Apostille elettronica – a cura Notaio Ugo Bechini

Il tema cela un fatto personale. Nel maggio 2005 si tenne negli USA il primo Forum sull’Apostille elettronica e fui aggregato ad una prestigiosissima delegazione del notariato italiano, con Giancarlo Laurini (allora presidente UINL), Mario Miccoli e Michele Nastri. Emerse allora una frattura destinata ad allargarsi negli anni seguenti, con ripetuti confronti tra Christophe Bernasconi, Segretario Generale dell’HCCH (la Conferenza dell’Aja di Diritto Internazionale Privato, responsabile del sistema Apostille) e chi scrive.

In Italia, Paese in questo campo decisamente all’avanguardia a livello mondiale, le riflessioni in tema erano già mature, e si puntava ad un sistema basato sulla firma digitale. Il documento da apostillare, si progettava, sarebbe stato scansionato (se non già digitale) e dotato di Apostille; il tutto sarebbe stato firmato digitalmente dall’Autorità emittente l’Apostille. La verifica della firma digitale su un sito centralizzato ad hoc creato presso HCCH avrebbe garantito la provenienza del plico da un’Autorità abilitata. Affare di pochi secondi e ad elevatissima sicurezza, come accade oggi per la verifica su bartolus.notariato.it di una copia autentica elettronica emessa da un collega francese. Il documento avrebbe per di più viaggiato via posta elettronica dal Paese di emissione a quello di utilizzo, con ovvie economie di tempo e denaro.

Non si approdò a nulla. Di fronte alla difficoltà di dotare di firma digitale amministrazioni pubbliche di ogni parte del mondo e che (era il primo decennio del secolo) nella quasi totalità non la conoscevano, HCCH raccomandò che ogni Paese scegliesse la tecnologia localmente ritenuta più adatta; sarebbe stata sempre più affidabile, argomentava Bernasconi, di un’Apostille cartacea che con un minimo di abilità manuale si può facilmente staccare da un documento ed appiccicare su un altro. Il meglio è nemico del bene fu insomma la filosofia vincente (non priva peraltro di un suo fondamento, ci mancherebbe).

Alcune Autorità oggi emettono comunque Apostille con firma digitale. Il problema in sede di verifica è che, mancando un sistema centralizzato, l’Ente Certificatore non è necessariamente noto al verificante, per il quale è quindi difficile maturare certezze. Un parallelo nostrano. Circolano normalmente documenti emessi da Amministrazioni Comunali con firma digitale basata su certificati del noto provider italiano Aruba. In casi del genere, ricordiamo, è Aruba, ed Aruba soltanto, a garantire che il documento X viene dal Comune Y. Per un destinatario UE non è un problema, visto che Aruba è ovviamente nella lista dei Trusted Providers dell’Unione (https://webgate.ec.europa.eu/tl-browser/#/tl/IT), ma un destinatario extra UE alle prese con un’ipotetica Apostille elettronica italiana basata su un certificato Aruba non resterebbe forse altrettanto convinto. Potrebbe anzi essere indotto a chiedersi seriamente che c’entri il minuscolo Stato caraibico.

Altre Autorità hanno invece adottato altre forme, le più svariate, di Apostille semplificata, o comunque diversa dall’archetipo del 1961; talora (ma non sempre) vi è la semplice riproduzione di una firma. Su appositi siti è però accessibile il registro delle Apostille così emesse; l’elenco è attualmente qui: https://assets.hcch.net/docs/b697a1f1-13be-47a0-ab7e-96fcb750ed29.pdf. Digitando i dati dell’Apostille otteniamo online la conferma della genuinità dell’Apostille e, secondo i casi, elementi addizionali, come data del documento e nome del notaio. Talvolta l’Autorità pone addirittura a disposizione sul sito una scansione integrale del documento come presentato all’Apostille, il che aggiunge sicurezza.

