Il primo assistente dello studio notarile è il cliente – a cura Dott. Michele D’Agnolo

Oggigiorno nessuno si sognerebbe di andare dal medico senza portare le radiografie, le prove del sangue, i referti di precedenti consulti. Mi sembra quasi di vederli questi pazienti in sala attesa mentre tengono tra le mani le informazioni utili, tutte ben ordinate all’interno di una cartellina. E quando il medico chiederà le informazioni necessarie all’anamnesi queste verranno descritte in modo chiaro e preciso. E invece spesso i clienti arrivano allo studio notarile in tutto o in parte sguarnite dei documenti necessari ad avviare o a completare il complesso iter di predisposizione dell’atto notarile. Altre volte strada facendo i clienti si avvedono di alcune cose e cambiano atteggiamenti ed esigenze, costringendo lo studio a rifare tutto quanto predisposto in precedenza.

Nei contratti, se già il cliente parte acquirente fa fatica a collaborare ma sembra avere tendenzialmente maggiore interesse, sembra ancora più difficile coinvolgere la parte venditrice.

La mancanza di collaborazione da parte dei clienti è oggi una delle principali cause di inefficienza all’interno dello studio notarile. Il processo di predisposizione degli atti soggiace infatti a continui stop e ripartenze nell’elaborazione e a slittamenti nelle stipule dovuti alla mancanza di documenti o a cambi di rotta indotti dalla clientela.

Molto spesso il cliente si rivela più solerte nel sollecitare la fissazione dell’atto che nel portare i documenti necessari. E non è detto che abbia compreso fino in fondo il nesso tra i due concetti.

Occorre innanzitutto comprendere come mai i clienti non collaborano attivamente con lo studio. In prima battuta perché non sanno o non capiscono. Non hanno ben chiaro il ruolo di garanzia del Notaio e come si svolge l’attività notarile perché generalmente, loro malgrado, sono degli assoluti dilettanti. La maggior parte delle persone infatti va dal Notaio una sola volta nella vita per mutuo e compravendita della prima (e unica) casa. Tuttalpiù questo accesso raddoppia quando la persona fa il testamento. Non va poi sottaciuto che nel Paese che si ritiene la culla del diritto una seria preparazione giuridica è ancora appannaggio di pochi fortunati. Quindi è del tutto naturale che il cliente non sappia nulla di ciò che accadrà. Il cliente medio ha tutto il diritto di continuare a credere che l’Ape sia un insetto. In questa situazione di non conoscenza gli stereotipi e i pregiudizi da bar sport possono facilmente prendere il sopravvento. Perché lo studio notarile mi fa correre in giro a cercare documenti quando queste cose le potrebbe fare lui? Se faccio tutto io perché devo pagare lo studio così tanto?

L’assistente notarile e il Notaio non sono sempre pienamente consapevoli di questo autentico gap culturale e quindi spesso danno per scontato che il cliente sappia, capisca e ricordi.

Questa situazione apre la strada a quegli studi che vogliano investire nell’educazione al cliente.

Si viene a creare uno spazio molto interessante per la riduzione degli sprechi ma anche per la fidelizzazione del cliente: lo studio proattivo si attiverà per insegnare la funzione notarile e i vantaggi che essa comporta sulla certezza degli scambi e per spiegare il ruolo del cliente nell’ambito del processo.  

Lo studio proattivo seguirà inoltre il cliente aiutandolo a fare la sua parte in modo tempestivo e completo. Gli studi che hanno fortemente investito nell’educazione del cliente hanno processi lavorativi più lineari e veloci e clienti più soddisfatti perché più consapevoli dell’assistenza che hanno ricevuto.

L’educazione del cliente richiede una adeguata preparazione degli addetti e l’utilizzo strategico e sinergico di molti strumenti di comunicazione. Le semplici checklist che alcuni studi mettono a disposizione del cliente durante i colloqui o sui siti web non sono sufficienti e spesso vengono ignorate o interpretate in modo alquanto creativo. Le sale d’aspetto degli studi notarili sono piene di brochure che nessuno guarda perché troppo tecniche e troppo lunghe.

