbligo di rimborso. Le conseguenze, ai fini fiscali, sono notevoli e portano a conclusioni diverse da quelle delle ipotesi precedentemente considerate, in quanto:

      1.   tali somme non costituiscono corrispettivo di cessione/nomina e non danno luogo a tassazione        come tale;

      2.     l’obbligo di rimborso scaturisce dalla legge e non da previsioni contrattuali, onde non c’è                  presupposto per applicare una imposta di registro in merito;

      3.    laddove nell’atto si desse conto di tali obblighi e del relativo adempimento da parte dell’electus,       nemmeno la quietanza rilasciata dallo stipulans sarebbe soggetta a tassazione, ai sensi dell’art.         21, ult. co., D.P.R. 131/1986, considerata la contestualità rispetto all’atto che – quale elemento          della fattispecie legale – determina l’effettività di questo obbligo di restituzione; ad ogni modo e       a tutto concedere, al massimo l’imposizione potrà essere pari allo 0,50%, quale quietanza ai             sensi    dell’art. 6 Tar. Parte Prima allegata al D.P.R. 131/86;

     4.      del resto, la tassazione in capo all’unica reale parte (l’electus, per effetto della fictio iuris prevista       dalla legge) è già avvenuta al momento della registrazione del preliminare;

         b.      Nomina dietro corrispettivo, con o senza restituzione di somme (caparre, acconti, altro): in tal caso –           che si ritiene perfettamente lecito – la nomina si connota dell’onerosità e, pertanto, anche alla stregua           del principio di capacità contributiva, sarà assoggettabile a tassazione sulla somma pattuita, con                   l’aliquota del 3% (la tassazione della quietanza viene assorbita ai sensi dell’art. 21 già citato) in capo             al solvens; per la restituzione delle ulteriori somme, vale quanto sopra. 

Giandomenico Schiantarelli, Notaio in Tirano – Salvatore Pepe,  Notaio in Ardenno. 

ABOLIZIONE DEL VISTO QUADRIMESTRALE DEL REPERTORIO – a cura Notaio Elena Peperoni

L’art. 68 comma 1 D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 prevedeva per i notai l’obbligo, entro il mese successivo a ciascun quadrimestre solare e nei giorni indicati dall’ufficio del registro competente per territorio, di presentare il repertorio all’ufficio stesso.

Il secondo comma della norma prevedeva che il medesimo ufficio, dopo aver controllato la regolarità della tenuta del repertorio e della registrazione degli atti in esso iscritti, nonché la corrispondenza degli estremi di registrazione ivi annotati con le risultanze dei registri di formalità di cui all’art. 16 e dopo aver rilevato le eventuali violazioni e tutte le notizie utili, apponesse il proprio visto dopo l’ultima iscrizione indicando la data di presentazione e il numero degli atti iscritti o dichiarando che non aveva avuto luogo alcuna iscrizione.

L’art. 1 del D.L. 21 giugno 2022 n. 73, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2022, n. 122 (pubblicato in G.U. 19/08/2022, n. 193), ai commi 1 e 2 così definitivamente recita:

“Art. 1 – Soppressione dell’obbligo di vidimazione quadrimestrale dei repertori.

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni:

 a) all’articolo 68, i commi 1 e 2 sono sostituiti dai seguenti:

«1. Il controllo dei repertori previsti dall’articolo 67 è effettuato su iniziativa degli uffici dell’Agenzia delle Entrate competenti per territorio. I soggetti indicati nell’articolo 10, comma 1, lettere b) e c), i capi delle amministrazioni pubbliche ed ogni altro funzionario autorizzato alla stipulazione dei contratti trasmettono il repertorio entro trenta giorni dalla data di notifica della richiesta. Gli uffici dell’Agenzia delle Entrate effettuano verifiche anche presso gli uffici dei soggetti roganti.

2. L’ufficio dopo aver controllato la regolarità della tenuta del repertorio e della registrazione degli atti in esso iscritti, nonché la corrispondenza degli estremi di registrazione ivi annotati con le risultanze dei registri di formalità di cui all’articolo 16 e dopo aver rilevato le eventuali violazioni e tutte le notizie utili, comunica l’esito del controllo ai pubblici ufficiali.»;

b) all’articolo 73, il comma 1 è sostituito da seguente:

«1. Per l’omessa presentazione del repertorio a seguito di richiesta dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi del primo comma dell’articolo 68, i pubblici ufficiali sono puniti con la sanzione amministrativa da euro 1.032,91 a euro 5.164,57.».

Pertanto, il controllo del repertorio da parte della Agenzia delle Entrate non è più un automatismo a scadenza fissa e periodica, ma è effettuato solo su iniziativa dell’Agenzia stessa, che deve comunque dare un preavviso al notaio di almeno trenta giorni.

Si ritiene che – pur in assenza di espressa previsione in tal senso – anche per le verifiche del repertorio effettuate, come ora consentito dalla norma, presso gli uffici dei soggetti roganti, l’Agenzia delle Entrate debba comunque dare il medesimo preavviso di almeno trenta giorni.