E veniamo al punto: che deve fare il notaio italiano? Sotto il profilo formale, essendo ormai diritto internazionale vivente quella che chiamerei Dottrina Bernasconi, nulla dovrà temere in sede disciplinare il notaio che utilizzi un documento apostillato secondo la procedura in uso nel paese di provenienza (accertata tramite HCCH), per quanto distante possa apparire dalle modalità che più ci sono familiari: locus regit actum. Ovvia precauzione conservare traccia delle ispezioni effettuate.

Sul piano sostanziale, se siamo perplessi sulla genuinità di un documento, non ci resta che promuovere una verifica sul posto. Se il Paese di provenienza aderisce all’UINL, i notariati locali si rendono generalmente disponibili (via CNN) a confortare il collega italiano, qualora vi siano motivate ragioni di dubbio. Negli altri casi possiamo contattare l’Autorità emittente per ragguagli: molti dettagli, compresi quasi sempre i numeri di telefono, si trovano alla pagina https://www.hcch.net/en/instruments/conventions/authorities1/?cid=41. L’Autorità è tenuta a rispondere, ai sensi dell’Articolo 7 della Convenzione dell’Aja del 1961.

Ugo Bechini, Notaio in Genova

 

Il beneficiario di amministrazione di sostegno può donare? – a cura Notaio Elena Barbi

La Corte Costituzionale con sentenza n. 114 del 10 maggio 2019, nel presupposto che l’art. 774 c.c. primo comma, non si applica direttamente all’amministrato, ha affermato che “il beneficiario di amministrazione di sostegno conserva la sua capacità di donare, salvo che il giudice tutelare, anche d’ufficio, ritenga di limitarla – nel provvedimento di apertura dell’amministrazione di sostegno o in occasione di una sua successiva revisione – tramite l’estensione, con esplicita clausola ai sensi dell’art. 411, quarto comma, primo periodo, cod. civ., del divieto previsto per l’interdetto e l’inabilitato dall’art. 774, primo comma, primo periodo cod.civ.”.

Da quanto sopra emerge che la particolarità dell’istituto dell’amministrazione di sostegno dovrebbe indurre i Giudici Tutelari a predisporre decreti di apertura della procedura ritagliati sulle esigenze del singolo beneficiario ed in considerazione dell’effettiva capacità dello stesso. Viene quindi evidenziata la rilevanza del decreto di nomina, intorno al quale ruota poi l’intera procedura.

L’istituto nasce con l’intento di determinare e disciplinare uno status di incapacità delle persone diverso dall’interdizione e dall’inabilitazione, ma nella pratica lo vediamo utilizzato senza distinzione e nella stragrande maggioranza dei casi con decreti di apertura della procedura standardizzati.

Cosa deve quindi fare il notaio in presenza di un beneficiario che intende porre in essere una donazione, in presenza di un provvedimento di apertura della procedura che nulla dice in proposito o che fa generico rinvio agli art. 374 e 375 del cod.civ.?

Stando alla suddetta sentenza della Corte Costituzionale, che richiama anche quanto affermato in precedenza dalla Corte di Cassazione, l’amministrato può effettuare una donazione in quanto il provvedimento di nomina dell’amministratore “non determina uno status di incapacità della persona cui debbano riconnettersi automaticamente i divieti e le incapacità che il codice fa discendere come conseguenza della condizione di interdetto e di inabilitato.”

Si può quindi ritenere che, in assenza di decreto che comporti limitazioni in ordine ad atti dispositivi, il beneficiario conservi una legittimazione esclusiva per gli atti di donazione.

Nel caso di provvedimento con generico riferimento agli art. 374 e 375 del cod.civ. ci potremmo trovare nell’ipotesi di richiedere l’autorizzazione per porre in essere un atto di vendita, mentre la donazione potrebbe essere effettuata liberamente.