Siamo fortunati perché nel creare questa piccola scuola di istituzioni di diritto le spiegazioni non devono necessariamente avvenire dal vivo impegnando tempo e risorse preziose ma possono essere coadiuvate da strumenti moderni quali video, giochi, strumenti interattivi, comunicazione social e web.

Così come IKEA o Eataly hanno trasformato i propri negozi in un catalogo immersivo, si può approfittare di tutte le presenze in studio del cliente per parlare della funzione notarile e appalesare cosa accade dietro le quinte, in special modo sfruttando i tempi morti quali le attese.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

Commento a Cassazione su ammissione ad azione di restituzione – a cura Notaio Roberto Santarpia

Commento alla Sentenza di Cassazione del 11 febb. 2022 su azione di restituzione a seguito di donazione indiretta.

Il giorno 11 febbraio 2022 è stata pubblicata la sentenza di Corte di Cassazione num. 4523 la quale ha, fra l’altro, dichiarato, a mio avviso in modo non netto e univoco, che avverso le donazioni indirette sia possibile esperire l’azione di restituzione di cui all’art. 563, 1° comma, cod. civ. (nel caso in cui la stessa abbia leso le ragione di un legittimario).

A mio avviso, come detto, in modo non definitivo, poiché le parole esatte della stessa sono le seguenti: “nel caso in cui il donante fornisca il denaro quale mezzo per l’acquisto dell’immobile che, in tale evenienza, costituisce esso stesso l’oggetto della donazione in funzione dello stretto collegamento esistente tra l’elargizione del denaro ed acquisto del cespite……, si potrebbe ipotizzare un margine di esperibilità del rimedio di cui all’art. 563, primo comma, c.c.” e non vi è chi non veda, se un po’ aduso alla materia giuridica, che la frase in grassetto ha il senso di potersi pensare eventualmente possibile detta azione in anti tesi con la fattispecie trattata nella sentenza ove era decisamente esclusa.

In ogni caso il presente scritto vorrebbe mettere “ordine” (se mi passate l’ardire) nel disposto della detta sentenza poiché non troppo chiara in qualche punto.

Si parte dai fatti di causa in cui si invoca dall’istante l’accertamento della natura simulata di due atti di trasferimento immobiliari con i quali i sigg. Tizione e Tizia, tra loro coniugati (si arguisce in separazione dei beni), avevano acquistato in parti uguali nel 1972 e nel 1973 diversi immobili con denaro esclusivamente di proprietà di Tizione e di conseguenza l’acquisto dissimulava (??) in realtà una donazione di immobili da parte di Tizione nei confronti del la moglie Tizia, azione tesa al fine di poter esperire il rimedio di cui all’art. 563 1° c. cod. civ..

La Suprema Corte respinge la censura dell’istante: ammette si l’esperibilità dell’azione di simulazione di un negozio giuridico dissimulante una donazione anche prima dell’apertura della successione del donante, allo scopo di poter esercitare il rimedio di cui all’art. 563 c.c. -citando una Cassazione num. 11012 del 9 maggio 2013- ma non dopo i venti anni dalla stipula dell’atto che si vuole impugnare; in realtà però la detta Cassazione del 2013 citata ammetteva la azione tendente ad accertare la simulazione in ordine ad una fattispecie do ve la vendita (negozio oneroso) era stato effettuato dal disponente con il beneficiato e il corrispettivo non era stato incassato; là si che sussistono i presupposti per dirsi che il negozio è simulato in quanto negozio non voluto e per tale carattere opposto alla nostra fatti specie che si configura invece come negozio indiretto e cioè un negozio effettivamente vo luto tra le parti (reale ed efficacie) che peraltro, nella fattispecie, è stato concluso da terzi che vende vano ai nostri coniugi, terzi che hanno quindi effettivamente percepito il denaro quale corrispettivo che Tizione ha realmente pagato; detto negozio ha raggiunto l’ulteriore scopo di arricchire la moglie Tizia che non ha sborsato denaro, mentre nella simulazione relativa le parti vogliono porre in essere un atto reale nascondendolo sotto le diverse e fittizie apparenze di un atto diverso, palese ma meramente illusorio e la simulazione peraltro deve es sere voluta da entrambi i contraenti l’atto, cosa che nella nostra fattispecie era in radice esclusa per come la fattispecie concreta si era atteggiata.