Resta, invece, invariato il terzo comma dell’art. 68, ai sensi del quale l’ufficio non può comunque trattenere il repertorio oltre il terzo giorno non festivo successivo a quello di presentazione.

Elena Peperoni, Notaio in Palazzolo sull’Oglio (BS)

Il marketing è di tutti – a cura Dott.ssa Anna Lisa Copetto

Nel concetto di marketing non c’è nulla di peccaminoso, fortunatamente se ne stanno accorgendo anche gli studi notarili. Fermo restando i limiti (giustamente) imposti dalla deontologia e dal decoro professionale, l’attività di marketing sta diventando sempre più parte integrante della strategia di sviluppo dello studio.

Sgomberiamo il campo da alcune credenze. Il marketing non è un’attività di vendita, la vendita ne è semmai il risultato. Il marketing non è pubblicità, che è invece uno degli strumenti di cui si avvale. Il marketing non è dare la caccia a nuovi clienti, o non necessariamente, è piuttosto prendersi cura della relazione con i clienti già faticosamente acquisiti affinché diventino essi stessi strumenti di marketing. 

Il marketing non è un’attività da svolgere a tempo perso, è invece un processo che deve essere pianificato, guidato, monitorato e riaggiustato costantemente, in funzione dei cambiamenti che possono interessare lo studio. 

Il marketing è la scienza che studia il cliente – le sue caratteristiche, i suoi comportamenti, le sue preferenze, i suoi bisogni, le sue aspettative – e che fornisce le informazioni necessarie per progettare e offrire una proposta di valore capace di soddisfarlo.

Il marketing non è solo un affare da aziende. Anzi, l’intangibilità dei servizi rende ancor più indispensabile curare in modo maniacale non solo la qualità tecnica della prestazione (che comunque il cliente finirà per dare per scontata) ma anche la qualità percepita sulla base della quale il cliente ci giudica, ci apprezza e ci segnala. 

Il marketing non è solo un affare che riguarda il Notaio, che ha l’arduo compito di delineare le strategie dello studio che però hanno bisogno di essere tradotte in una serie di azioni quotidiane poste in essere da tutto il team, in base alle proprie competenze e al proprio ruolo. Solo con il coinvolgimento di tutti si riesce a garantire il successo dello studio.

Essere sempre gentili, pazienti e professionali, anche quando il cliente è scortese o anche quando abbiamo poco tempo, siamo di cattivo umore o sotto pressione, incide sulla qualità percepita da parte del cliente. Essere carenti su quest’aspetto può essere un elemento di grande disturbo per il successo dello studio. Il cliente oggi non ha paura di lasciare lo studio su due piedi.

La disponibilità, la cortesia, l’empatia, l’immagine sono elementi tutt’altro che marginali nel complicato processo di valorizzazione dei benefici apportati al cliente. Anzi, possono essere gli elementi di differenziazione in base ai quali il cliente ci sceglie o ci abbandona. 

Ricordarsi qualche circostanza della vita privata può mettere il cliente più a suo agio, farlo sentire accudito e coccolato. Ecco allora che quella chiacchierata dell’impiegata con il cliente spesso giudicata un costo per lo studio in realtà è un’azione di marketing, basata sulla fidelizzazione e sul passaparola. Non serve avere la memoria di Pico della Mirandola, basterebbe anche una buona agenda aggiornata che potrebbe in secondo momento trasformarsi in uno strumento di CRM più evoluto.

Analizzare con cura i dati del cliente e intercettare in essi una sua difficoltà rispetto alla quale lo studio può essergli di supporto, significa andare oltre le aspettative del cliente e garantire allo studio una stabilità di rapporto. Anche questa è una azione di marketing (tecnicamente, cross selling). Una azione tanto più efficace quanto più la relazione tra cliente e collaboratore è basata sulla fiducia e sul dialogo continuo.

Cogliere tempestivamente i segnali di allarme che il cliente lancia più o meno esplicitamente e intervenire prima che decida di abbandonare lo studio o prima che ne possa parlar male all’esterno, anche questa è una azione di marketing che va sostenuta e agita da tutti coloro che entrano in relazione con lui.

Mantenere il cliente aggiornato sui temi che lo riguardano e sulle prestazioni che lo studio è in grado di garantirgli per essergli di supporto, è un’azione di marketing spesso trascurata e che invece andrebbe curata, nominando ad esempio all’interno dello studio un Knowledge Manager che presieda la formulazione e la pubblicazione di informazioni, approfondimenti e notizie. 

Insomma, affinché possa essere efficace ed incisivo, il marketing non dovrebbe essere un progetto strategico riservato ai piani alti ma deve essere una responsabilità condivisa e una attitudine diffusa in tutta la squadra.

Anna Lisa Copetto, Consulente di direzione presso Intuitus Network