Sarà pertanto necessario che il notaio valuti l’effettiva capacità cognitiva del beneficiario di amministrazione di sostegno che intende porre in essere una donazione. La limitazione al compimento degli atti di straordinaria amministrazione potrebbe essere indice di una limitazione cognitiva del beneficiario. Da qui la necessità di richiedere un’integrazione o una precisazione delle decisioni assunte in sede di apertura della procedura, mentre una richiesta specifica di autorizzazione al compimento del singolo atto di donazione non sarebbe necessario, stante quanto sopra detto.

E’ preferibile che il Giudice Tutelare valuti la capacità di donare dell’amministrato nel suo complesso, ammettendo che lo stesso possa in astratto compiere donazioni, piuttosto che fargli effettuare una singola valutazione, obbligandolo a sondare le reali motivazioni che inducono l’amministrato a voler compiere l’atto, motivazioni che sono strettamente personali e non facilmente percepibili da un soggetto terzo.

Barbi Elena, Notaio in Sesto San Giovanni

I cicli tecnico, economico e finanziario dello studio notarile – a cura Dott. Michele D’Agnolo

Dal punto di vista meramente economico, l’attività di uno studio notarile consiste essenzialmente nella predisposizione di atti e nella esecuzione di adempimenti, che vengono poi pagati dal cliente, il quale è generalmente una delle parti degli atti stipulati.

Le attività principali appena descritte si ripetono senza soluzione di continuità per ogni atto rogato dal Notaio. La gestione è quindi caratterizzata da una continua successione di processi o cicli produttivi che si intrecciano e si avvicendano.

Tali cicli possono avere una durata più o meno ampia e possono essere considerati sotto almeno tre aspetti diversi, quello tecnico, quello economico e quello monetario.

Il ciclo tecnico dell’atto notarile va dal momento in cui il cliente si appalesa per il primo colloquio o telefonata e finisce quando il fascicolo dell’atto stipulato, esaurite tutte le formalità, va finalmente in archivio. In altre parole il ciclo tecnico riguarda i processi di produzione diretta e indiretta. La durata media del processo produttivo è misurata dal ciclo tecnico tipico dello studio. Il ciclo tecnico inizia con la combinazione dei fattori produttivi necessari per porre in essere la trasformazione economica e termina con l’ottenimento della prestazione destinata al cliente, che non potrebbe certo dirsi compiuta al momento della stipula in quanto mancherebbero ad esempio le formalità, la corretta messa a raccolta dell’originale, e l’archiviazione di eventuali copie e del fascicolo.

Gli studi notarili oggi compiono ogni sforzo organizzativo per accorciare il ciclo tecnico in modo da soddisfare il più rapidamente possibile i clienti e in modo da minimizzare, per quanto ovviamente la funzione pubblica e gli elevati standard qualitativi lo consentano, il tempo profuso su ciascuna pratica. Detta in termini economici, si minimizzano cioè contemporaneamente il tempo di attraversamento del processo, ad esempio di una settimana, e il tempo dedicato alla produzione, ad esempio otto ore complessive.

Il ciclo economico invece inizia con l’acquisto dei fattori produttivi necessari alla attività (acquisto di sistemi informatici, energia, forza lavoro, ecc.) e riguarda appunto il sostenimento di costi per acquisire tali fattori e termina con il conseguimento dei ricavi derivanti dalla vendita dei beni o delle prestazione di servizi. Il ciclo economico può essere inteso come l’intervallo di tempo che intercorre tra il sostenimento dei costi e il conseguimento dei ricavi.

I costi dello studio cominciano a maturare il giorno in cui il cliente mette piede per la prima volta nello studio e i dipendenti si prendono cura di lui. I ricavi invece maturano di solito soltanto dopo la stipula, generando in questo modo una momentanea perdita. A rigore, in realtà, posto che le prestazioni dello studio continuano anche dopo la stipula i relativi ricavi maturerebbero soltanto alla conclusione del ciclo tecnico, ma convenzionalmente si emette fattura all’atto o subito dopo la stipula.

Volendo anticipare i ricavi, va ricordato che solo raramente gli studi notarili chiedono acconti e spesso solo con riguardo alle imposte e alle altre spese sostenute in nome e per conto dei clienti, che non costituiscono per lo studio notarile dei veri e propri costi ma delle mere partite di giro di credito e debito.