Quando poi la sentenza in oggetto (11 febb. 2022) prende in considerazione il negozio indiretto, al fine di valutare se poter esperire o meno il rimedio dell’art. 563 1° comma, dice (addirittura) quanto segue: “…. Per poter esercitare l’azione di accertamento della natura simulata di un negozio dispositivo avente ad oggetto un immobile, in funzione dell’esperimento del rimedio di cui all’art. 563 4° comma c.c., a sua volta finalizzato al successivo avvio della domanda di restituzione ex art. 563 1° comma c.c. l’attore è tenuto a dimostrare che la liberalità indi retta abbia avuto ad oggetto direttamente il bene e non il denaro….”.

Qui innanzitutto bisogna precisare ancora che il negozio indiretto non è un negozio simulato per cui forse la Cassazione si è espressa in tal senso sulla scorta di uno “strascico” del ragionamento appena precedentemente da lei svolto sulla simulazione cadendo in una, non voluta, imprecisione giuridica; però purtroppo prosegue nel ragionamento dicendo che l’attore non poteva esperire l’azione di simulazione per l’avvenuto trascorso termine di 20 anni dalla stipula dei due atti di compravendita e non perché ne mancano i presupposti.

Sarebbe stato più consono che la Cassazione dicesse che si deve provare l’arricchimento e l’animus donandi di chi compie il negozio (comunque voluto e non simulato) che raggiunge anche l’ulteriore fine di arricchire altra parte.

Ora peraltro passando al profilo operativo del notaio -stante il taglio anche pratico della rubrica che debba confezionare un atto di vendita, occorre ricordare che, dal 2006, bisogna citare i mezzi di paga mento e quindi da quale conto corrente (di chi) sono tratte le somme, da ciò potendosi concretizzare quindi tutte le eventuali ipotesi simili a quella trattata dalla Cassazione in oggetto.

Ma va precisato che il notaio non deve “spaventarsi” nel caso in cui si evidenzi che le somme appartengano ad un terzo soggetto diverso dall’acquirente per il possibile pericolo, oggi avanzato dalla sentenza di Cassazione del 2022, dell’esperibilità di una “azione di simulazione” tendente a poter poi esperire la azione di restituzione (con evidenti successive difficoltà di circolazione del bene) perché non è detto che detta azione possa essere esperita “de plano”, dovendosi prima provare l’animus donandi di colui che ha posto in essere l’intero paga mento anche -o solo- a beneficio dell’ acquirente, come recita la Cassazione 21 maggio 2020 num. 9379: “La donazione indiretta si identifica con ogni negozio che, pur non avendo la forma della donazione, sia mosso da un fine di liberalità e abbia l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario, sicché l’intenzione di donare emerge solo in via indiretta dal rigoroso esame di tutte le circostanze del singolo caso, nei limiti in cui siano tempestivamente e ritualmente dedotte e provate in giudizio” e altresì la Cassazione Civile, Sez. II, 28 febbraio 2018, n. 4682: ” L’atto di cointestazione, con firma e disponibilità disgiunte, di una somma di denaro depositata presso un istituto di credito che risulti essere appartenuta a uno solo dei contestatari, può essere qualificato come donazione indiretta solo quando sia verificata l’esistenza dell’ “animus donandi”, consistente nell’accertamento che il proprietario del denaro non aveva, nel momento della detta cointestazione, altro scopo che quello della liberalità.”

E’ quindi possibile che si configuri detto pagamento, effettuato dal terzo, sia solvendi causa che donandi causa e peraltro non si è tenuti in atto ad evidenziare la causa sottostante che sorregge il pagamento del terzo cosa che può essere evidenziata anche in un secondo tempo.

Peraltro ad adiuvandum l’operatività notarile al fine di tutelare la detta circolabilità, si può tranquillamente asserire che seppure il donante volesse evidenziare (per fini di equità successoria) il detto animus donandi, potrà successivamente all’acquisto rimettere il debito che configurerà una donazione del credito (e quindi del denaro) per la evidente diversità di oggetto con anche dissociazione temporale della volontà espressa rispetto all’acquisto, come anche evidenziato dalla sentenza 11 febb. 2022, quando asserisce che se la regalia si sostanzia nel denaro (poi) servito all’acquisto non si ha donazione del l’immobile.

Roberto Santarpia,  Notaio in Orzinuovi.

Società tra professionisti – a cura Notaio Vincenzo Spadola

Anche i soggetti che svolgono una professione intellettuale protetta possono costituire una società, cosiddetta “società tra professionisti” – “STP”, ad eccezione di quei professionisti che svolgono pubbliche funzioni (per esempio notai o avvocati).

La STP ha la sua disciplina nell’articolo 10 Legge 183/2011 e nel relativo regolamento di attuazione emanato dai Ministeri della Giustizia e dello Sviluppo Economico l’8 febbraio 2013 n. 34.

La STP può essere costituita da chi esercita una professione intellettuale protetta, iscritto a ordini, albi o collegi oppure possiede un titolo di studio conseguito in altro stato dell’Unione europea che abilita all’esercizio della professione, a condizione che il numero dei soci professionisti e la loro partecipazione al capitale siano tali da determinare la maggioranza di due terzi nelle decisioni dei soci. Prevale la tesi che le due condizioni non debbano considerarsi cumulativamente. Il venire meno di tale condizione comporta lo scioglimento della società.

I soci professionisti non possono partecipare contemporaneamente a più di una STP.

La cancellazione del professionista dall’ordine, albo o collegio comporta l’esclusione dalla società e, se essa è avvenuta per ragioni disciplinari, comporta altresì l’impossibilità di divenire socio investitore.

E’ espressamente consentita la società multidisciplinare per l’esercizio di più attività professionali anche se non strettamente connesse.

Nella STP possono esservi anche soci non professionisti, definiti soci investitori, precisamente persone fisiche o società che partecipano a scopo d’investimento o in quanto incaricati di svolgere prestazioni tecniche. Detti soci, se persone fisiche, devono avere i requisiti di onorabilità previsti per l’iscrizione allo specifico albo professionale della STP, non devono avere riportato condanne definitive alla reclusione per due o più anni per reati non colposi e non devono essere stati cancellati dall’albo per ragioni disciplinari. In caso di società i requisiti appena menzionati per le persone fisiche devono ricorrere in capo agli amministratori e rappresentanti. Anche il socio investitore non può partecipare contemporaneamente a più STP. Si tende a escludere che possano divenire soci investitori un’altra STP o un trust.

La STP non costituisce un tipo societario autonomo ma può assumere la forma di qualunque società di capitali e di persone (compresa la società semplice) e quella di cooperativa; non può costituirsi in società a responsabilità limitata semplificata poiché, come vedremo, lo statuto deve contenere delle specifiche espresse previsioni che non si conciliano con il testo standard e immodificabile dell’atto costitutivo delle società semplificate; né – si ritiene – può consistere in una startup innovativa. Può costituirsi anche con unico socio professionista iscritto all’albo.

Nella prassi sembrano prevalere le società a responsabilità limitata e le società in accomandita semplice, soprattutto per la limitazione della responsabilità del socio ove si acceda alla tesi secondo cui la società è responsabile per le prestazioni professionali erogate dalla società seppure eseguite dal singolo professionista. Nel caso di società multiprofessionale non è necessaria l’enunciazione nella denominazione delle singole attività professionali svolte ma nulla vieta l’indicazione “STP multiprofessionale”.

L’atto costitutivo deve prevedere:

  1. a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professionale;
  2. b) l’ammissione in qualità di soci dei soli professionisti ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento, con il limite sopra visto in ordine alla maggioranza di due terzi nelle deliberazioni o decisioni dei soci;
  3. c) i criteri e le modalità riguardanti l’esecuzione dell’incarico professionale;
  4. d) la stipula di polizza di assicurazione per la copertura dei rischi derivanti dalla responsabilità civile per i danni causati ai clienti;
  5. e) le modalità di esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dal rispettivo albo con provvedimento definitivo.