Come abbiamo già avuto modo di vedere in un precedente intervento, è essenziale che i costi dello studio non superino i ricavi ed anzi che rimanga una marginalità, un utile atto a remunerare il lavoro del Notaio assicurandone l’indipendenza, ma anche a coprire i notevoli rischi posti dall’attività professionale e i continui investimenti tecnologici e di struttura necessari per assolvere alla pubblica funzione e per rimanere competitivi.

Da ultimo, si distingue e si studia anche il Ciclo monetario, che riguarda i soli movimenti in entrata e in uscita dei fondi disponibili in cassa e nei conti correnti bancari e postali: inizia nel momento in cui pago il canone di locazione, il canone software, gli stipendi dei dipendenti, e gli altri fattori necessari all’attività e finisce nel momento in cui incasso i proventi della stipula. A volte i fattori produttivi devono essere pagati anticipatamente. Il ciclo monetario o ciclo di cassa o ciclo di ritorno del capitale consente di conoscere l’intervallo di tempo che intercorre tra le uscite di denaro per il pagamento degli acquisti e le entrate di denaro derivanti dall’incasso delle vendite (cash flow). Anche in questo caso lo studio notarile ha tutto l’interesse a minimizzare la durata del ciclo monetario in quanto l’esposizione finanziaria momentanea necessaria a coprire i costi e le anticipazioni fino al pagamento della parcella deve essere coperta con capitali del Notaio o messi a disposizione dagli istituti bancari, con conseguente addebito degli interessi e delle spese.

Qualche studioso affianca alla tripartizione dei cicli dello studio che abbiamo appena esaminato anche un quarto ciclo denominato finanziario, che studia il momento in cui sorgono le obbligazioni derivanti dalle transazioni economiche, anche se non hanno ancora avuto manifestazione monetaria. Questo ciclo si pone concettualmente tra quello economico e quello monetario. Dunque l’emissione della parcella genera un credito a vantaggio dello studio mentre l’esistenza di un contratto di locazione e quindi di un costo di locazione genera un debito dello studio conduttore nei confronti del locatore per la mensilità maturata appar contratto. Eventuali soldi messi a disposizione della banca costituiscono un’entrata monetaria ma un debito finanziario nei confronti dell’istituto di credito.  

Come si è potuto evincere dalla breve trattazione, una accurata e precisa analisi dello stato di salute economica dello studio notarile in funzionamento passa obbligatoriamente attraverso l’analisi dei vari cicli e delle relazioni che intercorrono tra di questi.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network

L’utilizzo del kanban per la pianificazione del lavoro dello studio notarile – a cura Dott. Michele D’Agnolo

Generalmente, i clienti degli studi notarili desiderano stipulare i loro atti il prima possibile.  In alcuni casi una o più parti hanno addirittura delle scadenze cogenti che non possono essere superate, come la fine dell’anno o termini mobili legati a precedenti impegni o accordi.

Gli assistenti notarili devono dividersi tra front e back office spesso senza soluzione di continuità e quindi non di rado faticano a trovare la concentrazione per elaborare le bozze. Spesso sono chiamati a rincorrere la clientela alla ricerca di documenti indispensabili per la stipula o a spiegare e convincere.

Il Notaio è per definizione la risorsa più rara dello studio notarile e quindi il suo tempo prezioso dovrebbe essere impiegato nel modo più proficuo possibile tenendo conto del suo bioritmo e della necessità di fare spazio e alternare correttamente le stipule, i colloqui, i controlli sulle minute degli atti, l’aggiornamento, le pubbliche relazioni e il management degli assistenti notarili.

Gli adempimenti successivi alla stipula devono invece essere realizzati molto velocemente, quasi immediatamente, per realizzare compiutamente la volontà delle parti ed evitare al Notaio di incorrere in responsabilità professionale.