Nelle STP il conferimento dei soci professionisti è per definizione la propria opera professionale; ciò non toglie che si possa conferire denaro o altri beni che risultino funzionali al perseguimento degli interessi sociali. In questo caso, il professionista che non abbia assunto l’obbligo dell’opera professionale è libero di prestare o meno tale opera nei confronti della società, che sarà tenuta a negoziare con lui l’assunzione di ogni incarico professionale. Nel caso il professionista assuma l’obbligo di prestare la propria opera egli diviene socio d’opera (ammissibile nelle società di persone e nelle s.r.l.; nelle spa la prestazione dell’opera professionale può formare oggetto o di prestazione accessoria o di apporto eseguito a fronte dell’emissione di strumenti finanziari).

Si ammette il conferimento dello studio professionale, comprensivo dell’avviamento e della clientela.

La STP deve essere iscritta in una sezione speciale dell’albo o registro tenuto presso l’ordine o collegio a cui appartengono i soci professionisti o di quello dell’attività indicata come prevalente nello statuto o nell’atto costitutivo nel caso di società multidisciplinare.

Nel caso di società multidisciplinare, qualora non sia stata individuata l’attività prevalente, la società deve essere iscritta in tutti gli albi o registri ai quali appartengono i soci professionisti.

L’iscrizione è condizione per l’esercizio dell’attività, a tal fine il competente ordine professionale rilascia una certificazione a seguito del procedimento di verifica dei presupposti.

L’organo amministrativo può essere liberamente formato, pertanto potrebbe essere composto interamente da non professionisti o da società, salvo che lo statuto non preveda diversamente.

In assemblea o nelle decisioni dei soci il numero dei soci professionisti e la partecipazione al capitale deve essere tale da determinare la maggioranza di due terzi. Tale previsione va coordinata con le regole proprie del tipo societario adottato, ove possono rinvenirsi regole particolari con riguardo a diverse categorie di azioni oppure a partecipazioni cui siano collegati particolari diritti. Per esempio, nella srl potrebbe non essere indispensabile che vi siano partecipazioni societarie in capo ai professionisti per i due terzi del capitale sociale se ai soci professionisti, in ipotesi in numero e con partecipazioni inferiori a tale limite, siano riconosciuti particolari diritti nell’esercizio di voto che garantiscano la maggioranza di almeno i due terzi.

Con riguardo al conferimento dell’incarico e all’esecuzione della prestazione, la STP fin dal primo contatto deve informare il cliente circa la possibilità che l’incarico sia eseguito da ciascun socio professionista e il suo diritto di chiedere che l’esecuzione dell’incarico sia affidata a uno o più professionisti da lui scelti e circa l’esistenza di eventuali conflitti di interesse tra cliente e società. La società deve consegnare al cliente l’elenco dei soci professionisti con l’indicazione dei titoli e delle qualifiche professionali, unitamente all’elenco dei soci investitori.

L’incarico può essere svolto solo dal socio professionista iscritto all’ordine albo o collegio, il quale durante l’esecuzione può avvalersi della collaborazione di ausiliari e può farsi sostituire ma solo in relazione a particolari attività; in tal caso la società deve comunicare al cliente i nominativi degli ausiliari sostituti osservando le regole previste per la comunicazione del socio professionista; il cliente, entro tre giorni, può esprimere il proprio dissenso.

Secondo la tesi prevalente, la società risponde nei confronti del cliente dei danni arrecati dal professionista nell’esercizio dell’incarico.

I soci professionisti sono responsabili per le violazioni del codice deontologico del proprio ordine; la società risponde per le violazioni del codice deontologico dell’ordine o collegio cui risulti iscritta o, in caso di società multidisciplinare, dei diversi rispettivi ordini o collegi.

La società si scioglie nei casi stabiliti dalla legge per il tipo di società adottato, nei casi previsti dall’atto costitutivo e si scioglie anche se viene superato il limite alla partecipazione dei soci non professionisti salvo che l’STP entro il termine perentorio di sei mesi ristabilisca la prevalenza dei soci professionisti.

La società non è soggetta a fallimento e sembrerebbe nemmeno a concordato preventivo; si ritiene possa accedere alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento.

Vincenzo Spadola,  Notaio in Parma.

Il Budget dello studio notarile – a cura Dott. Michele D’Agnolo

Dal punto di vista organizzativo è sempre più evidente la necessità di una gestione non passiva ma proattiva dello studio notarile, ossia di una gestione capace di anticipare per quanto possibile gli avvenimenti, governarli e non subirli.