Gli atti da elaborare possono comportare diversi gradi di difficoltà, non sempre prevedibili a priori. L’onerosità sopravvenuta può derivare da difficoltà o difformità derivanti dall’ispezione ipocatastale, o ancora da proposte di pattuizioni illegittime, o dal comportamento poco collaborativo delle parti.

Tuttavia con un po’ di pratica si può generalmente stanziare con buona approssimazione un adeguato budget medio di tempo per la predisposizione di ciascuna categoria di atti più ricorrenti, per la loro stipula e per l’esecuzione delle rispettive formalità.

Nella complessità che abbiamo appena ricordato, si rende quindi necessario pianificare il lavoro in modo da coordinare il lavoro del Notaio con quello degli assistenti notarili e spesso anche con quello di professionisti esterni che coadiuvano le parti o il Notaio.

Si tratta di una pianificazione che deve essere costantemente aggiornata in quanto avviene in un ambiente fortemente dinamico ed imprevedibile. Molti studi rinunciano tout court alla pianificazione perché la applicano in modo statico e non comprendono che il salto logico fondamentale è rappresentato dalla velocità di aggiornamento dei piani.

Un semplice strumento che può rendersi utile per la pianificazione del lavoro nello studio notarile è rappresentato dal kanban, che offre una rappresentazione grafica del flusso di lavoro.

Kanban è un termine giapponese che letteralmente significa “insegna”, indica un elemento del sistema Just in time di reintegrazione delle scorte a mano a mano che vengono consumate, nel sistema Toyota. I sistemi Lean di gestione aziendale sono da tempo mutuati dalle realtà aziendali ed applicate anche alle pubbliche amministrazioni e agli studi professionali.

Il kanban, indica lo stato di avanzamento degli incarichi assegnati allo studio dai clienti e ne assicura un flusso ordinato e veloce all’interno dello studio notarile, eliminando gli sprechi che possono derivare, ad esempio, dal riprendere in mano decine di volte lo stesso fascicolo o dall’interrompere continuamente gli addetti, o dal servire il cliente che protesta maggiormente.

Alcuni atti saranno infatti allo stadio di colloquio, mentre per altri sarà stato già compiutamente acquisito l’incarico. Per qualche altro atto saranno magari in corso le visure o lo studio di dottrina e giurisprudenza propedeutico alla stesura, mentre altri saranno in fase di collazione o le minute in visione al Notaio. Altri atti ancora saranno pronti per la stipula oppure già stipulati e pronti per la copia e gli adempimenti e così via fino alla fatturazione e all’archiviazione.

Il kanban si può realizzare in molti modi. Quello tradizionale, che ho visto realizzato in uno studio della provincia di Bolzano, si ottiene spostando le intere cartelle degli atti all’interno di una apposita scaffalatura. Oggi il kanban si può realizzare anche mediante una rappresentazione con dei semplici post-it su una lavagna divisa in colonne, oppure ancora si può rappresentare a livello elettronico utilizzando sistemi di produttività come Trello e similari. Da ultimo il kanban può essere realizzato con strumenti di business intelligence che estraggono informazioni dal gestionale dello studio e le mescolano con input manuale degli addetti ad esempio in un foglio excel.

Quando si sarà conclusa una fase di lavorazione di un atto l’addetto di riferimento aggiornerà il kanban spostando la pratica, il post-it o aggiornando la rappresentazione elettronica.

Il kanban andrà utilmente posizionato in un punto dello studio visibile a tutti i collaboratori e di regola non visibile ai clienti. Quello elettronico naturalmente può essere tenuto sempre attivo in una finestra dei pc degli assistenti dello studio.

In tutti i casi, la posizione delle cartelle o meglio ancora la loro rappresentazione grafica consente di vedere a colpo d’occhio se c’è qualche parte dello studio più scarica di altre o più ingolfata di cose da fare e si possono così ristabilire, d’intesa con il Notaio, le priorità o riorientare le risorse per far fronte ai picchi di lavoro.

Michele D’Agnolo, Executive Consultant – Intuitus Network