Soprattutto la progressiva riduzione delle marginalità sugli atti e la sempre maggiore incostanza dei flussi di lavoro rendono indispensabile monitorare e, per quanto possibile, prevedere l’andamento economico e finanziario dello studio.

A tal fine, è quanto mai opportuno che alla fase del monitoraggio ex post delle performance di studio effettuata attraverso bilanci infrannuali, venga anteposta una fase di programmazione di budget in modo tale da assicurare che le informazioni del reporting non costituiscano misurazioni isolate ma rendano conto di scostamenti, positivi o negativi, rispetto a obiettivi predefiniti o a informazioni previsionali.

Fissare degli obiettivi economici e di performance ex ante consente al Notaio di verificare il loro raggiungimento e di correggere facilmente e tempestivamente il tiro allorquando si verifichino degli scostamenti. In altre parole il confronto tra quanto pianificato e quanto realizzato sarà in grado di supportare il processo di feed back, volto alla individuazione di eventuali azioni correttive. Le azioni correttive potranno così essere pianificate e realizzate riportando i numeri dello studio in linea con gli obiettivi prefissati.

Lo strumento che consente di soddisfare tutte le precedenti esigenze è il Budget d’esercizio, costituito dai suoi documenti di sintesi:

  • conto economico
  • stato patrimoniale
  • rendiconto finanziario.

Normalmente negli studi notarili è sufficiente concentrarsi sul conto economico, tenendo presenti gli adattamenti dovuti alla pressoché universale adozione del criterio di cassa anziché di quello di competenza nella gestione della contabilità.

Il Notaio andrà a definire a inizio anno una serie di obiettivi economici-finanziari per l’anno successivo, in coerenza con gli obbiettivi di pianificazione strategica. Ad esempio lo studio si potrebbe prefiggere di raggiungere un certo numero di atti e/o un certo fatturato in una determinata area strategica di attività. In pratica un obiettivo per il 2022 potrebbe essere la realizzazione di 300 atti immobiliari con un fatturato/incasso di 400.000 euro. Se correttamente strutturato e applicato, il budget consente di tracciare in anticipo sentieri di comportamento organizzativo nel corso della gestione del futuro esercizio.

Il processo di elaborazione del budget parte dalla stima dei ricavi, si sofferma sulla quantificazione dei costi e si deve concludere con la redazione dei principali documenti di sintesi. Durante l’anno, a scadenze predeterminate, si procederà quindi con il calcolo degli scostamenti, determinati dal confronto tra i dati programmati (obiettivi) accolti nel budget di esercizio ed i risultati di bilancio via via raggiunti.

Tradizionalmente, la definizione dei costi o degli esborsi previsti risulta più attendibile rispetto a quella dei ricavi o incassi. Questo perché lo studio notarile ha una struttura caratterizzata dalla rilevante presenza di costi fissi quali il costo del personale e dei collaboratori, la locazione dell’ufficio, le utenze, i leasing delle attrezzature e le licenze software.

La stima dei ricavi potrà tenere conto anche dei risultati attesi dalle azioni di comunicazione esterna che lo studio intende svolgere, nel rispetto delle prescrizioni deontologiche.

Dal punto di vista della strumentazione tecnico-contabile, il modello da seguire sarà quello che consente un confronto tra preventivo e consuntivo. Preferibilmente si utilizza il conto economico per Aree strategiche di attività.

Come si è detto, la stesura di un budget di studio comporta notevoli vantaggi nella gestione economica e finanziaria dello studio notarile, in quanto consente il governo anticipato delle variabili critiche e permette che ogni singola decisione sulle variabili di governo, sia coordinata e ottimizzata con riferimento al risultato globale. Motiva le persone, perché le risorse non essendo più chiamate a un miglioramento generico, ma al raggiungimento di uno specifico obiettivo, risultano maggiormente coinvolte e più soddisfatte nel caso di conseguimento dell’obiettivo stesso. In condizioni di forti instabilità e turbolenza ambientali, le previsioni del budget possono risultare meno attendibili e richiedere di conseguenza aggiornamenti anche durante l’esercizio per tener conto delle mutate situazioni economiche.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network